Progetto INFORMAFRICA


Ridurre il "digital divide" portando la nostra CONOSCENZA
in modo ETICO e RESPONSABILE, ma non i nostri "modelli di vita"

giovedì 8 novembre 2018

9 – Che bello costruire un orfanotrofio!





Ormai si avvicina il tempo del rientro, dei nuovi incontri per raccogliere qualche soldino per i nuovi progetti, per stare con i nipotini qualche giorno durante le feste di Natale, per rivedere amici, parenti e conoscenti e raccontare qualcosa di quello che ho fatto in questi tre mesi…

Il grosso del lavoro è stato fatto, con un po’ di fatica, molti spostamenti, sem­pre più o meno facili, sempre più meno comodi, ma ripagati dagli incontri con questa gente, semplice, umana, desiderosa di migliorare e migliorarsi, sicura­mente non desiderosa, come leggevo in qualche post su Facebook proprio ieri, di cambiare la nostra fisionomia, in qualsiasi senso vogliate prendere questa parola.
Certo che quando sento parlare di “integrazione” come “inglobamento” penso che, come minimo, abbiamo perso il senso delle parole che pronunciamo… for­se se alcuni, forse molti, prima di confermare le loro frasi, leggessero a voce alta ciò che hanno scritto, capirebbero la violenza dei termini, la stupidità dei pensieri e forse tornerebbero “umani”…

La settimana scorsa ho fatto una breve puntata in Rwanda, per andare ad ac­cogliere al suo rientro dagli USA, l’amico padre Jean Bosco, comboniano di Ru­shere. La strada che ho fatto per raggiungerlo, in autobus ovviamente, è bellis­sima, e costeggia prima il confine tra Uganda e Tanzania, e poi quello tra quest’ultima e il Rwanda. Siamo immersi in un grandissimo Parco Nazionale, che è tale nelle tre nazioni. Aria fantastica, siamo a circa 1200 msm, verde in­finito, di tutte le tonalità, grazie alla stagione delle piogge, strade ben costruite (in parte ancora in ultimazione), segnaletica turistica avanzata. Sembra quasi di essere verso la Svizzera o l’Austria. Il Rwanda si contraddistingue in questo, in modo assoluto dal Congo, il più ricco e povero dei vicini, ma anche dall’U-ganda, che si sta muovendo solo ora verso la modernizzazione della rete stra­dale e delle infrastrutture, della distribuzione dell’energia elettrica e dell’acqua… Come già detto varie volte, la rete telefonica è solo via etere, con ripetitori e cellulari: le linee via cavo sarebbero state troppo costose ed il rame a portata di furto…

Il villaggio di padre Jean Bosco è stato distrutto ed i suoi abitanti uccisi durante la guerra tra Utu e Tutsi: Jean Bosco è uno dei pochi superstiti della sua fami­glia. Entrando nei Comboniani ha venduto una parte dei terreni che i suoi ave­vano, e su di essi è stato costruito un ospedale oftalmico, uno dei pochi punti specialistici per la vista, completo di case per i dottori ed il personale.
Nel suo terreno ha invece costruito una grande casa per gli orfani della guerra, che ha poi mantenuto agli studi ed ora lo stanno ripagando con le lauree prese in giro per il mondo e tanto affetto!

Dal villaggio, meglio sarebbe dire dalla cittadina di padre Jean Bosco, siamo ri­partiti il sabato mattina alle 4 per andare direttamente a Rushere, dove alle 11 ci sarebbe stata una riunione dei genitori della scuola secondaria per ragazze.

Mi fa piacere ripetere che questa scuola (liceo) è riservata alle ragazze di fami­glie disagiate e con il rischio del matrimonio per interesse intorno ai tredici anni. Padre Jean Bosco, con i comboniani, hanno messo in piedi la scuola, l’hanno avviata ed ora, dopo averla offerta alla diocesi, hanno deciso di darla ai genitori delle ragazze, con il grande impegno di lasciarle studiare fino al diplo­ma (18-20 anni), in modo che poi possano fare le loro scelte liberamente.
Le allieve sono aumentate durante l’anno ed hanno superato il centinaio, segno evidente della maturazione di genitori e ragazze!
Al ritorno da Rushere, una breve sosta a Mbarara per riassumere le idee del progetto dell’orfanotrofio. Un bel progetto, seguito anche dalla chiesa penteco­stale, che gestisce la scuola materna e primaria e sta progettando un suo rifa­cimento (come fatto da noi a Bukunda in questo anno!).
Da parte mia ho chiarito che cercherò di trovare una soluzione valida ed effi­ciente per la costruzione dell’orfanotrofio e che, anzi, la comunità pastorale pentecostale dovrebbe cercare di collaborare anche a questo progetto.
La cosa simpatica di questo progetto è che chi sta lavorando con gli orfani sono giovani, per lo più coristi della chiesa. Vorrebbero, al fine di raccogliere meglio i fondi, fare una tournée in Italia nella prossima estate… Vedremo se, tra tanti amici, anche musicisti, non riusciremo a trovare anche una cooperazione in questo senso!

La prossima settimana, quella prima dell’11 novembre, tornerò ancora a Gulu, per incontrare ancora una volta gli amici comboniani, che si ritroveranno nu­merosi per i loro esercizi spirituali, e gli amici dell’ospedale di Kalongo, per gli ultimi sviluppi sulla informatizzazione delle procedure di accoglienza, analisi, anamnesi, e amministrazione dello stesso. Ma oltre a questo, avrò l’occasione di incontrare ancora una volta padre Ramon e padre Guido, i due comboniani che ci hanno accolti a Kalongo nella fase di preparazione e “inizio attività” della scuola di informatica nel centro giovanile della parrocchia. Siamo già al secon­do ciclo di corsi!

Cari Amici, qui finisce l’avventura… NO! E’ il momento di dire che

QUI COMINCIA UNA NUOVA AVVENTURA!”…

Chi mi darà una mano a costruire l’orfanotrofio a Ruti, dieci chilometri oltre Mbarara, verso il Congo? Una casa con quaranta posti per gli orfani e gli abbandonati, oltre al posto per il personale di servizio e di direzione…
Entro questo mese pubblicherò il progetto, disegni e preventivo… Non sarà un gioco, ma so che molti di voi possono moltiplicarsi con i loro amici e far aumentare la partecipazione attiva. Cene, tombolate, concerti, organizzate quello che volete! Io cercherò di aiutarvi personalmente con la mia presenza…
Chi può offrire meno, potrà partecipare al mantenimento di studenti fino alla fine del liceo, con pochi euro mensili (anche per metà delle tasse).
So di chiedere molto, ma so anche che chiedere poco a molti, aiuta più di quanto si possa immaginare!



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