Progetto INFORMAFRICA


Ridurre il "digital divide" portando la nostra CONOSCENZA
in modo ETICO e RESPONSABILE, ma non i nostri "modelli di vita"

sabato 15 aprile 2017

11 – Ultimo atto: il laboratorio delle “cortecce” - 170322




Ormai a Kampala, con la testa quasi rivolta ad Entebbe ed al suo aeroporto, quasi in attesa dell’imbarco per il rientro in Italia, dopo quasi tre mesi di vaga­re per l’Uganda… quasi… quasi… quasi…
Invece non è così: la realtà è ben diversa! Ai “quasi” iniziali devo sostituire tan­te sensazioni, tante nuove esperienze, nuove conoscenze, piccole avventure che capitano nel brevissimo tempo che rimango a Kampala in attesa proprio del rientro!

La “Gioventù Francescana” di Kampala, con cui avremmo dovuto incontrarci all’inizio di dicembre, la incontrerò in questi giorni, intensi e belli. Dopo i primi contatti con Jacqueline e Nicholas, facciamo un programma serio: venerdì e sa­bato a visitare una scuola e un laboratorio nel profondo sud dell’Uganda, quasi al confine con la Tanzania, a Rakai e Kakuto. Poi avrò un incontro, domenica, a Kampala, con la Fraternità OFS / GiFra, dopo la messa, per una conoscenza re­ciproca, e poi mi faranno da guida per vedere altri prodotti di artigianato e co­noscere meglio le diverse realtà.

Venerdì mattina, appuntamento concordato alle 9, alle 10 incontro Jackie (e la sua bimba di due mesi e mezzo, Esther Anthonia) in centro a Kampala. Si va subito al “bus park” dove prendiamo un “matato” per andare a Rakai (un vil­laggio ad una ventina di chilometri a sud di Masaka, la principale città ugande­se nel sud, verso la Tanzania. Cambieremo “matato” a Masaka e poi prendere­mo due boda-boda per andare alla scuola in cui ci aspettano.
Questa scuola è veramente speciale, in tutto… In aperta campagna, una strut­tura di mattoni divisa in quattro locali in cui funzionano le 7 classi della scuola primaria e una classe di “scuola materna”. Inventata dai genitori delle case sparse nella campagna circostante per evitare ai bambini di andare a scuola ol­tre la strada nazionale, ad oltre due chilometri di distanza. I genitori sono stati aiutati dall’Ordine Francescano Secolare (OFS) che ha donato il serbatorio dell’acqua. Ora CI chiedono di fare uno sforzo per aiutarli ad edificare le aule che mancano: al momento la scuola funziona, come da noi una volta nei paesi­ni in via di spopolamento nelle colline delle Prealpi e degli Appennini, con quat­tro locali e otto classi che convivono a due a due…
Il dirigente della scuola, uno dei genitori, presenta il progetto e ci invita a man­giare e dormire a casa sua la notte prima di sabato. Hanno appena costruito un bell’edificio in mattoni con alcune stanze, grandi ma non arredate ma con il ba­gno incluso, che ancora non funziona. Hanno preparato materassi e lenzuola per dormire: la cena è a casa sua, per noi ospiti… loro mangiano fuori, per non disturbarci… Descrivere questo angolo di campagna è difficile: ci sono due vac­che, mamma e vitello, galline, alberi e vegetazione fitta su una collina lussu­reggiante e che, al suo culmine, si dirada per lasciare spazio ad un prato a pa­scolo per una piccola mandria di vacche e ad un panorama di molti chilometri, verso la Tanzania ed il lago Vittoria...


La mattina, al risveglio, fatta una buona colazione e dopo che Jackie ha accudi­to e preparato Esther ad un’altra giornata di viaggio, si parte… “Boda-boda” fino alla casa dell’associazione che lavora le “cortecce”… Pioviggina, ma non ci si fa caso e sembra che stia migliorando…
Quando arriviamo, l’accoglienza è quella di ogni buona famiglia africana: le se­die per noi, gli stuoini a terra per chi ci ospita, qualche parola di circostanza, e poi cominciano a farci vedere il “ciclo di lavorazione”.

