Progetto INFORMAFRICA


Ridurre il "digital divide" portando la nostra CONOSCENZA
in modo ETICO e RESPONSABILE, ma non i nostri "modelli di vita"

lunedì 29 novembre 2010

Legni incrociati e fango

Oggi avrebbe dovuto essere una giornata “normale”… Stamattina, mentre facevo un break durante la scrittura di queste “note” è arrivato James Laat Abut, il responsabile della “scuola di periferia”: nel suo circondario, quello dei lebbrosi, è morta una donna e devono fare il funerale; il corpo è ancora all’ospedale dove l’hanno portata all’ultimo istante. Gli chiedo di andare con lui a casa della defunta.
Assisto così alla preparazione della tomba, in un angolo del cortile; un paio di metri in lunghezza, un metro in larghezza e quasi due metri di profondità. La terra che si calpesta è grigia, quasi ardesia, ma scavando diventa sempre più rossa: è come creta, soda, ma friabilissima. Quando è ormai l’una ed il sole è quasi al vertice finiscono lo scavo e la finitura ed un parente e James vanno a prendere il corpo all’ospedale: tornano mezz’ora dopo con padre Antoine, il corpo della donna morta e un paio di infermieri. Si passa il cadavere, avvolto in una coperta, direttamente dal cassone del pick-up alla fossa.
Il rito funebre, la benedizione, il primo pugno di terra gettato dal sacerdote. Poi gli uomini mettono uno strato di legni incrociati e del fango per fare la “cassa”; sopra la terra asciutta. Tornerò domani a dare un saluto ai parenti e a vedere la tomba finita.

Da domenica continua, tutti i pomeriggi, l’incontro di “ayaang” tra le varie tribù: pare che si tratti di una vecchia usanza dei pastori. Alla fine della stagione delle piogge, quando i pascoli si seccano e vengono bruciati, sono costretti alla transumanza e festeggiano il periodo dell’ingrasso passato nei “cattle camp” della zona con questi giorni di sport e danze.

sabato 27 novembre 2010

Ayaang

Questa domenica padre Daniele ha organizzato un incontro di “Ayaang” (quello che in occidente si chiama “wrestling”). Pare che questa disciplina marziale sia nata da queste parti, ed ancora si pratica fra i vari gruppi tribali. E’ in pratica, una specie di lotta greco-romana, contornata di danze e costumi proprio del luogo, in cui la “paura” che si fa all’avversario è di grande importanza: di qui i trucchi spaventosi, i costumi che riprendono i colori delle pelli degli animali feroci, le lance. Ma la lotta vera e propria deve essere perfettamente leale, e gli arbitri sono i capi anziani delle tribù, con tanto di frustino di erbe per punire i propri contendenti sleali (e quelli che perdono!).
I due gruppi si schierano su fronti contrapposti di un grande piazzale: al centro gli arbitri e almeno qualche soldato e poliziotto armati (semmai si passasse alla lotta vera e propria!); poi uno per parte si scontrano in combattimenti assai veloci della durata di pochi minuti: chi vince viene esaltato dalla sua parte, chi perde viene, ovviamente, ignorato.
Dopo una decina di combattimenti le squadre decidono che sia finita ed i gruppi si uniscono in uno spettacolo di danze al rullo dei tamburi. Festa di musica, di colori e di polvere.

