Progetto INFORMAFRICA


Ridurre il "digital divide" portando la nostra CONOSCENZA
in modo ETICO e RESPONSABILE, ma non i nostri "modelli di vita"

giovedì 27 marzo 2014

Istanbul: multi... tutto!




Una volta si diceva di alcune città che erano “cosmopolite”, cioè intrise di una cultura cosmica, globale, universale. Oggi questo termine non è più in uso e si dice che tutto è “globalizzato”... anche la lingua peggiora e non si rifà tanto alle radici quanto al linguaggio della finanza, della borsa, dello “spread” e dei “si­gnori del mondo”.
Preferirei, anzi preferisco!, non essere un “signore”, almeno in questo senso, e valutare una città, una nazione, un popolo con termini meno finanziari è più culturali.

Quando dovevamo partire per l'Uganda con Benny, 32enne figlio del mondo fi­nanziario (lavora al Monte dei Paschi di Siena), avevamo valutato le varie com­pagnie aeree che vanno dall'Italia all'Uganda. Egypt Air era la più economica in assoluto ed anche, a parer mio, la migliore nel rapporto prezzo-prestazioni, ma Benny mi ha chiesto di poter utilizzare Turkish Airlines, appena di poco più cara, ma con grosse limitazioni per il bagaglio. Abbiamo scelto quest'ultima per poter fare il biglietto “a circuito” con sosta a Istanbul, lui perché aveva degli amici, io per poter fare il viaggio di andata con lui e perché Istanbul mancava al mio carnet di città conosciute e che molti mi avevano consigliato vivamente di visitare. Con la stessa metodologia avevo visitato due anni fa il Cairo e mi ri­prometto di visitare in futuro Addis Ababa, la città dell regina di Saba e magari anche Dubai, negli Emirati o Doha, in Qatar...

Arrivo ad Istanbul la domenica mattina ed in albergo dopo mezzogiorno. Dopo una doccia ed un po' di riposo comincio ad appropriarmi del territorio: a guar­dare una piantina e cercare di capire cosa posso fare e cosa devo vedere.

Domenica pomeriggio in centro: da Taksim, la piazza delle “rivoluzioni” (con analogia fonetica con Tahrir, la piazza del Cairo), a spasso fino alla torre di Ga­lata... ma a Genova esiste, in centro, via Galata, e qui c'è anche il quartiere e la squadra di calcio del Galatasaray! Ovviamente non è una coincidenza: i ge­novesi hanno posseduto questa città e la torre di Galata domina tutta la città dalla parte del Bosforo, verso l'Asia Minore. Splendido panorama, splendida cit­tà, dalle mille moschee e dai mille minareti... ed anche delle “mille e una not­te”!

Lunedì parto, dopo un lungo riposo, con una parvenza di bella giornata. La mo­schea di “Sultanahmet” (la “moschea blu”) è la prima tappa: una specie di San Pietro dei musulmani, dove si entra con le scarpe in un sacchetto di plastica, ed in cui si sente caldo l'Islam, con ori e decorazioni fantastici. Ed il mondo che la visita, purtroppo non in religioso silenzio...
Visto che “Aya Sofia”, proprio di fianco alla grande moschea, ex-chiesa cristia­na, poi moschea ed ora moschea-museo, è chiusa per riposo vado a visitare la “basilica dell'acqua”. Una basilica pre-romanica sotterranea diventata pozzo e sorgente per tutta l'acqua che viene distribuita in città: un monumento enorme per estensione, ma anche per gli effetti delle colonne sull'acqua, con capitelli dorici, romanici e corinti e il passaggio per i turisti a pelo d'acqua. Il tutto illu­minato poco ma ottimamente: si riesce a fare le foto senza flash con colori veramente stupendi.
E' veramente difficile trasmettere certe sensazioni... ma chi ha visto certe crip­te di basiliche romaniche può capire... A me torna in mente quella dell'abbazia di Abbadia San Salvatore, sul Monte Amiata... una selva di colonne (in questo caso piccole!) ed una suggestione che riporta ai primordi della cristianità, alle catacombe, al “nascondimento della preghiera”, quasi in contrasto con la “pub­blicità” del “muro del pianto” di Gerusalemme. E Gerusalemme assomiglia in molte cose ad Istanbul.
Poi passeggiata lungo il Bosforo, nella parte nuova della città.

Martedì la visita ad “Aya Sofia”, al “gran Bazar” ed al palazzo del sultano di “Domahbace”. La ex-cattedrale di Bisanzio è veramente “gemella” della grande “Moschea Blu”: ori e affreschi per tutti i gusti; un'imponenza di dimensioni che lascia senza fiato, anche se, purtroppo o per fortuna, una parte è sotto restau­ro e quindi non visibile.
Il mercato ricorda anche lui il “suk” di Gerusalemme e quello di “Bab-al-Yama­ni” nella “vecchia Sana'a” in Yemen... da perderci la testa (e la borsa!) e il pa­lazzo reale fa tornare alla mente l'Europa austro-ungarica o italiana o francese delle grandi ville (dalla reggia di Caserta al “Belvedere” di Vienna al palazzo Reale di Monza): giardini all'italiana, ricchezza ed ostentazione, oro e colori meravigliosi: proprio da tornare ai racconti delle “Mille ed una notte” o al “gran valzer delle debuttanti”.

Alla fine si rimane senza fiato... come potrebbe succedere a Roma o Firenze o Verona... ma la caratteristica maggiore è proprio la multiculturalità, la moltepli­cità di razze e lingue e colori di pelle che si incontrano per strada, nei mercati, sui mezzi pubblici (tanti, puliti, funzionanti!), ma anche poco chiasso, nono­stante i caratteri e le persone estremamente diverse, si ha l'impressione di una grande calma, di una serenità di fondo e della conoscenza che si vive in un grande museo all'aperto, in cui non si può urlare, non si deve disturbare la quiete di tutti. Ed anche nei mercati, pur nella ricerca di clienti, c'è sempre solo un accenno di offerta, senza insistenza, lasciando all'ospite la decisione se en­trare a contrattare o solo guardare...
Mi è sembrato di trovare un grande rispetto per il visitatore, ospite gradito ed accompagnato, ma solo con lo sguardo, da negozianti, guide, tassisti; quindi una sintesi di etnie diverse in piena e tranquilla convivenza.

Una bella visita turistica a compimento di un viaggio assai poco turistico. Ma, come diceva il titolo di un libro di Bruno Zevi, critico e studioso di arte, bisogna “saper vedere”...

Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito, poco o tanto, e che mi hanno dato suggerimenti di ogni tipo. Non ho messo foto, avete ragione. Ma quando stam­però la raccolta di queste note, nel libretto ci sarà anche un CD con le foto: il ricavato sapete bene dove andrà!



sabato 22 marzo 2014

Ultima notte a Warlock... anzi a Kasaala!



Chissà come mai mi è rimasto impresso indelebilmente nella memoria il titolo di questo film western, se non ricordo male con Richard Widmark, ed ogni vol­ta che trascorro un'”ultima notte” da qualche parte (devo dire che capita anche spesso!) mi torna in mente la scena del treno che parte all'alba...

Bene. E' quasi finita la settimana. Oggi abbiamo fatto l'ultima “cerimonia”, si fa per dire, con la consegna al direttore della scuola tecnica “St. Kizito” della sua aula informatica (“computer room”) ampliata e riempita di tavoli e computer. Alla consegna-inaugurazione c'erano anche i neo-do­centi di informatica, la suo­ra direttrice della scuola tecnica femminile, an­che lei interessata all'aula per le sue allieve di “economia domestica”, ed alcuni studenti che avevano partecipa­to ai corsi. Promessa di tutti: cominciamo al più presto i nuovi corsi! Sanno bene che se non lo facessero, i ragazzi delle scuole si arrabbierebbero molto...
Fuori dall'aula anche la targa a ricordo dei “donors”!

In effetti questo progetto si conclude nel migliore dei modi, grazie soprattutto proprio alla volontà dei giovani studenti ed insegnanti, anche se padre Giorgio e i direttori delle due scuole tecniche hanno fatto sicuramente in modo egregio la loro parte.
Proprio gli studenti e gli insegnanti che hanno fatto il corso mi hanno salutato dicendo che “è l'ora di piangere...”, voglia di pianto stemperata dalla promessa che tor­nerò il prossimo anno a fare un corso di aggiornamento ed un altro cor­so per preparare nuovi insegnanti. Speriamo di poter mantenere...