Andiamo in un campo dove ci sono banani, palmette, qualche albero simile alla nostra betulla ed alcune tombe in cui sono sepolti i morti di famiglia…
Il più anziano comincia ad incidere la corteccia di una di queste “betulle”, co­minciando a fare un taglio circolare, non profondo, con il machete, a circa un metro da terra; poi un taglio verticale fino a circa 5 metri, ed un altro circolare
alla fine di quello verticale: in pratica verrà “scortecciato” l’albero per i quattro metri dell’intaglio e per tutta la sua circonferenza. Pulita la corteccia esterna con uno speciale coltello, si scorteccia l’albero usando le foglie di banano acu­minate, per non far male all’albero. Alla fine, mentre altri operai tagliano in pezzi manovrabili la corteccia, l’anziano ricopre la “ferita” con le foglie di palma per non lasciarla alle variazioni termiche che ucciderebbero l’albero stesso. Fra due anni si potrà ripetere l’operazione, perché la corteccia si sarà ricostituita senza dolore per la pianta!

Ma cosa si può fare con la corteccia di un albero? Calma… seguiamo il ciclo la­vorativo… e scopriremo insieme un mondo nuovo…
Una volta che la corteccia, divisa in quattro o più pezzi, è stata lasciata al sole per qualche ora, si è asciugata ed ha preso un bel colore marroncino al suo esterno e nocciola chiaro all’interno, viene battuta con degli speciali attrezzi di legno che la “conciano”, proprio come si può fare con la pelle: quindi si allarga e si allunga, ma soprattutto si ammorbidisce, diventando come stoffa o come pelle. Con il materiale pronto si fanno diversi oggetti: borse e borsette di diver­se dimensioni e consistenze, borse per computer, sottobicchieri e tovagliette da tavola, batik disegnati ad acquarello o ricamati, e così via.
Un ultimo particolare per tranquillizzare i soliti ecologisti malpensanti: anche la corteccia si può rompere durante la lavorazione, ma viene riparata con i fili che costituiscono le foglie del banano, che sembra nylon, ma è quanto di più natu­rale si possa avere!

La giornata non è ancora finita… dobbiamo rientrare a Kampala, cenare e tor­nare alle rispettive dimore… a Kakuto prendiamo il primo “matato” che va di­retto a Kampala… dopo venti chilometri siamo in 18 passeggeri su 14 consenti­ti, strizzati come le sardine, salvo nell’ultima fila dove siamo Jackie, la bimba, io e un altro ragazzo. All’autista viene in mente di caricare una persona e dirle di mettersi nel “quarto posto” dei nostri tre… Mi oppongo in modo categorico, dato che c’é la bimba che ha anche bisogno di prendere il latte e respirare… L’autista si arrabbia, ma tutti gli altri mi danno ragione… Si parte e si arriva a Kampala a sera inoltrata, in tempo per mangiare pollo arrosto e patatine fritte ed andare a nanna…
Domani è domenica e ci aspetta l’incontro “ufficiale” dopo la messa con i “fran­cescani laici” giovani e non.
L’incontro con i “francescani laici” è una presentazione reciproca, dopo una messa di circa due ore (predica di circa 40 minuti), con una richiesta di aiuto per i giovani, che ribadiscono che il progetto dei “laboratori della corteccia” an­drebbe aiutato anche finanziariamente. Accolgo la proposta, chiedendo di pre­sentare un progetto fatto bene ed anticipando che si potrebbe fare un inter­vento tipo “prestito” da pagare con il tempo e con le vendite dell’artigianato prodotto.

Spendo gli ultimi due giorni, approfittando della “guida locale”, per andare a vi­sitare il Santuario dei Martiri Ugandesi a Namugongo, visitato già da tre Papi: Paolo VI, Giovanni Paolo II e Francesco… Bel posto, bella struttura per l’incon­tro con qualche migliaio di fedeli (diventato un milione nella leggenda metropo­litana della guida ufficiale)…
La chiesa invece è un aborto architettonico…

L’ultima visita è al “mercato dell’artigianato” che si trova nel centro di Kampa­la: la presenza di Jackie è utilissima, per capire cosa c’è di buono e di meno buono, cosa è veramente artigianato locale e cosa non lo è…

La mattina dell’ultimo giorno, conosco un padre comboniano che vive nel sud-est dell’Uganda: mi chiede di andare a fare un’aula di informatica nella sua scuola secondaria… Speriamo che sia possibile: gli prometto che cercherò di aiutarlo...