In mattinata i padri “Apostoli di Gesù” mi avevano invitato ad andare a fare un giro in auto fino a Mvolo, un villaggio all’incrocio di due strade, su un fiume. All’andata abbiamo passato il vicino villaggio di Aguran, completamente invisibile dalla strada, salvo il mercato: è completamente immerso nella savana ed il sorgo, il bambù ed il mais lo nascondono a qualsiasi vista; l’unico motivo per pensare ad un villaggio vicino, sono le donne e i ragazzini che si vedono lungo la strada portare sulla testa le loro mercanzie di ogni genere. A Mvolo ci sono ben due antenne di ripetitori telefonici, così si potrebbe anche telefonare… Il fiume è molto sporco di terra e sabbia, ma i ragazzi ci fanno il bagno nudi; un camion si è rovesciato qualche tempo fa dal ponte e nessuno lo ha ancora recuperato; il ponte di ferro, danneggiato, è senza spallette di alcun genere.
Ci fermiamo a fare qualche foto sul fiume; tiriamo fuori dai guai uno sprovveduto che si è messo a lavare il suo “landcruiser” in riva al fiume, ma non gli parte più, a rischio di finirci dentro. Alla fine ci sediamo ad un bar per bere una “soda”, come chiamano qui le bevande gasate. La scelta qui, come a Rumbek, è tra Pepsi, CocaCola, SevenUp, Mango e acqua. Incontriamo anche un prete diocesano che si sta occupando delle registrazioni per il Referendum. Qui siamo nella provincia dell’Ovest.
Al ritorno padre Mark decide di farci passare attraverso la savana, su una pista che arriva direttamente a Mapuordit: è veramente bello il paesaggio, anche se semidesertico. Ci sono grandi pezzi di terreno pieni di “case” delle termiti, che qui imperversano.

Veramente una mattinata interessante!

giovedì 25 novembre 2010

La “promozione"

Dopo una settimana impegnata nella normalità della routine (la scuola di periferia, il corso agli insegnanti che sta volgendo al termine), la passeggiata quotidiana in cerca di qualche foto interessante, siamo arrivati, almeno alla scuola secondaria, al momento dell’esame finale agli insegnanti.

Come per tutti gli allievi del mondo, anche per loro è stato un “momento difficile”! Nonostante la preparazione e gli esercizi fatti fare, la paura ha fatto 90… e sulla parte relativa all’hardware, la memoria è crollata al livello dello zero assoluto. Ma tutto sommato penso che sia giusto così: la difficoltà di insegnare in un inglese diverso dal loro, e quindi per loro molte cose non erano chiare; il gergo informatico assolutamente nuovo per chi non ha mai avuto un pc fra le mani; l’abitudine ad insegnare e non più ad imparare; tutte motivazioni che hanno reso il corso un po’ più difficile del dovuto. Devo dire che però ho avuto una doppia soddisfazione: la prima di aver portato quasi tutti ad un buon livello di interesse e di utilizzo almeno di Word e ad una conoscenza ed un interesse particolari verso il “foglio elettronico” (Excel); ma soprattutto la “promozione” che mi hanno dato con la loro votazione gli allievi… quasi a pieni voti!

Questa motivazione mi spinge a continuare questa esperienza, magari ripetendola in modo più organizzato il prossimo anno.
La cosa che più è difficile qui, per chi vuole andare avanti e ne avrebbe le capacità, è di non avere gli strumenti necessari per esercitarsi: occorrerebbe (ed è nei progetti di padre Daniele) un “centro informatico” in cui si fa scuola, ma si fa anche esercitazione pratica, oltre le ore di lezione. Al momento mancano ancora anche i muri. Io cercherò di trovare una decina di pc per poter attivare una “classe” completa, come nella scuola secondaria.

domenica 21 novembre 2010

Vogliamo che tu rimanga!

Ho preso l’abitudine, dopo la scuola, di andare a fare un giro in “centro”, dove c’è il mercato, l’albero della polizia, quello degli anziani, quello delle commercianti, il container-prigione, il “referendum center”… Mi piace vedere la gente in giro, salutare gli anziani e i bambini che mi chiedono: “Hallo!... Tura… Ciao! Mi fai una foto?” e le ragazzine, assai intraprendenti anche da poco più che bimbe, che lanciano “occhiate assassine”… e ti fanno abbassare gli occhi per non sentirti pedofilo…

Tutta questa aria mi fa anche meditare molto, sia durante il vagabondare, sia durante i momenti di preghiera e di silenzio, durante la giornata ed alla sera. Questa relativa lentezza dei tempi, perché in realtà le giornate sono piene, rende la mente più fertile, aiuta a mettere a fuoco tanti aspetti che nei ritmi del mondo occidentale non si riesce più nemmeno a pensare che ci siano.
Forse sto proprio cercando di smaltire il mondo occidentale e di dimenticarlo. Ovvio che spesso si fanno raffronti, ma qui sono praticamente inutili: come chiedere la differenza tra un brano musicale ed un quadro, o tra una automobile ed un televisore...