La settimana è trascorsa piuttosto calma, con l'unico impegno di incontrare per due volte i cinque migliori ex-alunni di informatica per chiarimenti e risposte ai loro quesiti, ma anche per dare loro un'idea su come organizzare i prossimi corsi.
In compenso ho avuto tempo di andare un paio di volte a Luweero, la “città” più vicina. Il mercato è grandissimo e si svolge per strada, con banchi e tova­glie per terra, vestiti, frutta, sementi, materassi, scarpe cinesi, ciabatte di ogni colore e forma...
Volevo fare una bella targa-ricordo, ma i vari negozi che stampano, plastificano ecc. chi aveva la stampante senza cartuccia, chi non aveva la corrente elettri­ca, chi non funzionava la plastificatrice! Ad ognuno mancava qualcosa: alla fine andiamo in diocesi, dove avevo fatto stampare i “certificati” e lì avevano tutto funzionante... Detto e fatto!
Ma devo ricordarmi che, anche se sono in partenza, sempre in Africa sono e quindi questo tipo di cose è normalissimo.

Oggi mi sono trasferito a Kampala e stanotte partirò per Istanbul, alle 5 del mattino: il taxi, prenotato già da Kasaala, arriverà all'una e mezzo a prendermi per portarmi in aeroporto. La serata la passo a M'Buya, dai comboniani, perché ho chiesto un incontro con padre Silvester, padre provinciale dell'U­ganda, che mi ha anche invitato a cena.

Con padre Silvester ci siamo sempre “sfiorati”: non eravamo mai riusciti ad in­contrarci. Quando il mese scorso era a Roma, tramite amici, gli avevo fatto avere per la firma, la richiesta di pannelli solari per l'alimentazione dell'aula di informatica all'Onlus dei laici comboniani “Economia Alternativa”. Ora mi faceva piacere incontrarlo e conoscerlo finalmente di persona.
L'incontro è stato veramente molto cordiale. Non ho fatto fatica a capire quan­to sia preparato e, essendo ugandese, anche molto aperto all'ascolto delle ra­gioni, poche, e dei torti, tanti, del governo ugandese che sta preparando leggi assai poco popolari e poco orientate alla libertà dei cittadini, anche a livello personale.

In un salottino aspetto il taxi fino all'una e mezzo, passeggiando e chiacchie­rando con altri padri che rientrano dopo cena e mi raccontano delle loro missio­ni e mi fanno venire voglia di tornare per andare a trovarli nelle varie zone del­l'Uganda, come padre Vidori, che risiede a Kotido, dove c'è anche il vescovo comboniano italiano padre Filippi.

Arriva anche in anticipo il taxi... si parte!

Ciao Uganda! Speriamo di rivederci il prossimo anno... se non si può prima!



domenica 9 marzo 2014

Una “vacanza” lavorativa...


Dopo la fine dei corsi a Kasaala mi ero programmato una settimana di “vacanza” in alcune zone dell'Uganda che non conosco. Avrei voluto andare in Karamoja, ma il vescovo di Kotido, Filippi, è in Germania. Così ho limitato il mio giro all'ospedale di Aber ed alla diocesi di Lira, Uganda del nord, a poco più di cento chilometri da Gulu.

Lunedì mattina, il giorno 3, padre Giorgio mi accompagna alla “bus station” di Luweero, dove i venditori di banane crude e cotte, di bibite, di ananas, di spiedini, assaltano i bus, i “matato” (i pullmini piccoli) e le auto private per vendere qualcosa ai passeggeri... C'è un signore di mezza età con un libretto e il telefonino in mano che mi chiede dove devo andare: a Lira, oppure anche a Kamdini, sulla strada di Gulu, dove si devia per Lira, ma che è a pochi chilometri da Aber. Mi dice subito che sta arrivando il primo bus per Lira, poi si ferma a chiacchierare anche un poliziotto e conferma.

Arriva il primo autobus, ma nonostante l'intercessione del signore di mezza età è pieno e non può eccedere, per legge, i 67 passeggeri. Aspetto il prossimo. Questo è quello delle “poste” (come in Svizzera!): va a Gulu, ma è pieno anche lui...
Attraverso la strada per sostare all'ombra ad aspettare: sono le 9.30 ma il sole è già caldissimo! Mentre osservo gli arrivi e le partenze dei “matato” e delle auto private ripenso all'autostop praticato per anni in gioventù... potrei provarci... magari alla mia tenera età hanno pietà! Attraverso la strada e il signore di mezza età mi chiama perché c'è un pullmino di “musungu”, ma vanno per un'altra strada. Dopo due minuti un ragazzo che vende gli ananas mi fa cenno di andare verso un'auto ferma: il signore di mezza età mi ha trovato il passaggio fino a due chilometri dall'ospedale di Aber! Mi sa che quando torno dovrò pagargli almeno il caffè!

L'ospedale di Aber è su una strada in terra battuta che va verso la savana: il villaggio però si chiama Ataparà. Ospedale bello, in via di ricostruzione, con diversi reparti: maternità, pediatria, chirurgia, medicina interna, AIDS, laboratori di analisi e altro... E' di proprietà della diocesi e gestito dalla stessa con una supervisione dell'Onlus italiana “Medici per l'Africa - CUAMM” di Padova, e con la nuova presenza di “Informatici Senza Frontiere” per la supervisione del sistema informatico in fase di installazione.

L'accoglienza di Marco e Maria Grazia, con i loro bimbi (Francesco, 4 anni, biondo e Samuel, 3 anni, ugandese, quasi adottato), è veramente degna della loro veste di “laici comboniani”. Dormo nella guest-house dell'ospedale, ma per due giorni mi tengono a mangiare con loro e con Marta, un'altra ragazza volontaria italiana appena arrivata per la prima esperienza africana. Per sdebitarmi, riesco a regalare ai bimbi un pacchetto di biscotti secchi e una bustina di “banana-chip”, bananine fritte, a cui fanno una festa eccezionale! Quanto mi ero portato per il viaggio non ripensando alle banane arrosto di Kaffu-Bridge, questa volta fornite in sacchettino di plastica!

Dopo il pomeriggio di riposo e conoscenza, alle nove si va a nanna. Domani ho già programmato un incontro con il softwarista dell'ospedale e con due suoi colleghi che si occupano del software applicativo usato dall'ospedale, di cui si dovrà occupare fra una decina di giorni il mio collega di ISF Alessandro.

Mercoledì mattina Marco mi porta a Lira, dove devo trovarmi con l'amico padre Cosimo da cui mi fermerò fino a fine settimana. Prima tappa a casa del vescovo italiano, comboniano, mons. Franzelli, bresciano come lo era mons. Mazzolari, il vescovo di Rumbek morto tre anni fa.
La “casa del vescovo” è un insieme di tre stanze: una in cui riceve gli ospiti, la seconda in cui lavora e l'ultima, dove dorme; tutto nell'ambito della casa della cattedrale.
Marco gli telefona per strada: “Ciao, bishop (vescovo)! Stiamo arrivando!”...
Alla fine della brevissima telefonata chiedo a Marco la conferma della mia sensazione: “Puzza di pecora, vero?”...

Incontro di un'oretta per conoscerci e invito per il giorno dopo per aiutarlo a risolvere un po' di problemi. Accetto ricattandolo: io vengo a mettere a posto i suoi computer, ma lei mi concede un'intervista per RadioIncontri Cortona!Affare fatto: “vengo stasera nella comunità dove vai a dormire, ceniamo insieme e registriamo”. Sic et simpliciter. Puzza di pecora...
Mons. Franzelli è laureato in giornalismo, ha installato una radio e una tv diocesane, spero mi insegni qualcosa...

Il giovedì mattina lo trascorro al “Centro Catechetico Pastorale” di Ngetta, con i comboniani, che mi fanno girare tutta la scuola tecnica, la scuola primaria, la vecchia sede della “Radio Wa” (“la nostra radio”). Una bella aula informatica manca del tutto! Ce n'è una con dei “Pentium II” del 1998 con caricato Windows XP, che, ovviamente, blocca tutto! Buttiamo via tutto, per carità!

Alle 15 appuntamento “operativo” con il vescovo: sistemazione di qualche problema sul suo portatile, di qualche altro su quello del segretario, e poi su un altro piccolo suo... poi visita alla “Radio Wa”, nuova sede, proprio mentre ci sono tre canadesi che l'hanno in parte finanziata e che hanno una radio privata in Canada. Ottimo. Il mondo è piccolo...
Lancio l'idea di un gemellaggio tra RadioIncontri Cortona e Radio Wa... staremo a vedere cosa ne dicono in Italia...

Alla sera intervista-colloquio con padre Cosimo sulle funzioni del Centro Catechetico: la formazione dei “catechisti”, laici formati a fare da “vice-preti” nelle aree periferiche delle parrocchie. Veramente molto interessante. Domani la spedisco via internet, al pomeriggio “sant'Andrea da Fratticciola” (il tecnico di RadioIncontri) la monterà e sabato si va in onda...

