Progetto INFORMAFRICA


Ridurre il "digital divide" portando la nostra CONOSCENZA
in modo ETICO e RESPONSABILE, ma non i nostri "modelli di vita"

lunedì 26 marzo 2018

5 – Quattro giorni di Africa pura




In questa settimana che precede la Settimana Santa sono voluto e dovuto andare a fare un giro per le “classi di informatica” fatte e quelle da fare.
Armato di grande pazienza, non avendo altri mezzi a disposizione, ho fatto an­cora una volta il “mzungu africanizzato”: lo sono… Mi fa piacere e mi dà anche gioia stare in mezzo a queste persone, a questa gente, sentirla parlare, urlare, ridere… vedere come si stanno “modernizzando” attraverso l’uso di un telefoni­no cinese anche da pochi soldi… vedere come l’”ITC” (tecnologia dell’informa­zione e della comunicazione) sta invadendo anche la loro vita e sta facendo su­perare loro il “gap” tecnologico, storico, artistico, conoscitivo che li separa dal mondo occidentale.
Purtroppo questo non è solo un bene, visto che stanno imparando anche le tec­niche di mercato, le frodi fiscali (ma sempre a danno di altri truffatori!) e tante altre cose poco buone che il mondo capitalistico-finanziario insegna a noi e a loro…

Andare a Lira è solo questione di tempo: la strada è ottima, asfaltata ed abba­stanza larga, almeno fuori Kampala… Per uscire dalla città occorrono sempre al­meno 45-60 minuti, che in confronto all’eternità sono niente, ma su un viaggio di 330 chilometri, spostano la media da quattro/cinque ore ad almeno sei o set­te…
Ripasso il Nilo a Karuma, dove c’è uno dei pochissimi ponti in Uganda, (quello per cui mi sono svegliato all’improvviso nella notte in cui andavo a Moyo…): oggi è giorno e l’effetto è inferiore; dopo il ponte sono aumentate e di molto le scimmie che stanno sedute sul guard-rail aspettando che qualche passante lan­ci loro da mangiare.
Poi ci si ferma per “una telefonata breve” in un piazzale di rifornimento carbu­ranti con un ristorante self-service e confezioni da asporto, ed un piccolo super­mercato stampo autogrill… La corsa alle toilette è più che prevedibile, ed in ef­fetti sono molte e tenute ai livelli minimi di decenza… altro che lamentarsi delle nostre! Partito alle 10.30, arrivo alle 17 appena scoccate: fratel Gilberto è pun­tualissimo ad aspettarmi al “taxi-park” ed a portarmi alla missione di Ngetta, dove per prima cosa, come in ogni missione che si rispetti, c’è l’accoglienza con un caffè quasi all’italiana, qualche frutto locale ed una doccia ristoratrice.

Programma di un giorno, il successivo, piuttosto intenso: saluto al vescovo “che puzza di pecora”, appena incontrato a Kampala, giretto in città e poi si torna a parlare con il responsabile della scuola tecnica per vedere se ci sono novità, sentirsi dire che negli ultimi due anni sono passati un centinaio di ragazzi ad imparare l’uso dei computer, e programmare un aggiornamento dei pc per il prossimo giro. Pomeriggio con padre Cosimo, responsabile del Centro Cateche­tico, ed il vescovo che passa ancora una volta a salutarmi: la mattina era impe­gnatissimo e c’era stato solo il tempo per un “ciao, passo a salutarti nel pome­riggio!”. Peccato che sia dimissionario per ragioni di età…

Mercoledì mattina ho in programma il trasferimento a Kalongo, un villaggio nel­la savana cresciuto grazie al dr. Giuseppe Ambrosoli, quello che lasciò l’azienda di caramelle al miele più famosa al mondo, per andare “ad aiutarli a casa loro”…
Il viaggio è buono: il taxi da 8 posti è confortevole, anche se i passeggeri, con il conducente, sono una dozzina, la strada molto meno… Dopo alcuni chilometri, a causa delle prime piogge, è già pieno di buche ed attraversamenti di acqua. Il paesaggio è quello della Karamoja e del Sud Sudan: piante basse, coltivazioni di kassava, poche papaye e banani, qualche mango e qualche grande albero ogni tanto. Per il resto capre e mucche con la gobba, come i bisonti, proprio come in Sud Sudan. Persone che camminano a piedi lungo le strade, ricoperte dalla polvere dei pochi veicoli che passano senza riguardo, e che sembra non si debbano fermare mai, dato che i villaggi di tucul coperti con il sorgo, sono bassi e quasi invisibili all’occhio non esperto.