La differenza tra il mondo occidentale e questo NON C'E'! Sono due mondi completamente diversi...
Ieri pomeriggio, dopo internet, sono andato a fare due passi verso il centro: sotto un albero c'era la "riunione degli anziani" che ho salutato e mi hanno accolto calorosamente (sarà per la mia età, pochi capelli e barba bianca?); erano a fianco al gazebo governativo per la registrazione per il Referendum: mi hanno chiesto se mi registravo anche io... ho detto che fra 3 anni, se rimango, potrei chiedere la cittadinanza e registrarmi... la risposta è stata, praticamente, “Vogliamo che tu rimanga! TI ASPETTIAMO!!!”
La stessa scena, quasi con le stesse parole si è ripetuta qualche minuto dopo da parte di ragazzi e docenti che erano lì intorno e che ormai conosco bene...

mercoledì 17 novembre 2010

Bisogna essere contenti di ciò che si ha

Ieri era la festa di s. Elisabetta, regina d’Ungheria, a me molto cara per diversi motivi: prima di tutto era il nome di mia mamma, di mia nonna e della bisnonna ungherese, ed anche il secondo nome di mia figlia; poi è la patrona dell’Ordine Francescano Secolare, a cui indegnamente appartengo da diciannove anni, proprio in questo giorno.
Essendoci la “messa comunitaria” abbiamo potuto ricordare tutte queste coincidenze ed il compleanno di Francesco. Una buona occasione per stare in comunione!

Dopo oltre un mese posso fare qualche considerazione sul mangiare: bisogna essere contenti di ciò che si ha e non domandarsi nulla... se qualcosa non si riesce a mangiarla, se ne mangia un’altra: la scelta tra due o tre piatti c’è sempre... sempre quelli...
Ma pane olio e sale, o riso lesso con l’olio, o una qualità di pasta con qualche altro sugo o un pezzo di carne misteriosa o un pezzo pane... c’è sempre tutto! Magari c’è sempre il riso lesso, la polenta di mais bianco, le tagliatelle lesse frantumate, gli spaghetti tagliati, un brodo, un sugo di tonno, piselli e wurstel, i fagioli borlotti... ma perché bisogna variare? Che male c’è a mangiare sempre le stesse cose? Io sto dimagrendo senza fatica! Non è mica quello il problema... e magari, invece del dessert, la papaya, unico frutto fresco, o la macedonia in scatola o l’ananas in scatola...
Purtroppo in situazioni come questa, di economia totale (nel senso della necessità di ridurre i costi a zero o quasi), si fanno anche alcuni errori di valutazione. Per esempio si acquistano quantità grosse di viveri per risparmiare sul prezzo, ma poi, con il caldo, le derrate deperiscono e ogni tanto si deve buttare via qualche scatolone intero di pasta o di altro perché non più commestibile; per fortuna abbiamo molte galline e qualche papera che mangiano quasi tutto… la gatta di Rosario invece è schizzinosa come non si potrebbe immaginare! Peggio per lei che mangia poco, e quello che non mangia lei lo divorano le galline… 