La settimana finisce... lavorando...
Al mattino vado a Lira perché voglio fare due spese, vedere il mercato e spedire la trasmissione da un internet-cafè. Poi devo andare dal vescovo a consegnare un “file” ed a rispondere a qualche altra domanda... finisce con il vescovo che mi dice: “Domani vai via e non ci sono... vengo a salutarti stasera!”... “Ma, eccellenza... scusa... padre Giuseppe: “ubi maior, minor cessat”... ci salutiamo ora!”... Ma sa bene che ora di stasera ha da farmi altre quattro o cinque domande... e così sia!

Domani, sabato, rientro a Kasaala con il bus. Bella la vacanza!!! Spero di riuscire a dormire la prossima settimana: Kasaala è molto più fresca!!!

martedì 4 marzo 2014

Uganda, la propaganda e il sesso



Leggendo questo titolo qualcuno penserà male, qualcuno penserà che sono impazzito, qualcuno verrà invogliato a leggere... voglio subito chiarire che il titolo è provocatorio, ma l'argomento di questa mia “nota” è proprio il sesso.

Dopo un mese e mezzo che leggo i titoli dei giornali e vedo i telegiornali, di stato e non, continuo sempre più a chiedermi cosa c'è dietro tutta la mobilitazione mediatica nei confronti del sesso.

All'inizio della scorsa settimana il presidente Museveni ha firmato la legge contro l'omosessualità: quattro anni alla prima denuncia, l'ergastolo ai recidivi. Qui comincio a domandarmi come si faccia ad essere recidivi e come si faccia ad essere denunciati se non ci mette per strada a fare le sfilate tipo “gay-pride”... eppure un giornale ha pubblicato l'altro giorno una lista di duecento nomi di presunti gay! Dimenticavo di dire che qui non esiste il “garante della privacy”, ma forse hanno più”privacy” di noi...
Parlando con varie persone molto impegnate nel settore sociale e che conoscono bene le situazioni, mi è stato detto che c'è molta confusione tra “gay” e “pedofilo” e che la legge si dovrebbe riferire più a questa seconda categoria. Se così fosse potrei anche non condividere perché ad un pedofilo l'ergastolo lo darei immediatamente! 
In realtà quest'ultima precisazione è già nella legge: i pedofili ottengono direttamente l'ergastolo!
Ma pensando che “c'è confusione” qualche dubbio atroce mi rimane...

Comunque non si parla assolutamente di quanto riportato dai media occidentali, cioè di “caccia al gay”, quanto di preoccupazione per un certo tipo di moralità e di etica visti con occhi molto diversi dai nostri!
L'idea della pedofilia qui è molto molto vaga: i bambini, nei villaggi, ho sempre detto e raccontato, che sono figli del villaggio e non di una famiglia... e possono circolare tranquillamente senza pericolo. Anche qui a Kasaala, dove ci sono le scuole primarie, alla mattina presto e all'una, i bambini, anche i più piccoli, vanno e tornano da scuola a frotte senza pericoli e senza le mamme in SUV che li portano fino alla porta della classe... come succedeva a me a Roma negli anni '50: circa due chilometri a piedi per andare e altrettanti per tornare, accompagnandoci tra compagni che abitavamo sullo stesso percorso.

Un altro argomento che fa scalpore è la proposta di legge sulla pornografia, su cui si stanno facendo anche sondaggi tv.
Anche qui, vedendo i servizi giornalistici delle varie emittenti, si ha la netta sensazione che ci sia molta confusione: si continua a parlare di legge contro la pornografia, ma si mandano servizi che riguardano l'uso della minigonna e l'esposizione eccessiva del corpo femminile, troppo “provocanti ed eccitanti” per chi passa per strada! I servizi mostrano donne in giro di notte in minigonna (probabilmente ragazze che lavorano in qualche locale notturno), lati B già difficili da apprezzare anche in abito lungo che, rivestiti da minigonne attillatissime mostrano l'”effetto baule”, ma, sinceramente, devo dire niente di scandaloso. Il maggior dubbio è però sul legame tra la pornografia (nel senso delle pubblicazioni oscene) e l'abbigliamento femminile...
La legge, tra l'altro, parla anche dei video musicali, che non devono trascendere certi limiti, e dell'abbigliamento in genere. Vedremo come andrà a finire!

Oggi è presntata una terza legge che ha a che fare con il sesso, anche se molto più importante: la richiesta di legalizzare l'aborto. Ci siamo.
Il governo ugandese sta premendo sull'acceleratore dell'”anti-porno”, dell'”anti-omosessualità”, dell'abbigliamento femminile... poi ci si trova la richiesta di legalizzare l'aborto. Mi sembra che ci sia un grande controsenso in tutti questi argomenti: da una parte si vorrebbe occidentalizzare il paese, dall'altro si pongono limiti ai comportamenti che riguardano la sfera più privata della vita umana. Da un lato si vede l'Islam come un pericolo e dall'altro ci si comporta come nei paesi islamici più integralisti!

Per finire, l'altro verso della medaglia: quali sono i problemi reali di questo paese? Come avevo già avuto modo di scrivere in qualche “nota” precedente, l'Uganda ha, in questo momento, il suo esercito impegnato in Somalia, in Sud Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo e forse anche nella Repubblica Centrafricana. Di questo i giornali parlano solo quando gli USA minacciano di mettere sanzioni economiche se non ci fosse il ritiro immediato dal Sud Sudan, per esempio. La risposta di ieri del presidente ad Obama è stata: “diventeremo amici di Putin!”...
Sinceramente ho qualche dubbio che Putin abbia tempo e voglia di finanziare uno stato a dittatura “democratica” come questo, oltre che per i suoi problemi con l'Ucraina, anche perché qui il governo è molto più amico di chi paga di più, e quindi non solo perché anche Putin sta facendo la guerra agli omosessuali.

Il telegiornale di stasera metteva in evidenza che, dovendo esserci le prossime elezioni nel 2016, forse sarebbe meglio “rinviarle” al 2021, visto che si dovrebbe affrontare una riforma strutturale del sistema parlamentare e politico: noi votiamo ogni tre anni... qui si pensa anche di rinviare le elezioni di 5 (CINQUE) anni... Intanto il leader dell'opposizione ha detto che non si presenterà candidato alla presidenza...
Quale è la sua idea di “opposizione” non è dato sapere, ma l'impressione è che sia già “sicuro” di perdere e non voglia fare la brutta figura.

Ecco, l'impegno militare in diversi paesi africani, e la mancanza di una vera lotta alla corruzione al negativo; la lotta alle malattie endemiche e all'AIDS, in positivo, vengono solo raramente accennati in TV... ma ci sono, nel bene e nel male!



giovedì 27 febbraio 2014

Una settimana di lavoro e lavori


 
Questa settimana è stata quella della fine dei corsi e della preparazione agli esami ed alla consegna delle “attestazioni di frequenza”. Ma sono anche arrivati tre amici trentini di padre Giorgio per rimettere la guaina lungo tutto il terrazzo  che gira intorno all'edificio della missione.

Giovedì poi, accompagnati dal vescovo di Kotido, mons. Filippi, anche lui trentino, sono arrivati altri quattro amici trentini ad aiutare gli altri nel lavoro.
Ho così finalmente conosciuto questo vescovo, che avrei voluto andare a trovare in Karamoja, zona particolarmente interessante perché dedita alla pastorizia anziché all'agricoltura, ma anche perché ancora estremamente selvaggia e naturale. Visita rinviata al prossimo anno? Vedremo...

Tra i sette amici trentini c'è anche una moglie, che prende subito possesso della cucina, dando due giorni di riposo alle nostre bravissime cuoche, Grace e Christine. Per due o tre giorni si dovrebbe mangiare all'italiana... La prima novità è il caffè, ma io non lo bevo: ormai ho perso l'abitudine e solo raramente bevo quello locale liofilizzato. Loro bevono birra, avendo finito le scorte di vino che si erano portati (insieme ai salami, alle salsicce, allo speck!), ma anche su questo punto sia io che padre Giorgio, che il diacono ugandese tendiamo a non berne: un goccio a fine pasto per la compagnia, ma poi basta.

Dopo un giorno ho cominciato ad apprezzare ancor di più la sana cucina locale: erano anni che non vedevo la carne in scatola... mi fa venire la nausea solo all'odore... Una volta, molti anni fa mi ha fatto male e da allora non riesco a sopportarla!

Gli amici trentini mi dicono che da anni vengono in Uganda e anche in altri posti, ma alla mia domanda: “mangiare all'ugandese, no?”, mi risponde la signora, confermando che si portano la carne e la pasta dall'Italia perché quella locale non la mangiano e gli uomini, facendo lavori pesanti, hanno bisogno di nutrirsi bene! E io ripenso alla carne in scatola, sognando l'ottimo pollo in brodo della scorsa domenica al villaggio!