Per portare tutti a destinazione, si fanno giri e controgiri nella savana, sotto un bel sole caldo (30 e passa gradi all’ombra): alla fine impieghiamo 4 ore e mez­zo percorrendo circa 150 chilometri… siamo nella media dei 30 km/h… ma qui nessuno ha fretta!

Il villaggio di Kalongo, a ridosso di uno sperone roccioso che ricorda Monselice, è relativamente piccolo, sviluppato lungo la strada principale e le poche adia­centi. Il centro è proprio l’ospedale, con a fianco la parrocchia e la missione comboniana.

Qui trovo due dei tre padri che ci lavorano: uno, purtroppo, è mancato a gen­naio e uno è in Italia per le vacanze triennali. Padre Ramon, che viene dall’Equador, mi ha chiesto di attivare una nuova “aula di informatica” nel cen­tro giovanile della parrocchia, come già fatto a Mapuordit e Yirol in Sud Sudan. Ottima idea e locali disponibili senza nemmeno bisogno dei pannelli solari, vista la connessione all’energia elettrica dell’ospedale 24 ore su 24.
I laptop li ho già disponibili dal progetto congolese di Nyantende, sospeso fino a nuova data, ed ISF mi ha già dato un ok di massima…

Parliamo del progetto anche con padre Guido Miotti, parroco, valtellinese puro sangue, di Caspoggio (Val Malenco), dice di avere 87 anni, ma è più vivace di me; padre Ramon dice che non mangia e non capisce di cosa viva, ma forse è proprio in una sana e contenuta alimentazione il suo segreto: lunga vita!
Visto che il progetto raggiunge si e no i 5.000 euro, decidiamo di farlo fare solo a “Informatici Senza Frontiere” e parrocchia comboniana.

Mercoledì mattina riparto presto, alle 8.30, per tornare a Kampala, passando da Gulu, un po’ per fare una strada diversa e vedere un nuovo paesaggio, un po’ per incontrare un amico conosciuto in Sud Sudan diversi anni fa, e che è di rientro per Pasqua a casa.
La mia idea di una nuova strada e di un nuovo paesaggio è subito ridimensiona­ta dall’autista del piccolo bus: ripercorre la strada verso Lira, fino a Pader e Rogkoko, quindi per almeno un’ottantina di chilometri, di cui una trentina di strada di tipo sud-sudanese… molte buche con intorno pezzi di strada battuta…
Dopo Rogkoko si gira a destra in direzione di Gulu, che si raggiunge dopo le 13, dopo aver soccorso un’auto in panne ed averla trainata per una cinquantina di chilometri con almeno cinque “strappi” della corda di traino…
Anche questi sono “colori africani”: nessuno che si sia lamentato, solo qualche commento ironico e molte risate. La solidarietà è anche questo: condividere i problemi degli altri e trovarne insieme una soluzione nella calma e nella gioia. Alla faccia del nostro egoismo.

Arrivato a Gulu, ho giusto il tempo di trovare un bus che parte alle tre e mezzo, fare un pranzo velocissimo (carne di capra e patatine fritte) e le quattro chiac­chiere di rito dopo tanto tempo che non ci si vede.

Il viaggio verso Kampala (320 chilometri) promette bene, anche se l’ora è cal­dissima, ed il sole si fa proprio sentire… ma il traffico è intenso e la strada, fini­ta due anni fa è già assolutamente insufficiente.
Arriviamo alla periferia di Kampala verso le 20… Gli ultimi chilometri, dalla peri­feria alla stazione bus, ci impegnano per due ore! Scendo dal bus con il sedere che si rifiuta di stare seduto (quasi dodici ore totali di bus da stamattina): pren­do una moto e arrivo a Mbuya in un quarto d’ora.
Buonanotte!



