Progetto INFORMAFRICA


Ridurre il "digital divide" portando la nostra CONOSCENZA
in modo ETICO e RESPONSABILE, ma non i nostri "modelli di vita"

giovedì 23 febbraio 2012

Nella terra dei Kuku


Sono nel profondo sud del Sud Sudan, a una ventina di chilometri dal Nilo, che corre ad est, dietro una lunghissima collina morenica che con un'altra dall'altro versante lo chiude in una vallata. A sud, a meno di dieci chilometri il confine con l'Uganda.
Siamo nella regione "Central Equatorial", quella che comprende la capitale Juba, che però è oltre centocinquanta chilometri a nord.
Qui la popolazione è integralmente di etnia Kuku, e fa parte dell'insieme di gruppi etnici che parlano la lingua Bari, nei suoi vari dialetti.

La gente, vista per strada, al mercato, in chiesa, a scuola, sembra non interessarsi molto al forestiero: lo si guarda come qualcuno di passaggio. I bambini che salutano il "bianco" che passa sono pochi. Gli adulti ancora meno.
Potrebbero sembrare grintosi se non ostili, ma in realtà non lo sono: sono solo molto diffidenti e differenti, per esempio, dai Burkinabè o dai camerunensi, sempre allegri e disponibili. Parlo con loro e capisco alcune cose.

Innanzi tutto un Kuku non sposerà mai una donna di un'altra etnia. Mogli e buoi... vale anche qui. Gli usi e costumi sono propri dell'etnia e non va bene mescolarsi. Si tratta di un popolo di agricoltori, persone che hanno il loro orto o il campo coltivato, quindi di abitudini stanziali e non capiscono le abitudini delle etnie dedite alla pastorizia e quindi al nomadismo, figuriamoci di gente forestiera. Anche qui, e sembrerebbe in contrasto, è piuttosto diffusa la poligamia.

Ci sono altre cose però, nelle abitudini di questa gente, che io, occidentale, europeista, faccio fatica a capire...
Quando un Kuku diventa ricco o troppo bravo, viene messo in disparte: non si può essere diversi dagli altri... Dobbiamo rimanere "integri", ma tutti allo stesso livello: le differenze, quelle che noi chiamiamo le "eccellenze", tra i Kuku sono viste come portatrici di male. La vita del Kuku è quella segnata per tutta l'etnia e non ci si può scostare di tanto.
Allora bisogna difendersi da chi pretende di emergere o semplicemente di differenziarsi, come da chiunque, dal di fuori, pensi di portare novità che possono produrre fratture nel gruppo.
Al mercato, un po' come succede a nord, tra i "dinka", ci sono decine di donne con i loro pomodori passati o pieni di acqua, i loro fagioli multicolori, i pesci secchi affumicati, qualche frutto... chiedo i prezzi a diverse di loro: la risposta è sempre la stessa, il prezzo è unico per tutti. La concorrenza potrebbe portare ad un cambiamento nei livelli di reddito, con le conseguenti differenze tra il commerciante che vende di più rispetto a quello che mantiene prezzi alti e vende meno. Così non faremo passi avanti, ma rimarremo sereni e senza tante beghe interpersonali!

Sicuramente qui si respira il nocciolo del "modus vivendi" dei popoli "poveri": si vive solo una volta e anche molto poco: perché dovremmo guadagnare di più di quanto ci serve per vivere? Al massimo qualche donna va a lavorare come cuoca o al laboratorio artigianale per mandare i figli almeno alla scuola primaria. Non esiste l'idea dell'accumulo del denaro in sé, esiste invece il concetto, forse eticamente più sano, di godere quel poco di vita che abbiamo, senza crearsi necessità a cui potremo far fronte rinunciando alla vita stessa.
Così mi spiego anche l'incedere sempre lento degli africani: ma dove corri? A Samarcanda ci arrivi sempre in tempo!

Mentre il liberismo globalizzato ci ha fatto fare un salto enorme in avanti, sul piano dello sviluppo economico, sicuramente sul piano della "felicità del vivere", della gioia di avere qualcosa, anche della convivenza famigliare, abbiamo perso quasi tutto.




mercoledì 15 febbraio 2012

Finalmente al lavoro!


Ebbene sì! Mi tocca ripartire dal "finalmente"...

Ormai è passata una settimana dagli ultimi appunti... ho passato qualche gior­no di svogliatezza e di stanchezza, ma ora sono a posto, completamente in for­ma! Da due giorni mangio regolarmente, ho ripreso la vita normale e tutto è passa­to.

Da ieri ho cominciato a lavorare sul serio. Incontri, propositi e proposte da analizzare, comincio a conoscere le persone che mi affiancheranno per capire come funziona questa piccola grande azienda che produce mobili per la scuola, per l'ufficio, per la casa e poi casse da morto, articoli di artigianato del legno e comprende anche una bella bottega di artigianato al femminile, in cui si fanno sciarpe, borse di stoffa, e tanto altro.