Preparano pomodori e verza in insalata con le uova sode... ma il povero diacono James, prossimo alla consacrazione sacerdotale, comincia in anticipo la quaresima, visto che lui si accontenterebbe di riso e fagioli, matoke, crema di noccioline e patate o kassawa... e tutto sommato mi sento solidale: anche io ormai mangio tutto e la poca carne che c'è mi basta e mi avanza! Le proteine poi ci sono nei fagioli, nel riso e in tutto il resto.
In compenso il lavoro svolto è veramente molto professionale!

A proposito di mangiare... l'altro pomeriggio, rientrando dopo l'intervallo, trovo tre allievi (tra i 20 e i 45 anni) chinati sul prato che prendono qualcosa e se lo mettono in bocca con movimenti rapidissimi: stanno facendo merenda con le “formicone con le ali”, vive, tanto... “mettendole in bocca muoiono!”. Come mi avevano detto in Sud Sudan!

La scuola, dicevo, sta finendo: in questa settimana ci sono gli esami e la consegna degli attestati. Questo è il momento clou perché i giovani fanno il corso proprio per ottenere questa certificazione e poter richiedere posti migliori o aumenti di stipendio! In verità io vorrei che uscissero almeno due o tre nuovi insegnanti e dei giovani pronti ad un lavoro moderno e più qualificante per loro, abituati alla bassa manovalanza, o al commercio minimale, o a scarse attività artigianali. Staremo a vedere...

Domenica sono stato invitato dal vicedirettore della scuola tecnica, che è anche mio allievo, a pranzo a casa sua: anche lui ha la casa nuova, tra Kasaala e Luweero, in campagna, vicino ad una delle residenze del “presidente” Museveni. Si potrebbe andare anche a piedi, sono un paio di chilometri, ma mi viene a prendere in auto un altro allievo che pranza con noi, vista l'ora caldissima e la possibilità di temporali, che stanno diventando quasi quotidiani, nel dopopranzo: stagione delle piogge in arrivo con un certo anticipo?

Anche qui pranzo ottimo, accoglienza a tavola, con le posate, i piatti e i bicchieri! Il cibo, ottimo come quasi sempre e quasi dappertutto, è il solito: riso lesso, matoke (banane cotte), pollo arrosto, patate di diversi tipi. Insomma, proprio nulla da eccepire! L'accoglienza è sempre super: l'ospite “musungu”
(bianco) rimane qualcosa da poter raccontare agli amici... “Sai che l'altro giorno il “professore di informatica” è venuto a mangiare a casa mia?”...

Ripenso alle vacanze sul monte Amiata, quando da piccolo abitavo a Roma: si andava a passare un mese a casa del sindaco (vetero-comunista) di Santa Fiora, ma mio padre era laureato, ex-giornalista parlamentare, amico di molti politici del PSI pre-craxista e degli altri partiti, e quindi era un onore per loro ospitarci.
E ripenso alla zia, preside e consigliere comunale della Spezia, che quando si andava a trovare gli amici del paese in cui era sfollata durante gli ultimi anni della guerra facevano la festa alla grande: parlando tedesco aveva salvato qualche decina di uomini nascosti durante la ritirata dei tedeschi! Era quindi un orgoglio per loro averla ancora amica!

Questo è quello che ci danno le persone più semplici che tante, troppe volte, consideriamo “inferiori” solo perché meno acculturate: tanta stima e tutto il loro patrimonio di saggezza e di umiltà che raramente raccogliamo ed ancor più raramente ci portiamo appresso.

Ancora una volta ricordo agli amici che mi seguono, che possono ascoltare le interviste raccolte a Gulu e a Kasaala, nelle puntate di “Volontariando”, su Radio Incontri (FM 88,4 / 92,8 in Toscana e Umbria, sabato e replica martedì, sempre alle 11), oppure sul sito www.radioincontri.org entrando nella voce “Programmi”, scegliendo “Volontariando” che è l'ultimo in ordine alfabetico, cliccando su “Leggi tutto” e poi sulle ultime trasmissioni: dalla n. 39 sono state registrate qui in Uganda... Buon ascolto!

 

mercoledì 19 febbraio 2014

Domenica in un villaggio... e non solo!


 
 
Dopo la seconda settimana di corso ho voglia di uscire un po' dalla Missione; chiedo a padre Giorgio di accompagnarlo nella sua messa domenicale in due “cappelle outstation”, cioè in due piccoli villaggi in cui si dice la messa una volta ogni qualche mese. Mi dice che deve andare nelle più lontane e selvagge, e spera che non ci invitino a pranzo... torneremo tardi. A me va bene: il senso dell'avventura devo averlo innato, lo spirito di servizio me lo sono costruito con il tempo e la voglia di fare qualche bella foto non mi manca.

Si parte e si fanno una ventina di chilometri su strada sterrata ma buona: dice padre Giorgio che l'hanno appena rimessa a posto, perché dopo le piogge era distrutta... forse non è mai stato in Sud Sudan... a me sembra un'ottima strada!

Al primo villaggio, Kaggalamà, veniamo accolti dai catechisti, dal Presidente del Consiglio Pastorale e da un bel po' di gente. Alcune signore sono vestite per la festa: ci sono tre battesimi! Alla fine della messa la solita presentazione dell'”ospite”, che sono io, con ringraziamenti e applausi e qualche domanda sui prossimi corsi di informatica. Ottima semina!

Dopo tutti i discorsi un piccolo colpo di scena: si alzano a turno due dei papà dei neo-battezzati e promettono di sposare le loro donne, mamme dei bambini! Padre Giorgio è felice... inutile dirlo! “Qui non si sposano che pochi in chiesa... la tradizione della poligamia fa sì che non si sentano di mantenere la promessa di fedeltà matrimoniale”. Invece nella cattolicissima Italia...

Finito il tutto con le immancabili strette di mano e la benedizione di tante persone, si parte per il secondo villaggio, Kansili. La messa è sempre celebrata in un'aula delle scuole primarie, con qualche sedile dei bimbi e ben due sedie! Ho già raccontato che i comboniani prima costruiscono la scuola e poi la chiesa: qui siamo ancora solo al primo passo...

Poca gente, tre battesimi anche qui, e la presentazione con ringraziamenti e applausi. Riesco a commuovermi, vedendo come i giovani sono interessati a partecipare ai corsi per imparare ad usare i computer e che speranza sono per loro: hanno capito, ma lo ripeto continuamente, che il loro futuro passa per l'uso dei computer, “uso” per conoscere il mondo, per lavorare meglio!
Padre Giorgio spiega bene loro che io faccio il corso a quelli che saranno, dal prossimo mese, i loro insegnanti e potranno partecipare anche loro, volendo e pagando il giusto.

Mentre ci trasferivamo dal primo al secondo villaggio, padre Giorgio ha chiesto al catechista del primo, che ci ha accompagnati, “in quale hotel ci avete preparato il pranzo?”... il catechista, senza scomporsi, ha detto che avremmo pranzato tutti a casa del suo collega del secondo villaggio che festeggia la nuova casa arrivata al tetto (di un piano solo).

Alla fine della seconda messa si riparte e si va a casa di questo catechista... tutti mattoni cotti, tetto in lamiera, cucina e “servizi igienici” esterni, un bel po' di bimbi del catechista e della sorella a salutarci: niente pavimento, niente infissi, ma un tavolino, due poltrone per gli ospiti “musungu” (bianchi), una panchetta per i due catechisti e due stuoini grandi per un altro paio di persone: donne a bambini fuori a cucinare e servire.

Aspettiamo che venga pronto e intanto passa un topolino velocissimo che mi strappa un commento “africano”: questo non lo mangiamo! Ma padre Giorgio mi rassicura che in Uganda non si mangiano i topi (come ho visto fare in Centrafrica e Sud Sudan)!

Arrivano piatti ricolmi di riso, matoke, e crema di noccioline, oltre a tre piatti di pollo e brodo per gli ospiti (ma io e padre Giorgio ne prendiamo solo un pezzetto per uno e lasciamo il resto per gli altri) e anche una forchetta per ciascuno degli ospiti! Anche qui per oggi sono salvo! Mangiare il brodo con le mani sarebbe stato difficile...

Rito della lavanda delle mani con l'acqua servita dal padrone di casa e si comincia a mangiare.
Il brodo con il pollo sono semplicemente squisiti: pollo ruspante e il suo brodo mi ricordano la vigilia di Natale a casa di mia zia...

Il riso serve al posto del pane. Ci intingo anche il matoke (banana lessata dentro la proprie foglie) e poi mi rifaccio un po' di riso con la crema di noccioline, anche se questa mi sembra sia rimasta sul fuoco un po' troppo e si sente il sottofondo di bruciato... comunque tutto di gusto particolare ma veramente ottimo! Arrivano anche una bottiglietta d'acqua per ogni ospite e il lavaggio delle mani, ora anche con il sapone, per tutti. Già perché essendo le forchette tre, gli altri hanno mangiato tutti con le mani, come sempre...