Per AIUTARE la scuola
e i bimbi di BUKUNDA:

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Codice IBAN:                    IT72Q 06175 14110 000009 208370

NON IMPORTA QUANTO e COME… MA… AIUTATECI!!

Per ulteriori informazioni:

martedì 20 marzo 2018

"Scuola di Bukunda News" - 8 - PASQUA 2018







Carissimi Amici,

 


Una nuova lettera in pochi giorni?

Ma che “strarompi” questo nostro amico!

Peggio che se fosse in Italia…

Ma cosa vuole ancora? Soldi, sempre soldi?…

 
Beh… alla fine tutto si riduce ad un valore economico, e si misura in de­naro…Magari da chi non ha ancora avuto la possibilità di contribuire…

Sapete quanto è costata la scuola di Bukunda, completa di pavimento, porte e inferriate e intonacata?
Dal primo numero di queste “news” ho pubblicato il budget preventivo, fornitomi dal villaggio, e poi, man mano ho comunicato tutte le variazio­ni al progetto, nel bene e nel male…
Ma il denaro richiesto è sempre stato di circa 10.000 euro, pari a circa 40.000.000 di scellini ugandesi…

Nelle variazioni abbiamo avuto quella principale, che ha portato la scuola a sette aule, anziché cinque (già spiegate ampiamente le motivazioni) per motivi di uniformità di costruzione, stabilità dell’edificio ed anche perché c’è stata una riduzione del numero delle finestre rispetto a quelle previste nel progetto base.
Poi abbiamo dovuto considerare il tetto più grande, date le cambiate di­mensioni dello stabile, ed anche per motivi di sicurezza: il tetto, inizial­mente previsto a due lati (fronte e dietro) è stato fatto con quattro lati, che ha aumentato il numero dei fogli di ferro necessari (da 120 a 180), ma, per fortuna, nel tempo trascorso, il prezzo dei fogli è sceso da quasi 8 euro a poco meno di 7 e lo scellino ugandese è anch’esso diminuito un po’ di valore.

Oggi, come già anticipato nella precedente “news”, siamo quasi arrivati: dobbiamo ancora pagare (e mettere) porte e inferriate e intonacare. In totale mancano tra i 2.000 e i 2.500 euro.
Abbiamo già destinato anche una parte delle somme ricevute, all’acqui­sto dei libri, in ragione di uno ogni 3 bimbi delle prime quattro classi e di uno ogni bimbo per le ultime tre classi.

La domenica dopo Pasqua inaugureremo la scuola così come è: le prime cinque aule saranno completate; le ultime due (quelle aggiunte dopo) verranno messe in uso dalla fine dell’anno.
Il mio grande desiderio, oggi, sarebbe quello di finire di pagare tutto en­tro Pasqua… Sarebbe molto significativo: l’Avvento e il Natale ci hanno portato fino al tetto, con la generosità che avete dimostrato!
Contiamo che la fine della Quaresima e la Pasqua ci portino al termine, a dire il vero assai prossimo, della scuola “in toto”. Io conto su di voi, ami­ci cari, e sulla vostra generosità.
Se riusciremo a terminare l’edificio, salvo le finiture delle ultime due aule, avremo compiuto un gesto di generosità veramente degno del po­polo Italiano, che anche qui si contraddistingue quasi sempre (purtrop­po “quasi”), per essere un popolo generoso e lavoratore.

Per terminare questo “sproloquio” voglio tornare all’inizio: 10.000 euro per una scuola...Quando facciamo benzina alla nostra auto spendiamo 80 euro… quando andiamo a mangiare un pizza con una birra e un dolce spendiamo almeno 20 euro… quando compriamo un telefonino spendia­mo dai 200 ai 400 euro come minimo…


Buona Pasqua a tutti! Grazie di cuore!



Per CONTRIBUIRE per la scuola di BUKUNDA:

Bonifico bancario sul seguente IBAN:
BANCA CARIGE : Progetto Bukunda
Codice IBAN: IT72Q 06175 14110 000009 208370

NON IMPORTA QUANTO e COME… MA… AIUTATECI!!