Oggi pensavo alla settimana "in bianco" ed alla cucina e ai nostri pasti...
Qui la cucina è organizzata molto bene e si mangia un menu misto che va bene per gli europei ma anche per gli africani. La comunità è composta da un italia­no, un tedesco, un togolese ed un sudanese, oltre a me e qualche altro ospite che viene solo per mangiare, sempre di varie nazionalità.
Abbiamo pasta o riso, carne (poca ma buona!) o pesce, verdure cotte o crude, comprate al mercato o dell'orto interno, la polenta di mais bianco e poi la frutta locale, quasi tutta del giardino comunitario. Non manca nulla. E la domenica sera anche la birra!

Ma come siamo diversi a tavola!
Noi europei siamo gli affamati: mangiamo tutto il possibile e magari diamo se­gni di scontento il giorno che manca la frutta o c'è poca carne o la pa­sta è ma­gari un po' scotta...
Gli amici africani mangiano poco, molto poco, e quasi sempre la polenta, la verdura cotta e qualche frutto... e quando vedono il mio piatto vuoto mi dicono che ho mangiato poco!

Così torno a pensare che le risorse della terra non potranno essere sufficienti per tutti, se tutti si comportano come noi in occidente, dove, oltre che mangia­re tanto, sprechiamo almeno il doppio di quanto mangiamo!
E allora, benvenuta la grande crisi finanziaria, che ha costretto i ricchi a farci pagare i loro debiti, rendendoci consapevoli che dobbiamo stare attenti a quan­to spendiamo e consumiamo! Almeno non arriveremo ad esaurire il pianeta Terra entro il 2050, come dicono alcune previsioni basate sugli andamenti di un anno fa...
Tanto alla fine... i ricchi dovranno rinunciare a ciò che per noi sarebbe inutile e per loro è neces­sario in quanto superfluo, e magari andranno all'altro mondo lasciando sulla terra qualcosina in meno... e i poveri continueranno a sopravvi­vere da poveri, come sem­pre...


mercoledì 8 febbraio 2012

Finalmente a Kajo Keji!!!


Dopo quattro giorni di viaggio, tre più uno di sosta a Juba, arrivo a Kajo Keji, nella comunità dei Comboniani di Lomin.
E' domenica, abbiamo viaggiato per circa cinque ore sotto il sole, bevendo abbondantemente acqua calda che abbiamo chiamato thé per farcelo piacere, e prendendo tonnellate di polvere che ha intasato anche il naso. Africa.

Lunedì comincio subito a rivedere il "workshop" in cui devo lavorare, parlo con Fratel Eric e cominciamo a stabilire un ruolino di marcia per fare il punto della situazione.
Sono soddisfatto oltremodo, Eric collabora e credo si potrà lavorare veramente bene insieme.

Il diavolo, i credenti lo chiamano così, ci mette lo zampino... Martedì mattina mi alzo per andare in bagno e... per tutta la giornata sarà una corsa contro il tempo... la nausea e la diarrea mi stendono... pazienza!
Salto un paio di pasti, cerco di bere e di sostenermi con zucchero, thé, ananas e riso in bianco, ma la giornata finisce all'insegna del "è meglio andare a letto presto"!

Credo proprio che lo stress della partenza, le due settimane di preparazione al viaggio, gli inconvenienti dovuti alla neve, il viaggio, ma soprattutto il passaggio dai -5° italiani ai 35° sudanesi, mi abbiano steso...
Il rilassamento dell'arrivo ed il raggiungimento della quiete, dopo qualche notte senza sonno, hanno fatto il resto.
Ora padre Ezio mi ha ordinato il riposo assoluto almeno per un paio di giorni: devo solo recuperare... eh! la gioventù avanza e i tempi di recupero si allungano...



giovedì 2 febbraio 2012

Si riparte!!!

Domani 2 febbraio 2012, giorno della "candelora", riparto per il Sud Sudan!
Dopo l'esperienza della fine 2010, ci sono tornato, a settembre/ottobre dello scorso anno. Con la collaborazione di "Informatici Senza Frontiere" e dei Padri Comboniani di Mapuordit, sono riuscito a fare una scuola di informatica tutta nuova, con 6 notebook regalati da ISF e con l'aiuto dei miei "donatori personali", sono riuscito a fare un corso di un mese a 7 ragazzi "dinka" ed a prepararne 3 come nuovi formatori.
Dopo la mia partenza hanno già fatto due corsi di base per i ragazzi di Mapuordit!

Questa volta vado nel sud del Sud... a Kajo Keji, nello stato di Central Equatorial, al confine con l'Uganda. Insegnerò agli insegnanti della scuola secondaria ed ai ragazzi, oltre a cercare di dare una mano ai Padri Comboniani in una fabbrica di mobili per scuola che dà lavoro ad oltre cinquanta lavoratori del villaggio. Lavoro di organizzazione... Interessante ed utile!

Spero di poter scrivere spesso e di farvi conoscere le esperienze che farò, compatibilmente con le connessioni, compatibilmente con l'energia elettrica, compatibilmente con la malaria e tutto ciò che può accadere in questo Paese nuovo e pieno di "lavori in corso"!

A presto!
Paolo