Nel pomeriggio la partenza verso l’aeroporto, verso il ritorno a casa, senza mancare una breve visita a Bruxelles, Liegi e Bruges: non ero mai stato in Bel­gio, ma almeno Bruxelles e Bruges valgono un viaggio!

Tutto bello… ma come sarebbe difficile ripartire senza avere davanti i nuovi progetti che mi riporteranno qui fra qualche tempo…




10 – Iniziano le scuole...- 170215


Siamo all’inizio, si fa per dire, di febbraio, e ricominciano le scuole! Come da noi a settembre… e la città, ma soprattutto le periferie in cui le scuole si trovano, si riempiono dei ragazzi che vengono dai villaggi, ed anche da altre città, per frequentare le scuole primarie superiori (la nostra “secondaria inferiore”) e le scuole secondarie…

Qui la scuola funziona sulla base di tre “terms”, periodi di tre mesi ciascuno, a cui poi segue un breve periodo di vacanza per i primi due periodi e due mesi di vacanza per l’ultimo, quello che porta al passaggio alla classe successiva. Quest’ultimo periodo corrisponde alla stagione asciutta e calda che va, all’incirca, dal 10 dicembre al 10 febbraio, salvo esami.
Data la distanza da cui vengono la maggioranza degli studenti, le scuole sono quasi tutte organizzate con dormitori per ragazzi e ragazze, e con un servizio di pensione che prevedere la merenda del mattino ed il pranzo (riso e fagioli), oltre al controllo notturno. I ragazzi più vicini vanno invece a dormire nelle loro case e pagano ovviamente meno. E’ divertente vedere come gli studenti, arrivano con i moto-taxi (i famosi boda-boda) con tutto il loro equipaggiamento: il materasso, un bidone ed un catino per l’acqua, e una specie di baule di ferro con il lucchetto che contiene vestiario e stoviglie: una tazza grande per bere, ed un piatto fondo che serve per mangiare, ma anche per tagliare il “pocho” (la polenta) quando questa sostituisce il riso…

Ai tre periodi corrisponde anche il pagamento delle rette scolastiche… Bisogna sapere che le scuole qui sono particolarmente care, ovviamente in rapporto ai salari che vengono dati ai lavoratori: un anno delle prime classi elementari, con servizio anche di “boarding” (pensione), costa circa 300 euro, pari ad uno stipendio di un insegnante delle superiori, o a due stipendi di un operaio… e se pensiamo che a scuola potrebbero andare anche 5 o 6 fratellini…
Aumentando il livello delle classi, aumenta in proporzione anche il costo annuale degli studi, a cui occorre aggiungere, come ben sappiamo tutti, i “costi aggiuntivi” di libri, quaderni, trasporti, cancelleria, e quant’altro. E qui i ragazzi non hanno lo “smartphone”, ma solo il cellulare che caricano magari con 15 centesimi di euro alla settimana… giusto per avvisare la famiglia in caso di necessità!

Da oggi iniziano anche le primarie e si vedono le prime “catene umane” di bimbi coloratissimi, con zainetti stracolmi e pesantissimi, andare per mano a scuola… uno spettacolo veramente gioioso che mi riporta lontano, ai trascorsi romani, quando facevo, con altri compagni che si univano nel percorso, una cosa analoga a Roma, andando da piazza Salerno a via Alessandria (per circa un chilometro e mezzo…). Altri tempi e altre abitudini! Altro che mamma in SUV che vuole parcheggiare accanto alla classe del figlio!

