Progetto INFORMAFRICA


Ridurre il "digital divide" portando la nostra CONOSCENZA
in modo ETICO e RESPONSABILE, ma non i nostri "modelli di vita"

venerdì 5 novembre 2010

Buon compleanno...


Martedì mattina, giorno dei Defunti, siamo partiti alle 7,20 per andare a Rumbek. Penso con piacere che potrò man­dare un SMS a mia moglie per sapere come sta, visto che non ho da giorni sue notizie…

Come al solito, alla partenza si presenta qualcuno di troppo per chiedere un passaggio: accettiamo di portare tre persone ad Agany, il primo paese che si incontra; al ritorno non potremo farlo perché saremo pieni stracarichi.
Viaggiamo in silenzio fino ad Atiaba… la strada è pessima… ci mettiamo oltre un’ora e mezza per fare trenta chilometri… e ne mancano altri cinquanta…
Arriviamo al ponte sul fiume: è ormai quasi crollato a causa del passaggio dei carri armati e dei grandi containers! Se crolla si interrompono le comunicazioni tra Juba e Rumbek, e noi rimaniamo praticamente fuori dal mondo… per quanto non ci siamo già!
La strada prosegue in condizioni pessime fino a un paio di chilometri da Rumbek, dove arriviamo che sono passate abbondantemente le dieci: ottanta chilometri in circa tre ore…

La mattina scorre veloce. Abbiamo da fare parecchi giri e diversi acquisti; per fortuna la cittadina è piccola… ma come è vivace! Qui ci sono camion, fuoristrada di tutte le organizzazioni possibili, qualche rarissima auto, i motorini a tre ruote per il trasporto di persone e bagagli e tante motociclette cinesi di piccola cilindrata… ma ogni tanto si vedono passare anche i pastori con vesti coloratissime corte, la lancia in mano, i capelli tinti biondi con l’urina delle vacche.
Verso le due del pomeriggio padre Daniele ci porta a mangiare al “ristorante”, restiamo in veranda, dove c’è la polvere della strada, ma solo quella… Le cuoche ci propongono piatti locali: gli ugandesi prendono la polenta di miglio con la carne in umido, padre Daniele ed io preferiamo i “chapati”, volgarissime crepes, con dentro due uova al padellino: ottimi! Da bere solo acqua minerale “Nilo” o coca-cola o gassosa… a meno di non bere l’acqua che servono da una brocca in un bicchiere che viene sciacquato al momento e passato da uno all’altro a turno… vada per la gassosa, meglio del tifo e dell’Aids…

Ultima tappa, prima del ritorno, alla radio diocesana, Radio Good News, diretta da un prete diocesano che si chiama Donbosco, per farci fare la pubblicità per la Maratona del giorno 9 novembre. Sapremo dopo la Maratona che è riuscito a far passare la notizia anche alla BBC!

Il ritorno inizia alle quattro e mezza, in ritardo per arrivare con la luce e per la messa dalle suore. La strada sembra peggiore di quella stessa fatta all’andata: siamo anche carichi e ben pesanti. Al ponte sul fiume c’è da aver paura… si passa… anche questa è fatta!
Si arriva al tramonto, dopo un paio d’ore, ad Atiaba, dove veniamo fermati da un catechista che ci chiede di portare la sorella e due amiche al paese vicino. Se prima eravamo carichi…
Tutto bene, salvo l’acqua ed uno strano rumore che salta fuori dopo qualche pozzanghera; fortunatamente si arriva dopo tre ore e mezza, per i soliti ottanta chilometri…
Dopo cena padre Daniele dice la Messa per i Defunti. Siamo soli ed è bello pregare per i nostri defunti così. Ed anche per i quarant’anni di mia figlia!


La mattina del giorno dopo, il 3, riprendo il lavoro normale, ma mi rimane il pensiero della città: a Mapuordit circolano una quindicina di fuoristrada, un paio di camion, una cinquantina di motociclette, ma forse meno, e per il resto un paio di centinaia di biciclette e tanti pedoni… non ci sono inquinamento, incidenti, rumore… non si deve dire ai bimbi “attenti ad attraversare la strada!”… meglio, bisogna dirgli “attenti a guardare per terra”, visto che circolano liberamente intere mandrie di vacche che non si curano di ciò che lasciano per strada… e i bimbi, e non solo loro, circolano a piedi nudi, e molto spesso nudi… e basta!

La settimana finisce con un altro bimbo che se ne va per malattie non diagnosticate in tempo: purtroppo molte famiglie vanno prima dai guaritori animisti e quando decidono che l’ospedale può fare di più è ormai troppo tardi…
Mi dicono che nel nostro ospedale, su cui gravitano circa diecimila abitanti della zona, muoiono in media cinque bimbi al mese… questo mese siamo sotto media, per fortuna!

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