sabato 13 novembre 2010

Gli alberi di Mapuordit

Qualche giorno fa è rientrato dalle sue ferie fratel Rosario Iannetti, medico e direttore sanitario dell’ospedale. Con lui sono arrivati anche due suoi amici, padre e figlio, napoletani anche loro, per fare un po’ di esperienza africana: Antonio, il padre fa parte di un Gruppo Missionario da molti anni e quindi ha deciso, nonostante qualche problema di salute, di mettersi alla prova. Lo accompagna il figlio, che darà una mano a fratel Rosario, sistemando il magazzino dei farmaceutici ed altre incombenze.
Sono napoletani veramente simpatici, anche se le loro idee sui problemi ecologici, igienico-sanitari e certe le loro osservazioni ci fanno sorridere molto... qui non si va molto per il sottile: l’acqua viene filtrata e messa in bottiglie che si lavano ogni due o tre mesi... il frigorifero si spegne la sera e si riaccende al mattino, se non ci si dimentica... la pasta potrebbe essere scaduta da qualche mese, ma se non ci sono i tarli... e loro hanno portato i coperchietti di tela da mettere sul pane e su qualche avanzo perché non ci vadano le mosche, peraltro qui rarissime!
Meno male che hanno portato anche qualche porzione di salame piccante, di bresaola, di grana, di funghi secchi...!

Francesco, il figlio, dottore in scienza dell’alimentazione, è preoccupato non solo per l’acqua, ma soprattutto per il fatto che qui si bruciano tutti i rifiuti all’aria aperta, se va bene in grandi buche, altrimenti in mucchi nel prati... siccome ci vanno dentro anche qualche bottiglietta di plastica e altri materiali che, bruciati, non producono propriamente aria sana, lui sente l’odore della diossina... ma se qui vivono duemila persona in un raggio di un chilometro ed è tutto pieno di alberi e arbusti, e non circolano mezzi a motore, e non ci sono fabbriche di alcun tipo (a parte quella dei bambini e delle vacche, che però sono sanissime) come fa ad esserci inquinamento???
Ultimo problema del giovane è suo padre: per evitare i bicchieri si è comprato una bottiglietta di acqua minerale e beve con quella l’acqua filtrata... ma non lo sa, Antonio, che dopo un po’ la plastica rilascia delle sostanze nocive???

Non ho detto questo per parlare male di due amici veramente ottimi, servizievoli e disponibili ad aiutare tutti in qualsiasi momento, ma solo per far capire al nostro mondo occidentale alcuni degli errori di fondo che abbiamo commesso e continuiamo a commettere!
Ci fasciamo la testa per cose assurde! La plastica delle bottigliette rilascerà sicuramente qualche sostanza nociva, ma dopo quanto tempo di uso, contenendo quali prodotti? Non saranno le schifezze della coca-cola che corrodono la plastica al punto di rilasciare sostanze che il buon Dio, a ragion veduta e conoscendo la chimica meglio di tanti premi Nobel, nell’acqua non si è sognato di mettere?

Non sarà che gli alberi di Mapuordit, veramente tanti e stupendamente immensi, sotto cui il villaggio vive la sua vita sociale, riescono ad annullare gli effetti nocivi di dieci chili di plastica che vengono bruciati ogni giorno su una superficie di oltre 4 chilometri quadrati e dei gas di scarico di una cinquantina di moto, quasi sempre ferme per la mancanza di soldi per comprare il carburante?

Sotto gli alberi di Mapuordit si vive...
In ogni “cortile” c’è almeno un albero “lulu” e sotto a questo... le donne più giovani pestano il mais o il miglio o il sorgo per la polenta... e gli uomini si radunano a parlare di donne e di vacche, e del tempo... a maggio si raccolgono i vicini per recitare insieme il santo Rosario...
Ma di alberi “lulu” nel villaggio ce ne sono tanti: per fare ombra ai commercianti del mercato... per fare ombra agli anziani ed ai saggi ed alle autorità per le loro riunioni... per celebrare i “processi” che prevedono multe o questioni di famiglie o etnie o greggi... per raccogliere le registrazioni per le elezioni o il Referendum... la vita ruota molto intorno a questi mastodontici ombrelli parasole e parapioggia!