Al ritorno, subito dopo il pranzo e dopo aver fatto un po' di servizio di trasporto pubblico tra i villaggi, arriviamo a casa e... “ma una fetta di ananas ce la facciamo, vero?” … “ci mancherebbe altro che no!”...
Ed anche su questo, con padre Giorgio pieno accordo!

La domenica termina con l'invito a cena delle suore della scuola: si festeggia una suora che si è consacrata definitivamente oggi. Suor Sara, una bella suora ugandese, che insegna religione anche alla scuola tecnica, e canta con una bellissima voce, fa bella mostra del suo anello “nuziale”. Auguri!

Chiudo questa “nota” ricordando agli amici che mi seguono che possono ascoltare le interviste raccolte a Gulu e a Kasaala, nelle puntate di “Volontariando”, su Radio Incontri (FM 88,4 / 92,8 in Toscana e Umbria, sabato e replica martedì, sempre alle 11), oppure sul sito www.radioincontri.org entrando nella voce “Programmi”, scegliendo “Volontariando” che è l'ultimo in ordine alfabetico, cliccando su “Leggi tutto” e poi sulle ultime trasmissioni: dalla n. 39 sono state registrate qui in Uganda...

Buon ascolto!

giovedì 13 febbraio 2014

Una “nota” di vita quotidiana


 
Mi sono reso conto che nelle ultime “note di viaggio” ho parlato quasi esclusivamente della vita della scuola, dei viaggi, delle impressioni, e ho tralasciato quella che è poi la vita oltre le ore del lavoro e dei trasferimenti.

Ormai sono alla terza settimana di permanenza a Kasaala, i ritmi si sono adeguati alle necessità e tutto fila secondo uno schema quotidiano normale.
La mattina alle 7 c'è la Messa a cui partecipano le suore della scuola, qualche classe e qualche abitante del villaggio; quindi sveglia alle 6.30, Messa alle 7 e la prima colazione.

Ci sarebbe anche il latte, ma bollito e ribollito e a lunga conservazione; ci sarebbe anche il caffè (l'”Africafe”), ma è caffè liofilizzato come il famigerato “Nescafé” (famigerato per via del suo produttore non-etico, e di chi ne fa la pubblicità!)... quindi prendo il thé, con un paio di fette di pane tipo “baguette”, che si compra al lunedì e poi va avanti tutta la settimana, un filo di “BlueBand”, che è una margarina vegetale prodotta in Kenya e vendono in tutta l'Africa che conosco, e la marmellata, anch'essa dal Kenya, troppo dolce per i miei gusti, e quindi anche questa in quantità ridottissima. Forse sento nostalgia per le marmellate dell'Adriana... Ottima colazione, comunque!

Dalle 9 alle 12 ho la lezione del mattino. Dopo i primi due o tre giorni con qualche ritardo, ora i ragazzi arrivano anche venti minuti prima e magari stanno in classe anche mezz'ora di più, con un intervallo per i bisogni naturali vero le 10.30, che dura circa un quarto d'ora.

All'una il pranzo con pasta al pomodoro, carne o tonno, e tanta verdura: patate, gialle o bianche (dolci), kassawa (manioca), matoke (banane lessate nella loro foglia), zucca, verza, e i fagioli che non mancano mai! Si finisce con un ananas o la papaya o le banane.
I cibi sono sempre questi e i sughi pure... basta sapersi adeguare, ma la dieta è ottima!
Non esiste la varietà dei sughi, la carne è alternata al sugo o alla brace, le patate sono lesse o fritte come le patatine industriali, ma buonissime: vengono fatte in padella con un olio molto leggero misto di palma, girasole ed altri vegetali. Un contorno particolare è la crema di noccioline, che devo provare a rifarmi a casa: va benissimo con le patate lesse, ma anche come intingolo per la carne, o come condimento di una insalata di riso.
La frutta è tutta di “produzione propria” o quasi...

Il pomeriggio trascorre con la classe dei lavoratori e degli insegnanti fino alle 17.30; alla fine della lezione, fatta per il gran tempo in piedi, un giretto intorno alla missione, doccia e preparativo per la cena.

La variante rispetto al pranzo è che si parte con una bella, ottima, minestra calda (con pasta o riso), veramente ricostituente: poi il resto, come da copione. Sempre ottimo, ben cotto, ed equilibrato come valori dietetici, almeno così dicono... Io sto benissimo, perdo qualche chilo di troppo e sto anche meglio!

Dopo cena, due passi all'aria aperta per digerire, guardare la luna e le stelle, e se è sereno, anche la Via Lattea.
Alle nove un po' di televisione per le notizie: i giornali locali sono chiaramente di ispirazione univoca, governativa, e parlano di quanto bene fa il presidente, soprattutto con lo sport per i giovani, con le scuole e così via... Mi sembra di aver già sentito questo cose... mah!... forse mi sbaglio...

Qualche giorno fa hanno dato al telegiornale i risultati delle scuole primarie fatte nel carcere della capitale, intervistando i neo diplomati (scuola primaria significa elementare e media!).
Poi ci sono tutte le notizie sportive della “premier league”, il campionato di calcio inglese (la nostra serie A), tanto per far passare il tempo senza dire cose sconvenienti sul potere, la corruzione e l'impegno bellico di questo Paese (presente con sue truppe in Somalia, Congo, Sud Sudan, ecc.).

In realtà qui il lavoro migliore, sempre promosso dal governo è quello del servizio militare. Potremmo regalare al presidente ugandese il nostro ministro Mauro: con le sue capacità farebbe diventare in breve tempo l'Uganda uno dei paesi meglio attrezzati del mondo, almeno da un punto di vista militare!

Ricordiamo la storica frase detta recentemente in un'occasione ufficiale: “Armiamoci per amarci!”... tipico programma di evangelizzazione ciellina!
Per coloro che non lo sanno, il ministro Mauro, oltreché esimio procacciatore di affari per la lobbie dei produttori di armi e protettore dei militari, è esponente del movimento fondato da don Luigi Giussani, “Comunione e Liberazione” appunto, di cui fanno parte altri begli esemplari di politici nostrani!

Meglio rimanere in Uganda, o almeno continuare a parlare di questo Paese bellissimo ed ancora abbastanza poco sviluppato e poco infestato dai mercanti occidentali e dai loro prodotti nefasti.
Al momento l'unica guerra economica che si nota è quella tra i provider telefonici: MTN, Airtel, Orange la fanno da padroni e si stanno facendo guerra a colpi di sconti, di tabelloni pubblicitari grandi come appartamenti e di pubblicità televisiva di ogni specie (come la nostra!).

 

sabato 8 febbraio 2014

Kasaala Technical School: un buon inizio!


 
Lunedì ho iniziato i miei corsi, ma sono anche iniziate le scuole per tutti, così Kasaala si è rivitalizzata all'improvviso: bambini e ragazzini tutto intorno alla missione, perché le scuole primarie, che durano sette anni, si comincia a sei anni, sono tutte intorno alla comunità, come pure le scuole tecniche. La mattina, alla messa delle 7 ci sono sempre un paio di classi. E oggi, sabato, la direttrice del coro aveva forse 10-11 anni... magnifico!

Dopo una settimana dei due corsi posso cominciare a fare qualche valutazione.
Durante la preparazione avevo avuto qualche dubbio sull'efficacia della “promozio­ne” fatta da padre Giorgio, ma a bocce ferme, a corsi iniziati, devo dire che ha centrato pienamente gli obbiettivi e la scelta delle persone che avrebbero potu­to partecipare.
Come ho già avuto modo di dire, la selezione è stata buona, anche se ho dovuto scartare almeno quat­tro ragazzi e altrettanti lavoratori. Oltre ai giovani che fanno il corso al mattino, ci sono sette tra lavoratori e insegnanti e un imprenditore, che fanno il corso al pomeriggio. Gli insegnanti dovranno poi proseguire i corsi di informatica per il villaggio e per la scuola tecnica, che ha ora solo i set­tori di meccanica, falegnameria e carpenteria metallica.

Alla fine della selezione mi sono reso conto che erano quasi tutti maschi. Solo un paio di donne... Pazienza! Lunedì sera, intervistando padre Giorgio per “Radio Incontri” di Cortona (www.radioincontri.org per chi volesse ascoltare le trasmissioni di “Volontariando” in streaming) mi ha detto che qui ci sono due scuole tecniche, una maschile ed una femminile. A questo punto ho avanzato la richiesta che i prossimi corsi di informatica siano accessibili ad ambo i sessi... la risposta è stata un “ovviamente!” che non ha lasciato spazio a dubbi, ma su­bito seguita da: “... domenica alla Messa, quando ho presentato te e il nuovo direttore della scuola tecnica ora maschile, lui ha detto che spera che alle prossime iscrizioni si iscri­vano anche le ragazze!”. A dire la verità tutto questo era stato detto in lingua “luganda” ed io, altrettanto ovviamente, non avevo capito nemmeno una paro­la!