Continuando a parlare di scuola, ma “da grandi”, bisogna dire che qui le scuole sono quasi tutte private, la maggioranza appartengono a congregazioni religiose di tutte le religioni e sette possibili ed immaginabili… ogni “guru” che ha racimolato un po’ di soldi potrebbe venire qui e farsi una bellissima scuola, farla pagare una cifra e raccogliere adepti per la sua setta…
Le scuole sono però controllate dallo stato, o meglio dal governo, perché devono esprimere sempre il “Museveni-pensiero” ed essere sempre “allineate” al potere centrale… Di soldi però, lo stato ugandese ne passa all’educazione proprio poco o nulla… Forse è passato da queste parti il nostro “illuminato” ministro (Tremonti?) che disse che “con la cultura non si mangia”… invece con i soldati sì, aggiungo io… ma solo per la mia malignità congenita…

La scorsa settimana ho dovuto fare un po’ di avanti/indietro da Lira per l’internet point, a cui devo accedere per spedire e scaricare gli allegati delle email… Lira è a circa 8 chilometri, 20 minuti con la moto, che costa poco meno di 1 euro per viaggio. In totale sono poco più di due euro di costo globale… pazienza… riesco ancora ad affrontare questo sforzo economico.
Mio cugino sarà felice di sapere che ho imparato a “fare il passeggero” portando anche lo zaino e qualche borsa della spesa: peccato che in Italia non ci sono i “boda-boda”… Sarebbe bello scendere da Lucignano alla “cooppe” (la Coop in dialetto tosco-chianino) e ritornare senza prendere l’auto… Mi sentirei ancora più africano di ora!

In una delle “escursioni” a Lira ho fatto visita ad un paio di “supermercati” tenuti da indiani. In uno di questi, dietro uno scaffale, inatteso, mi è comparso davanti un gigante bianco, vestito di bianco, giovane ma con la barba alla Federico II (Barbarossa)... da una parte stavo per ridergli in faccia, dall’altra mi sono sentito bianco anche io… veramente un effetto strano! Quando sono in chiesa, o al mercato, o dovunque, non vedo e non percepisco la differenza del colore della pelle, ma quando vedo un altro bianco, allora mi rendo conto che non è un animale diverso, ma è solo come me e che diversi siamo tutti due, dall’altro, che in questa situazione è anche il padrone di casa, di cui noi siamo graditi ospiti se portiamo qualcosa a favore. Penso però che ne farebbero volentieri a meno, visto che siamo pochini a portare solo conoscenza e futuro positivo: gli altri come noi portano è vero da mangiare, ma il riso e il mais che potrebbero prodursi da sé se non venisse loro regalato, impedendo quindi lo sviluppo di una economia reale… insomma, come già detto più volte, un bel guazzabuglio!

Questa settimana è l’ultima a Lira: venerdì ci sono gli esami e sabato si consegnano i “certificati”. Domenica ritorno a Kasaala, poi un po’ di giri in attesa di andare definitivamente a Kampala fino almeno alla fine del mese.

Tornerò la prossima settimana con altre “notizie” da Kasaala o da Kampala. A presto!




9 – Un altro “corso” a Lira - 170208


La prima settimana a Lira è stata di preparazione e di inizio del corso agli inse­gnanti della scuola “tecnica-vocazionale”, come i missionari hanno battezzato le loro scuole di secondo livello, quelle che noi, fino a non so quale riforma, chia­mavamo “istituti di avviamento professionale”; quelle scuole, senza offesa per nessuno, anzi peccato che non ci siano più, che aiutavano le famiglie ad avvia­re a un lavoro i ragazzi che non avevano molta voglia di studiare per anni e che ora è comunque obbligato a fare studi che non aiutano certo all’introduzione al mondo del lavoro.
Stavamo diventando un popolo di laureati nullafacenti… meno male che da una pessima riforma alla successiva siamo arrivati non più al “6 politico” ma alla scuola in cui la “condotta” è diventata non obbligatoria (con il peso che si pote­va dare a questo voto) ma anzi aiuterà a fare media con le materie ostiche… l’importante sarà starsene tranquilli al proprio posto, non dare fastidio all’inse­gnante, arrivare al 5 e mezzo, e il gioco sarà fatto… quindi si diventerà diplo­mati in “tranquillità” del tipo “onda morta”…

Qui la scuola è molto differente e ne ho già parlato assai… Queste scuole tecni­che preparano carpentieri, meccanici, muratori, elettricisti a fare il loro mestie­re con buone cognizioni tecniche, ed è anche per questo che chi le dirige vuole ora avere anche l’aula di informatica. Dare agli studenti dell’ultimo anno la pos­sibilità di saper usare il computer, anche se a casa non se lo possono certo per­mettere, significa dare loro una possibilità in più di trovare lavoro in aziende, normalmente piccole, in cui potranno far valere anche questa conoscenza.