L’odore della diossina di Francesco, secondo me, è l’odore di questa terra, dei suoi abitanti, delle sue piante... un odore un po’ acre a cui ci si abitua presto (e quando atterri all’aeroporto, in qualsiasi aeroporto) lo senti subito! Certo, con un po’ di fastidio iniziale, data l’abitudine all’odore del sudore e dei deodoranti delle metropolitane, dei gas di scarico di migliaia di auto e moto per terra e di centinaia di aerei che scaricano di tutto e di più sulle nostre teste unte di prodotti per perdere prima i capelli, delle cacche dei cani puliti e lavati dei cittadini sporcaccioni... Con il caldo che c’è qui, anche le grandi cacche delle vacche si seccano in pochi minuti e non emanano alcun “profumo di campagna” come lo chiamano i nostri cittadini...

lunedì 8 novembre 2010

La Maratona di Mapuordit

Oggi si è finalmente svolta la “Maratona di Mapuordit”, 6 chilometri di corsa o camminando, per andare a conquistarsi una t-shirt con la scritta: “Sudan will never be the same again” (Il Sudan non sarà mai più lo stesso).

Padre Daniele Moschetti, organizzatore infaticabile di “eventi” volti ad attirare l’attenzione dei poveri, ma soprattutto dei giovani, con l’aiuto e la collaborazione di “Libera International” ed altre associazioni, ma soprattutto con l’aiuto dei suoi infiniti amici sparsi in tutto il mondo, ha fatto diventare una marcia di 6 chilometri in uno sperduto villaggio del Sud Sudan, un “evento storico” per questa area geo-politica che si sta rapidamente avvicinando al Referendum per l’autodeterminazione.
Non ci sono pre-iscrizioni e questo, purtroppo, è l’unico handicap dell’organizzazione, perché crea problemi alla fine della “camminata” per la consegna delle t-shirt. Certo però che il successo è garantito: la Maratona è stata annunciata dalla Radio diocesana, propagandata per un mese tutte le domeniche alle Messe ed a tutte le altre manifestazioni che ci sono state, dalla festa di san Daniele Comboni, a quella della Maturità dei ragazzi della scuola secondaria.

Alla partenza, piuttosto puntuale per il posto, verso le 9.30, ci sono oltre mille persone, che all’arrivo, per il ritiro della t-shirt, saranno diventate almeno duemila!
L’organizzazione prevede la collaborazione di una cinquantina di volontari locali e stranieri: l’impegno di tutti per il successo e la regolarità della gara è veramente totale ed ammirevole. Si va da chi deve precedere la corsa con la propria moto, a chi deve distribuire l’acqua, a chi deve “marcare” con il pennarello il braccio o la mano dei partecipanti, in ben quattro punti differenti del percorso, a chi dovrà, purtroppo per lui, distribuire la t-shirt...
Il sottoscritto ha la fortuna di lavorare meno di tutti, dovendosi occupare, insieme ad un giovane medico italiano, del reportage fotografico, che viene messo su Facebook il giorno dopo la Maratona e verrà proiettato la prossima settimana a tutto il villaggio.

Inutile dire che la corsa non ha alcun valore sportivo, anche se vedo partecipare molte donne anziane, di buon passo... ma si corre per il Referendum, o meglio... per la t-shirt!

Al termine della gara, dopo la squalifica del secondo, si fa un ordine d’arrivo, che diverrà poi oggetto di contestazioni tra i giudici “amici dei concorrenti”! Si consegnano prima le magliette a tutti i partecipanti e non, fino a che ce ne sono. Domani consegneremo, a mente fresca, cuore leggero ed una notte di ripensamenti, i primi tre premi sia ai maschi che alle femmine. E’ bene quel che finisce bene!