*****

Giovedì a pranzo e cena abbiamo ospiti: passano a trovare padre Giorgio quattro trentini che vengono in Uganda da molti anni e aiutano nella costruzione di scuole e chiese. Parlano quasi solo dialetto e ci offrono un goccio di “medicina trentina”... una specie di grappa fortissima e buonissima!
Se ne vanno dopo cena, via di corsa, con una macchina strapiena di loro e dei bagagli, per partire nella notte da Entebbe.

Chissà perché da Entebbe gli aerei partono solo di notte... Anche sr. Lily parte stanotte per l'Italia e ci si ferma almeno tre mesi... spero di poterla incontrare di nuovo: l'ho conosciuta in Sud Sudan ed è veramente una suora speciale!
*****

La fatica si sente, ma dipende dal fatto che nella prima settimana si fa teoria e quindi sto in piedi tutto il tempo della lezione, in totale sei ore al giorno... quando finisco ho voglia di andare a passeggiare per sgranchirmi! Per fortuna in questi giorni non ha fatto il caldo della settimana precedente ed ha anche piovuto un paio di volte, ma senza esagerare come usa di solito qui! Sabato solo un'ora per gruppo al mattino per lasciare un po' di spazio alla pratica ed al recupero di chi è già in difficoltà. Poi … festa!
 
Oggi pomeriggio, sabato appunto, in città (si fa per dire...), a Luweero, centro commerciale (nel senso che c'è un mercato), sede di diocesi (nel senso che c'è un vescovo), ma soprattutto la fermata dei pullman di linea che vanno a nord, verso Gulu, Moyo e il Sud Sudan, ma anche verso Lira e Arua, due tra le maggiori città dell'Uganda.

Già, la fermata degli autobus è sostanziale per la vita di queste cittadine: quando arriva il pullman, come già raccontato in altre “note”, c'è l'assalto al viaggiatore affamato, un po' il contrario di quanto succede nei nostri autogrill, in cui sono i viaggiatori ad assaltare bar e toilette, qui sono i venditori di spiedini, banane cotte e crude, kassawa (manioca), acqua e bibite ad assalire i viaggiatori sugli autobus. Per le toilette... bisogna scendere e ci sono anche le toilette a pagamento! Se si ha bisogno durante il viaggio... si avvisa l'autista che si ha da fare una “short-call”, ossia una chiamata breve... tutto il mondo è paese: quanti da noi, in circostanze analoghe, dicono di dover andare a fare una telefonata?
Mi accompagna con un vecchio fuoristrada Suzuki uno dei miei “studenti”, che lavora nell'officina della scuola di meccanica.

La cittadina si estende lungo le due strade parallele, vecchia e nuova, con una serie infinita di negozi e negozietti che vendono di tutto, ma soprattutto ricariche telefoniche... Il mercato vero e proprio c'è solo al lunedì, quindi acquisti rinviati al primo lunedì in cui avrò tempo, cioè tra un mesetto...

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L'altro ieri è arrivato un camion attrezzato di gru: si è portato via una moto Guzzi 250, rossa, tipo “galletto”, che era appartenuta a padre Giannino, che è mancato lo scorso anno. Mi ha stretto il cuore... ma padre Giorgio ha detto che ha incassato una bella cifra, che serve per finire una scuola nuova. Giusto, ma forse vendendola in Italia si sarebbero ricavati soldi per tutta una scuola qui!
Ora in garage è rimasta sola una Fiat 850 Special rossa... sempre di padre Giannino!

Mi hanno detto che tempo fa, a Kasaala, in una missione dei “padri bianchi”, c'era un padre che aveva anche lui una grande moto bianca... chissà le corse in moto fra i due missionari per guadagnarsi più anime!

 

sabato 1 febbraio 2014

Kasaala, comincia il lavoro vero

 

Finalmente rilassato dopo le varie avventure degli ultimi due giorni, si comincia  a fare le cose con calma.

L'arrivo di padre Giorgio a Mbuya e i giri per Kampala per fare tutte le commis­sioni necessarie a sfruttare il viaggio mi fanno pensare che finora ho avuto una breve mezza vacanza...

L'arrivo a Kasaala è come la fine di un incubo: un po' di pranzo in ritardo, una doccia fredda e rilassante dopo tutta la polvere dei viaggi, che è entrata non solo nei pantaloni ma anche nei polmoni, è veramente curativa!

Riesco anche a fare un bel sopralluogo per decidere dell'aula e delle sistema­zioni varie, dalla scelta di tavoli e sedie all'acquisto di “ciabatte” elettriche e ri­duttori.

Una cenetta frugale, abbondante, che finisce con un ananas dolce e asprino nello stesso tempo, e poi a nanna.

Dieci ore di sonno filate sono un record per me... ma siamo quasi nella foresta, non ci sono rumori, e solo al mattino gli uccellini gialli e neri riescono a sve­gliarmi. Quasi come a casa, sulla collina toscana della Valdichiana. Ma questa è un'altra storia!

Martedì, si cominciano le interviste ai possibili partecipanti ai due corsi che penso di fare, si leggono le notizie dall'Italia, ci si convince sempre più che lì i matti sono tutti fuori e i savi tutti dentro, ma non si capisce nemmeno dove è “dentro” e dove è “fuori”. Forse sbaglio, ma, come previsto, Renzi riuscirà a far risorgere SB dopo che tutto il mondo ci ha detto “finalmente lo avete mandato a casa!”. Così ricominceremo, anche qui, a sentirci dire “italiani? Bunga, bunga!”, che non è proprio nei nostri pensieri esserlo...

*****

La settimana, tra una cosa e l'altra e quell'altra ancora, è ormai trascorsa: sono veramente soddisfatto di come stanno andando le cose!

All'arrivo ho capito che i partecipanti al corso erano da selezionare quasi com­pletamente. Padre Giorgio ha invitato, come richiesto dal progetto, insegnanti e lavoratori, e qualche studente dell'ultimo anno.

Il “Progetto Informafrica - Kasaala” è di preparare formatori in informatica, ma anche di formare qualche ragazzo già uscito dalla scuola ad avviarsi a qualche lavoro e fare un corso agli studenti dell'ultimo anno, per far acquisire loro le prime conoscenze.

La selezione è buona: ci sono persone che hanno voglia di migliorarsi e che sono disposte a pagare anche la cifra che chiediamo loro: due rate di 3 euro agli studenti e due di 6 euro ciascuna a quelli che lavorano!

I corsi saranno due: al mattino per gli studenti e al pomeriggio per gli inse­gnanti e i lavoratori. Speriamo che succeda come a Gulu, dove abbiamo trova­to il lavoro a Boniface!

*****

Alcune considerazioni già postate ieri su Facebook...

Quando la sera mi collego ad internet, vado a leggere le notizie italiane su Rai­News... penso che anche stanotte potrei avere degli incubi...

Leggo della legge elettorale, della “vendita” della Banca d'Italia, dello “schiaffo” di un questore parlamentare ad una deputata grillina, degli insulti di un grillino alle donne del PD, oltre a quelli che quotidianamente i grillini riservano a tutti coloro che i problemi li vorrebbero risolvere pacificamente e davvero... leggo di processi di ogni genere, di omicidi sul lavoro, contro le donne (odio il termine abusato ed improprio di “femminicidio”)... leggo dei consueti disastri ambienta­li, della voracità di molti politici e funzionari statali, locali e non, di giudici che dicono che non è reato regalare una casa ad insaputa del beneficiario, anche se questi ricopre un ruolo istituzionale di primo ordine...

Qualcuno mi chiede, qui, cosa ne penso della situazione italiana! Mi vedo costretto a rispondere, mio malgrado e malgrado l'amore che nu­tro per la Bella Italia, quella storica, dell'arte, della musica, della natura: “E' un casino!”... non certo pensando alle case chiuse...

Temo proprio che gli italiani siano un popolo sostanzialmente immorale ed im­preparato all'etica politica, sociale, economica, umana.

Un popolo che continua a mantenere al potere SB, noto e condannato come evasore fiscale, probabile corruttore di alti gradi dello Stato (dai giudici agli uf­ficiali della Guardia di Finanza), probabile compratore di ragazze per uso im­proprio e personale, anche minorenni, un sicuro faccendiere della finanza glo­balizzata e via di questo passo, un popolo così non può che essere colluso e connivente!