Il viaggio da Kasaala a Lira, fatto su un taxi che fino a circa 30 chiometri dall’arrivo ha viaggiato solo con cinque persone a bordo è andato bene… negli ultimi chilometri i passeggeri si sono moltiplicati e le sardine hanno boccheg­giato un po’… In definitiva poteva andare molto peggio...

A Lira, come ovunque, i Padri e Fratelli Comboniani mi hanno accolto come un amico di vecchia data, ricordando che ero già stato qui due anni fa per un bel periodo, quando abbiamo attrezzato l’aula ex-novo con computer e pannelli so­lari… Avevo dovuto raccogliere, allora, un po’ di soldi in pochi giorni, per i pan­nelli solari… ed ora c’è anche una bella targa che ricorda i “donatori” dell’aula e dei pannelli solari, tra cui i “Paolo Merlo’s Friends”… Ancora un GRAZIE a tutti coloro che hanno contribuito… Ottimo investimento!

Lunedì si è organizzato il corso e martedì ho conosciuto gli insegnanti che ora partecipano; tre erano già stati miei studenti 2 anni fa e ci riprovano. Comin­ciamo giovedì mattina, a ritmo accelerato, per arrivare in tempo per l’inizio del­le lezioni.
Siamo quindi ormai verso la metà del corso, senza infamia e senza lode, chi va un pochino più avanti e chi si ferma ogni tanto per la fatica… Non male, ma si­curamente il livello non è migliore di due anni fa…
Domenica sera è venuto a cenare in comunità il vescovo, quello che io chiamo “fratello vescovo” e che “puzza di pecora”. Quasi sempre la domenica sera vie­ne a cenare dai suoi ex-confratelli comboniani, ma la scorsa settimana aveva altri impegni.
Quando c’è mons. Franzelli a cena, la varietà dei discorsi, l’interesse per quan­to dice, ma anche la simpatia del suo parlare, rendono la serata sempre molto piacevole. Anche se poi c’è il “pierino” (il sottoscritto, ovviamente) che lo pro­voca su argomenti magari più mondani, ma a cui non si sottrae mai.
Si parla allora dei manifesti che “vorrebbero insultare il Papa” ma denotano la semplice volgarità di chi li ha stampati e fatti attaccare per Roma; delle succes­sioni dei vescovi qui in Uganda: lui stesso scade ad aprile, ma potrebbero es­serci due anni di “proroga”. In Sud Sudan ci sono “scoperte” cinque diocesi su sette… e una è scoperta da 6 anni… Qui ce n’è scoperta solo una, da tre anni, non per la morte del vescovo, ma per la sua promozione ad altra diocesi più importante… Io gli auguro di rimanere ancora un po’ qui, ma so che è conti­nuamente sotto attacco del clero locale che vuole far carriera, e quindi farà se­condo il volere del suo superiore… Ma ci sono in corso anche due successioni di cui parlare, molto importanti per la “curia romana”: il vescovo di Milano, sca­duto da qualche mese e che sembrava dovesse smettere subito, e il vicario di Roma, Vallini, che ha già superato i due anni di proroga, per cui si pensa che dovrebbe arrivare ben presto un successore…

Dopo cena, la torta fatta in casa per il compleanno di Fratel Gilberto, un limon­cello saltato fuori da chissà dove, ancora qualche chiacchiera e poi, come dopo “carosello”, tutti a nanna…
Non senza aver impegnato il vescovo a ricevermi in diocesi per presentarmi la nuova direttrice della radio “Radio WA”, gemellata due anni fa con “RadioIncon­tri InBlu”… e sperando magari in una nuova intervista da mandare in onda nelle prossime puntate di “Volontariando”…

Due parole per gli amanti del meteo… qui ogni tanto fa una spruzzata di acqua, ma non si sente ancora l’arrivo della stagione delle piogge: d’altra parte la sta­gione secca è cominciata molto presto, a metà novembre, e la gente è stanca di respirare polvere e vedere tutto secco anche se ci troviamo a 1200m. di al­tezza…
La stagione delle piogge, secondo la tradizione, dovrebbe cominciare con la luna pasquale… e manca ancora un mese e mezzo… veramente troppo tempo ancora!