Nei giorni successivi verranno i capi del villaggio, il Prefetto e il Sindaco, vengono a complimentarsi con padre Daniele ed a ringraziarlo per quanto sta facendo. In risposta gli viene comunicato che, a parte un’ultima manifestazione sportiva a dicembre, padre Moschetti dovrà lasciare Mapuordit entro il 31 dicembre, per la promozione a “Provinciale del Sud Sudan”. Pronta la risposta, gentile, ma ovviamente inutile: “scriveremo ed andremo dal vescovo a dire che noi non siamo d’accordo... troppi preti vengono e troppo pochi fanno qualcosa!”. Sicuramente hanno ragione, ma speriamo che la Provvidenza ed il buon senso dei superiori, aiutino questa povera gente e che padre Daniele sia sostituito da qualcuno altrettanto valido e soprattutto altrettanto “presente” nel villaggio!

domenica 7 novembre 2010

Come Tiziano

In settimana scorsa, nonostante le scuole e i vari impegni comunitari, la preparazione alla Maratona, e quant’altro, ho avuto tempo anche per fare un paio di lavoretti personali e meditare un po’, oltre che cominciare a leggere un nuovo libro…

I lavoretti sono stati impegnativi, almeno quello di ricucirmi i jeans! Roba da far inorridire i nostri ragazzi, che sono disposti a spendere dei soldi pur di avere i jeans consunti e rotti… ebbene sì, ho messo due toppe sulle gambe e ho riparato altri due piccoli strappi da consumo... speriamo che resistano almeno ad un paio di lavaggi! Poi ieri è arrivato James Lat Abut, il direttore della mia scuola di periferia, che vende gli abiti usati che arrivano dall’Europa, e gli ho comprato un paio di pantaloni, tipo jeans, ma senza cintura, in ottimo stato, per la modica cifra di tre pounds sudanesi, pari a poco più di un dollaro, vale a dire circa euro 0,90… che se li metto tre volte li ho ammortizzati!
L’altra settimana Maria, la donna che lava e stira i nostri vestiti, (ovviamente li lava in una cariola in cui mette acqua e sapone, e stira con il ferro a carbonella), stirandomi appunto una polo comprata a meno di tre euro in svendita in Italia, me l’ha perforata proprio sul davanti… essendo nuova la metto tranquillamente anche con il buco… anzi, passa un po’ d’aria!

Ho finito di leggere l’ultimo libro di Tiziano Terzani, scritto in realtà dal figlio Folco: veramente bellissimo! Sarà che ho la stessa visione del mondo e che aveva solo qualche anno più di me e quindi gli stessi riferimenti storico-politici, certo che ci ho riletto quanto meno quello che avrei sempre desiderato fare nella mia vita. Se le “Lettere contro la guerra”, del 2001/2002, scritto dopo quell’11 settembre che non dimenticheremo mai, sia per quanto accaduto, sia per le follie conseguenti, erano un manifesto politico, sicuramente “La fine è il mio inizio” è un libro di “meditazione” che indicherei soprattutto ai giovani, per capire qualcosa di più dei valori positivi della vita nel mondo attuale.
Invece siamo riusciti a “globalizzare” anche le loro vite, oltre gli usi e costumi nostri e loro, per poterci guadagnare di più sopra, tanto noi poi ce ne andiamo…

Ora ho cominciato a leggere il primo volume dell’Enciclopedia della Musica, la storia della musica dal “canto romano e gregoriano” a Bach ed Haendel. Beh, per chi ama la musica antica e medievale, indubbiamente interessante!

venerdì 5 novembre 2010

Buon compleanno...


Martedì mattina, giorno dei Defunti, siamo partiti alle 7,20 per andare a Rumbek. Penso con piacere che potrò man­dare un SMS a mia moglie per sapere come sta, visto che non ho da giorni sue notizie…