Aggiungiamo a questo l'ascesa “democratica” di un comico con lo spirito della distruzione del sistema e il progetto della sostituzione dello stesso con la per­sona sua e di qualche consociato...

Aggiungiamo ancora che il partito che avrebbe dovuto salvaguardare l'Italia da tutto ciò: in parte è colluso con i “di cui sopra”; in parte è ancora legato ad una tradizione politica ormai morta e sepolta (la sinistra ex-PCI); in parte considera la possibilità di un agire politico etico, ma è incapace di sopportarne il peso (l'ex-Ulivo,ex-Margherita, ecc.); un'ultima parte è costituita da chi ha chiara­mente la maggioranza (Renzi), legata al modello dell'evasore e del comico, quelli cioè che dicono di volere un cambiamento ma non sanno cosa e come cambiare, probabilmente perché i loro personali interessi ne sarebbero scon­volti e i loro “promotori” (le varie lobbie delle armi, del gioco d'azzardo, dell'e­vasione fiscale a tutto campo, e così via) li ribalterebbero in un minuto!

Detto questo... mi vien voglia di rimanere in Uganda!

 

giovedì 30 gennaio 2014

Considerazioni a ruota libera



Benny fa fatica, come gli altri giovani presenti, italiani e non, ad accettare il modo di vita de­gli africani: dicono che sono lenti, che non rispettano gli impe­gni, che non tutti hanno la “giusta voglia” di lavorare.

Credo che sia solo un problema di pazienza ed accettazione rispettosa di molte differenze di vario genere.

Il primo problema è dato dalla cultura millenaria: nessuno lavora più di tanto perché è sufficiente ciò che si ha, ognuno per sé; nessuno o quasi coltiva per vendere, ma ognuno mangia ciò che produce; fino a pochi anni fa la terra era di tutti: magari qualche volta si ammazzavano per la scelta del posto, ma non c'era la proprietà privata.

Suor Dorina racconta come una ventina di anni fa i “Comboni Samaritans Gulu” hanno aiutato le famiglie anche facendo loro prestiti per acquistare la terra per coltivare qualcosa di più perché la famiglia era cresciuta troppo.
Ora lo stato sta facendo una specie di catasto, anche perché gli occidentali e i cinesi stanno “comprando” le terre per le coltivazioni e mandano via interi vil­laggi, senza alcun riguardo per chi ci vive, usando anche le ruspe e le armi.

Secondo problema è quello naturale del clima: si lavora al mattino presto (ma noi cominciamo tardi!) mentre fa ancora fresco, ma dalle 12 alle 16 la tempe­ratura, soprattutto in questa stagione, è elevata e ci si stanca subito. Quindi la vita riprende nel pomeriggio, dopo una breve interruzione e continua dopo il tramonto (alle 18.30/19).
La lentezza e i tempi della natura rendono le persone più calme, meno esagita­te che da noi: non hanno nulla, quello che arriva è una grazia, perché correre? Noi dobbiamo correre per il biscottino del “Mulino Bianco”, per la “Golf Take&Sound” e per l'ultimo modello di iPhone con cui rompere le scatole du­rante le cene conviviali... Bell'esempio, il nostro!

Ragazzi, ma vi pare che si stia meglio qui o nel caos globalizzato? La prima ri­sposta è semplice, anche se per me non condivisibile: mi manca il “pub”...
Vero che poi a qualcuno mancano anche gli amici e le belle città italiane, ma lo shopping si fa anche qui, in mezzo alla polvere magari, alle mosche, ai bambini nudi con il naso gocciolante, alle donne che fanno la siesta sui vestiti in vendi­ta... ma è uno spettacolo di vita e di varia umanità impagabile! Il mercato è veramente uno spettacolo da non mancare! Oltretutto è lo specchio di come la gente vive, degli strumenti che usa, dei prodotti che usa, ma che non getta via per oltre la metà...

Qui si consuma tutto, si usano solo leggerissimi sacchetti di plastica per confe­zione, e quando qualcosa non va più bene... si Ripara, si Ricicla, si Riutilizza... usando le “RI” di Serge Latouche...

*****

Tutto è bene ciò che finisce bene... Il corso è finito e siamo tutti contenti di come è andato: qualche assenza di troppo, qualche ritardo dovuto all'assenza degli orologi, ma anche agli impegni di lavoro di qualcuno, ma tutti sono usciti arricchiti, anche noi, quanto meno in pazienza.

Io sono particolarmente soddisfatto perché penso ai due allievi che hanno lavo­ri umilissimi e ora sono riusciti a dimostrare che con un po' di aiuto possono fare molto meglio e ancora di più per un altro che, senza lavoro, forse lo potrà avere attraverso o all'interno della struttura stessa dei Comboni Samaritans.

Ai saluti finali ho voluto ricordare proprio che il proposito degli “Informatici Senza Frontiere” è di ridurre il “digital divide”: oggi abbiamo raggiunto il nostro obbiettivo con queste tre persone.

*****

Sfruttando il pomeriggio del sabato, domani mattina si parte dopo colazione, vogliamo andare “in città” a fare le ultime compere di ricordini, salutare gli amici che lavorano in città, farci qualche foto di testimonianza che siamo qui.

Questo sarebbe stato il programma...

A pranzo Benny ha sintomi di febbre: speriamo non sia nulla! Ha fatto le vacci­nazioni di rito, ha preso il “Malarone” contro la malaria, ha mangiato sempre bene e non ha avuto altri sintomi, quindi sono abbastanza tranquillo.
Nel primo pomeriggio la febbre sale: unica soluzione è quella di an­dare al pronto soccorso dell'ospedale di Lacor, dove risiede anche suor Dorina, ovviamente in “boda-boda”, cinque chilometri su una “pista nazionale”...

Fortunatamente è troppo presto per la malaria, che non avrebbe avuto il tempo per l'incubazione, il pronto soccorso è superlativo: esame del sangue completo, immediato, dottori professionalmente preparatissimi ed anche umanamente!
Una piccola infezione gastro-intestinale, curata con una leggera dose di anti­biotico e il paracetamolo per la febbre. Già la sera Benny sta meglio.
Al mattino, dopo un lungo sonno, Benny si alza pimpante e fresco come niente fosse successo. Unica precauzione per il viaggio: tanta spremuta di limone in­vece dell'acqua.

Arriviamo a Kampala in tempo per fare due passi, riposarci bene e a mezzanot­te lo accompagnamo ad Entebbe per la partenza.
All'ingresso dell'aeroporto c'è un blocco della polizia che perquisisce me e Ben­ny, ma non Masimo e l'autista e nemmeno i bagagli... facce da delinquenti? Chi può dirlo?

Lasciamo Benny, che partirà alle 5 per Istanbul, e noi andiamo finalmente a dormire!

 

Chi male comincia... ripara e riparte!


 
 
Sabato mattina alle 9, appena finita la colazione dalle suore comboniane di Mbuya, che sono veramente ospitali, arriva il pick-up che ci porterà a Kasaala e a Gulu. Con un po' di sorpresa non c'è solo l'autista ma anche una raffinatissi­ma signora, magra, alta, gentilissima, che ci dà il “welcome!” di rito. Scopro solo più tardi che è la sorella del General Manager.

Viaggio ottimo, giornata buona. La sosta a Kasaala, verso mezzogiorno, con spuntino di ananas di Luweero offerte dall'amico padre Giorgio, responsabile della missione in cui verrò tra una settimana. Benny comincia a reagire positi­vamente: quell'ananas è molto diverso da quelli che arrivano sulle tavole euro­pee.

Verso le due e mezza arriviamo al “Kaffu Bridge”, sosta quasi obbligata nel viaggio da Kampala a Gulu e viceversa (360 chilometri di strada in parte buo­na, ma che richiede almeno cinque-sei ore di percorrenza). L'assalto dei vendi­tori di “viveri” è in­credibile: si sono anche organizzati con i giubbini leggeri del­lo stesso colore e numerati! Chi vende gli spiedini di carne e di fegato, chi la “soda” (le bibite dol­ci), chi l'acqua gelata e infine ci sono anche manioca e ba­nane cotte alla brace. Si sono evoluti: ora le danno in un tovagliolino e non più nella carta di giornale! Avranno avuto qualche contestazione dalla ASL o dai NAS?

Resta però uno spettacolo di gente colorata, festosa e bisognosa di vendere il poco che produce. Spiedini ottimi, come le bananine alla brace!

Il “welcome” a Gulu è quello sorridente ed allegro di Valerio, responsabile della nuova “guest-house”: dall'ultima volta che sono stato qui, l'accoglienza ha rag­giunto i dodici posti letto, una sala da pranzo, ed anche una buona organizza­zione. La vecchia sala da pranzo è diventata bar e un gazebo usato come depo­sito legna è diventato una specie di “roof-garden” da far invidia!
Si lasciano i bagagli e... via a Gulu centro in “boda” per le stradine sterrate per comprare gli infradito di gomma e l'acqua.