8 – “Razzismo civile” e “generosità povera” - 170128


Questa “nota” è l’ultima, per questo giro, da Kasaala… Domani mi trasferisco a Lira, come avevo anticipato, ma ho voluto raccontarvi “a caldo” la fine del cor­so agli insegnanti del “St. Daniel Comboni College”.

Mentre dall’Italia arriva la notizia di Pateh, il ragazzo gambiano che non ha re­sistito, probabilmente dopo mesi o anni di viaggio, prima a piedi o con mezzi di fortuna attraverso il deserto, poi la sosta di mesi in Libia in campi di concentra­mento che nulla hanno da invidiare a quelli nazisti di europea memoria, poi la traversata della speranza, o della morte per i meno fortunati, l’arrivo e l’acco­glienza, chiamiamola così almeno per un momento, ecco… arriva questa dop­piamente tragica notizia… tragica per Pateh, che non ha resistito all’ennesima discriminazione, alla scarsa accoglienza, alla mancanza forse anche solo di un gesto di affetto… ma tragica anche per l’Italia che ha visto suoi cittadini mo­strare ancora una volta il peggio di se stessi!

Ecco mentre questo accade nella “civile Italia” (stavo per scrivere Padania, ma mi è sembrato di fare pubblicità al “male” in se stesso, e l’Italia non è quella di quei pochi idioti), qui in Uganda, mi è successo un episodio quasi irreale, anche se ho letto di un paio di episodi analoghi avvenuti negli scorsi mesi in Congo e in Burkina-Faso, se non sbaglio.

Cerimonia di consegna dei certificati agli insegnanti che hanno partecipato al corso e passato gli esami. Durante il corso è mio compito raccogliere i soldi della partecipazione al corso stesso (circa 12 euro ogni insegnante, che ne guadagna 60/90 al mese). D’altra parte il corso ha dei costi che la scuola non po' sostenere e il corso è un aggiornamento professionale molto importante. Prima della cerimonia consegno al direttore della scuola i soldi ricavati, a meno del piccolo conto delle spese sostenute. In totale si tratta di circa 60 euro di saldo positivo.
Durante i reciproci discorsi di ringraziamento e di commiato, prima della conse­gna, il direttore della scuola mi riconsegna i soldi avanzati: “Ti siamo grati per il corso e ti ringraziamo per quanto hai fatto. Questi soldi te li restituiamo: noi li abbiamo già spesi e a te servono per continuare il tuo progetto di insegna­mento. Li utilizzerai per il progetto di un’altra scuola!”. Senza parole…

Sono troppo sensibile a queste cose e devo dire che non sono riuscito a tratte­nere una piccola lacrima di commozione. Mentre noi sperperiamo un capitale di civiltà con gesti da abbruttimento totale, quelli che Salvini chiama, nella sua lingua e con la sua infinita ignoranza e volgarità “oranghi”, mi hanno “finanzia­to” una piccola, infinitesima parte di un nuovo progetto: la vedova del vangelo di Marco (Mc 12, 38-44) si materializza in questo villaggio ugandese.
Per me è come se avessero pagato un intero impianto a pennelli solari… che devo fare? Mi sento tanto “buonista”…

I salmi finiscono con un “gloria”, i miei piccoli e modesti corsi di informatica fi­niscono con dei certificati che spero aiutino sempre a trovare un lavoro o una posizione migliore a coloro che li frequentano, e che soprattutto sappiano redi­stribuire quel poco di “conoscenza” in più ai loro studenti.

L’ultimo giorno serve per rimettere in ordine le idee, organizzare la partenza e il viaggio verso Lira: circa 280 chilometri di strada finalmente buona, circa 4 ore di pullman, o, se Dio me la manda buona, un passaggio in auto in tre ore si riesce ad arrivare…
Anche lì la comunità comboniana mi aspetta a braccia aperte, come sempre e dovunque: padre Cosimo, chiamato “il gesuita” per i suoi studi, padre Luis, il parroco, e fratel Gilberto, che dirige la scuola e l’amministrazione.