Come al solito, alla partenza si presenta qualcuno di troppo per chiedere un passaggio: accettiamo di portare tre persone ad Agany, il primo paese che si incontra; al ritorno non potremo farlo perché saremo pieni stracarichi.
Viaggiamo in silenzio fino ad Atiaba… la strada è pessima… ci mettiamo oltre un’ora e mezza per fare trenta chilometri… e ne mancano altri cinquanta…
Arriviamo al ponte sul fiume: è ormai quasi crollato a causa del passaggio dei carri armati e dei grandi containers! Se crolla si interrompono le comunicazioni tra Juba e Rumbek, e noi rimaniamo praticamente fuori dal mondo… per quanto non ci siamo già!
La strada prosegue in condizioni pessime fino a un paio di chilometri da Rumbek, dove arriviamo che sono passate abbondantemente le dieci: ottanta chilometri in circa tre ore…

La mattina scorre veloce. Abbiamo da fare parecchi giri e diversi acquisti; per fortuna la cittadina è piccola… ma come è vivace! Qui ci sono camion, fuoristrada di tutte le organizzazioni possibili, qualche rarissima auto, i motorini a tre ruote per il trasporto di persone e bagagli e tante motociclette cinesi di piccola cilindrata… ma ogni tanto si vedono passare anche i pastori con vesti coloratissime corte, la lancia in mano, i capelli tinti biondi con l’urina delle vacche.
Verso le due del pomeriggio padre Daniele ci porta a mangiare al “ristorante”, restiamo in veranda, dove c’è la polvere della strada, ma solo quella… Le cuoche ci propongono piatti locali: gli ugandesi prendono la polenta di miglio con la carne in umido, padre Daniele ed io preferiamo i “chapati”, volgarissime crepes, con dentro due uova al padellino: ottimi! Da bere solo acqua minerale “Nilo” o coca-cola o gassosa… a meno di non bere l’acqua che servono da una brocca in un bicchiere che viene sciacquato al momento e passato da uno all’altro a turno… vada per la gassosa, meglio del tifo e dell’Aids…

Ultima tappa, prima del ritorno, alla radio diocesana, Radio Good News, diretta da un prete diocesano che si chiama Donbosco, per farci fare la pubblicità per la Maratona del giorno 9 novembre. Sapremo dopo la Maratona che è riuscito a far passare la notizia anche alla BBC!

Il ritorno inizia alle quattro e mezza, in ritardo per arrivare con la luce e per la messa dalle suore. La strada sembra peggiore di quella stessa fatta all’andata: siamo anche carichi e ben pesanti. Al ponte sul fiume c’è da aver paura… si passa… anche questa è fatta!
Si arriva al tramonto, dopo un paio d’ore, ad Atiaba, dove veniamo fermati da un catechista che ci chiede di portare la sorella e due amiche al paese vicino. Se prima eravamo carichi…
Tutto bene, salvo l’acqua ed uno strano rumore che salta fuori dopo qualche pozzanghera; fortunatamente si arriva dopo tre ore e mezza, per i soliti ottanta chilometri…
Dopo cena padre Daniele dice la Messa per i Defunti. Siamo soli ed è bello pregare per i nostri defunti così. Ed anche per i quarant’anni di mia figlia!


La mattina del giorno dopo, il 3, riprendo il lavoro normale, ma mi rimane il pensiero della città: a Mapuordit circolano una quindicina di fuoristrada, un paio di camion, una cinquantina di motociclette, ma forse meno, e per il resto un paio di centinaia di biciclette e tanti pedoni… non ci sono inquinamento, incidenti, rumore… non si deve dire ai bimbi “attenti ad attraversare la strada!”… meglio, bisogna dirgli “attenti a guardare per terra”, visto che circolano liberamente intere mandrie di vacche che non si curano di ciò che lasciano per strada… e i bimbi, e non solo loro, circolano a piedi nudi, e molto spesso nudi… e basta!

La settimana finisce con un altro bimbo che se ne va per malattie non diagnosticate in tempo: purtroppo molte famiglie vanno prima dai guaritori animisti e quando decidono che l’ospedale può fare di più è ormai troppo tardi…
Mi dicono che nel nostro ospedale, su cui gravitano circa diecimila abitanti della zona, muoiono in media cinque bimbi al mese… questo mese siamo sotto media, per fortuna!