Rientriamo a piedi, tanto per sgranchirci dal viaggio, poi cena e almeno dieci ore di sonno filato come raramente succede.

*****

La domenica passa, nell'attesa che arrivi qualcuno ad aprirci l'aula per il corso, con uno spettacolino offerto dai ragazzini, figli delle persone in disagio che vi­vono o lavorano qui. Non arriva nessuno. Prepareremo tutto domani mattina.

Colpa dei nostri orologi che sono rimasti sull'ora europea e non sono ancora adeguati per l'”African Time”... e niente connessione internet perché qualcuno ha tolto la corrente al server. Così ci disintossichiamo!

*****

Lunedì mattina.
Si comincia dalla presentazione degli ospiti, che oggi siamo noi, alla comunità, dopo la preghiera del mattino.
Poi colleghiamo i computer e con un'ora di ritardo si comincia. Non male!

Il corso di Gulu, come detto, è progettato per approfondire la preparazione de­gli insegnanti formati nell'autunno 2012 qui e nell'autunno 2011 in Sud Sudan.
A causa della guerra, i sud-sudanesi non possono venire: troppo pericoloso viaggiare anche nella zona meridionale, perché la guerra è sostanzialmente una questione tra etnie che non hanno confini delimitati, anche perché sono i Nuer e i Dinka sono etnie pastorali e tendenzialmente nomadi. Peccato... erano forse i migliori e quelli più meritevoli!

Rimaniamo con due insegnanti ugandesi e tre ex-allievi che non avevano rag­giunto il target per l'insegnamento. Viste le motivazioni facciamo, sicuramente con rammarico, buon viso a cattiva sorte.

*****

Dopo cinque giorni di permanenza devo dire che stiamo vivendo bene questa esperienza, prima per Benny ed ennesima per me: si mangia piuttosto bene anche senza esagerare nelle quantità; cominciamo ad avere appetito all'ora del prossimo pasto, quindi giusto! Anche la scelta dei menu, che viene fatta da Va­lerio, è molto equilibrata: pasta o riso o “posho” (polenta di mais bianco) e, per la cena, minestra o passato; poca carne, solitamente con sughi ottimi o fritta o impanata; verdure o patate o banane, cotte e crude; frutta di stagione e loca­le. Ora ci sono degli ananas “da sballo”...

Si beve moltissima acqua, data anche la temperatura, che varia tra 15°-18° al mattino e 35°-40° del primo pomeriggio; ogni tanto qualcuno tra i giovani coo­peranti e volontari si prende un birra locale.

Si sentono lontani dal “pub” sotto casa... Io, che sono ovviamente il “vecio” della compagnia, cerco di mantenermi austero per dare un po' di buon esem­pio, ma qualche birra la bevo!

*****

Mercoledì. Colgo l'occasione per registrare due interviste per Radio Incontri di Cortona: spero di riuscire a mandarle via internet in modo che vengano man­date in onda nella trasmissione di sabato. Intervisto Valerio e Giovanni, un vo­lontario e un cooperante: mi sembrano proprio interessanti!

Siamo al giro di boa... ultimi due giorni di lezione, poi sabato libero e domenica rientro a Kampala per la partenza di Benny e per il mio cambio verso Kasaala.

martedì 21 gennaio 2014

Un nuovo progetto in Uganda



Le mie “note di viaggio” si erano fermate a novembre di due anni fa, con un “arrivederci in Uganda ad ottobre 2013”.

Ricomincio a raccontare la “mia Africa” con quattro mesi di ritardo, per via di un cambio di programma indesiderato ma necessario. Passati i primi otto/dieci mesi in Italia devo dire che ho cominciato a “friggere”... il caldo italiano è di­verso da quello arso di Gulu, ma anche da quello umido di Kampala: trecento chilometri di distanza con un abisso di diversità di clima, ma sempre Africa è. E poi, per dirla senza peli sulla lingua, la situazione italiana è tale da spingere chiunque desideri vivere serenamente ad andare a cercare qualche posto meno esagitato e senza i contrasti che oggi si vivono sulla pelle dei cittadini, ovvia­mente anche per causa degli stessi.

Il progetto è questa volta doppio, tanto per risparmiare anche sul viaggio e riu­scire a dare qualcosa di più a qualcuno in più.
Il primo progetto, quello per intenderci che aveva provocato il mio “arrivederci”, è di installare una nuova aula di informatica nella missione com­boniana di Kasaala, nel cuore dell'Uganda, nella foresta, ma forse meglio nella giungla, anche se a qualche chilometro dalla città di Luuwero, sede diocesi ed importante centro commerciale e di produzione di ananas e banane.
A questo progetto sono riuscito ad “attaccarne” un altro, un po' più difficile da realizzare, ma interessante sotto diversi aspetti.
Questo progetto concerne un corso di secondo livello indirizzato a coloro che hanno ottenuto i migliori risultati nei corsi precedenti in Uganda e Sud Sudan. A questo progetto partecipa anche un giovane collega di ISF, al suo primo viag­gio in Africa, che si prende le ferie per fare questa nuova esperienza. Ottimo! In due si lavora meglio, ci si diverte anche di più, ma si continua a parlare bi­lingue: in italiano tra noi e in inglese in presenza di altre persone.

Appuntamento il 16 gennaio all'aeroporto di Fiumicino per partire con un volo di “Turkish Airlines” che andrà ad Entebbe passando per Istanbul. Dopo aver visto dall'alto Istanbul ed aver trascorso quattro ore nell'aeroporto a guardare le vetrine, ripartiamo per quella che pensiamo sia la seconda ed ultima tappa, anche se, dai conti fatti, ci sembra strano che occorrano nove ore per un volo di normalmente cinque o sei ore... All'imbarco scopriamo che prima andiamo a fare tappa a Kigali, capitale del Rwanda, a sud dell'Uganda! Poi si torna indietro verso Istanbul, ma facendo tappa ad Entebbe, aeroporto di Kampala, capitale dell'Uganda.
Viaggio ottimo. Qualche piccola nota sul comportamento del personale del check-in e di bordo: sembra di essere in Germania con regole turche... poche regole, forse nessuna, ma l'obbligo di rispettarle rigidamente...
Così si deve discutere sul peso dei bagagli per la stiva, poi su quello dei bagagli a mano, che vengono pesati all'ingresso con la possibilità poi di fare spesa nel centro “duty free” (fuori dogana)...
Un po' meglio a bordo ma con posti diversi da quelli prenotati, ecc.

Insomma, tutto il modo è paese ed ognuno mette le regole che vuole dove vuole e dove può!

L'arrivo ad Entebbe è puntualissimo, peccato che siano le 4.20 del mattino: la sorella dell'organizzazione si è ammalata e ha dimenticato di avvisare del no­stro arrivo, così aspettiamo fino alle 6, poi decidiamo di andare almeno a Kam­pala con un taxi. Tanto per far arrivare un'ora in cui si possa telefonare a qual­cuno e veder sorgere il sole dalle sponde del Lago Victoria, mentre ad ovest sta avviandosi al tramonto una luna piena ancora brillantissima, e Kampala è an­negata in un mare di nebbia che noi vediamo dall'alto! Uno spettacolo vissuto qualche giorno fa ad Assisi. Andando a salutare il “poverello” prima della par­tenza, avevo visto dall'Eremo delle Carceri solo la Rocca Maggiore emergere dal mare di nebbia che faceva risaltare i confini della valle spoletina con quella tiberina.
Un bel bis in altro continente, altro paesaggio, ma sempre “nostra sorella Ter­ra” che mi affascina sempre in tutte le sue forme.

Arrivati a Kampala. Scopriamo che la compagnia di bus per Gulu ha chiuso. Riusciamo a contattare i responsabili dell'organizzazione, che ci chiedono di an­dare dai comboniani per un giorno e una notte: sabato verrà a prenderci un'auto per portarci a Kasaala a lasciare i dieci notebook che la provincia di Bolzano e il Centro Giovani Via Vintola, sempre di Bolzano, ci hanno donato e sistemato per il progetto, e poi proseguire per Gulu.
Approfitto della situazione e faccio fare la prima esperienza da “Camel Trophy” all'amico Benny: andiamo dai comboniani con tutti i bagagli usando due “boda-boda” (i moto-taxi che sfrecciano nel traffico convulso di una capitale qualsiasi)!
Sopravvissuti ed arrivati, sani, salvi e con i computer intatti!

Riposo, visita al quartiere e al mercato di Bugolobi e poi ancora riposo... abbia­mo saltato una notte di sonno e ne abbiamo bisogno! Ringraziando le suore comboniane di Kampala che ci hanno ampiamente rifocillato...