Questo ultimo giorno serve però anche ad aggiornare tutti i PC della scuola tecnica, portati tre anni fa. Contrariamente a Microsoft o Apple, usando Linux e LibreOffice (“sistema operativo” il primo, “office automation” il secondo), si continuano ad aggiornare PC anche vecchi e con poca memoria che lavorano magnificamente in una scuola. L’investimento funziona, i ragazzi che vanno in una scuola dove c’è un’aula di informatica sono felici e noi non abbiamo da rot­tamare i pc portatili, ma li ricicliamo dove vengono “sfruttati al meglio”, nel senso che meglio di così non è possibile!

Nel discorso di commiato gli insegnanti-studenti mi hanno ringraziato per aver fatto loro conoscere questo software “molto semplice e altrettanto efficace” di quello a pagamento.
Una piccola soddisfazione in più per chi si batte da sempre a favore del soft­ware libero!



7 – Riflessi dal mondo - 170122


Ebbene sì, ogni tanto il mondo esterno invade quell’isola fantastica che è poi forse solo “isolamento” dalla quotidianità di casa… Coloro che, come me, sono momentaneamente “esportati”, vivono una specie di limbo nei confronti del paese in cui vivono la loro cittadinanza quotidiana: non ci sono giornali italiani, le tv che si possono vedere parlano dell’Italia quanto in Italia si parla dell’isola di Vanuatu, e l’unico contatto è attraverso internet…
Non ho volutamente inserito nelle possibilità, quella di vedere “RAI Italia”, mi­scela terrificante di RAI1 e altro, che dovrebbe portare una finestra italiana nel mondo e ci porta quella del bagno… poveri italiani che dovrebbero ricordarsi l’Italia per i delitti, le disgrazie e quant’altro su cui si accaniscono i “rapaci di­pendenti che scrivono i testi” (non voglio insultare i “giornalisti veri”) per far vedere la peggiore immagine possibile del bel paese all’estero…
Questa settimana abbiamo avuto, purtroppo, anche le notizie italiane dalle te­state internazionali: il terremoto prima, la valanga poi, e per finire l’incidente sull’autostrada del pullman ungherese, hanno contribuito ad una presenza co­stante anche nei sottotitoli di Al Jazeera e CNN… Informandomi io attraverso RaiNews, unico prodotto RAI ai limiti della decenza, ho scoperto di quest’ultima tragedia quasi per caso: non rientrava nei titoli di testa… forse i sedici ragazzi che sono morti valgono molto meno dei nostri che sono morti in Spagna lo scorso anno…

Le notizie locali sono invece tutte rivolte ad inneggiare all’insediamento di Trump negli USA… C’è stata anche una manifestazione a suo favore nei giorni scorsi… Padre Giorgio ed io abbiamo ascoltato una buona parte del suo discor­so inaugurale e ci siamo fatti l’idea che la tendenza sia “nazionalsocialista”… che poi magari per Italia ed Europa, unito alla Brexit, possa risultare cosa non negativa potrà anche essere… Certo che non parte con il massimo del sostegno popolare e che le promesse “contro” non sono certo camomilla o gommapiu­ma...

Torniamo in Uganda che forse è meglio…

Settimana pesante a scuola: insegnare e soprattutto imparare ad usare il pc per scrivere non è poi così difficile, e magari è anche divertente, visto che i miei studenti si sono dilettati a fare composizioni grafiche complesse dopo soli quattro giorni di corso…
I problemi sono nati con il foglio elettronico: chi non ha dimestichezza con i conti, non ha una mente aperta al ragionamento matematico e delle solide basi di algebra e di costruzione di formule che prescindono dai numeri… beh, per loro il foglio elettronico diventa un ostacolo difficilissimo.
La maggior parte, per fortuna, è entrata nel “meccanismo” e forse riuscirà ad arrivare anche a fare qualcosa di buono. I risultati del corso però sono ormai quasi definiti… Tre insegnanti potranno insegnare anche “Informatica”, forse un quarto… Gli altri utilizzeranno il corso per lavorare meglio nelle loro materie.
Fa piacere che tra i quattro ci sia, ancora una volta, una donna su tre che han­no partecipato, mantenendo quindi la proporzione di uno a quattro dei parteci­panti. Mi fa piacere notare che in Uganda, paese fortemente maschilista, ma a regime matriarcale, molte donne si stanno scrollando di dosso il fiato degli uo­mini dal collo…

Il tempo è stato variabile per diversi giorni: ogni tanto passava una perturba­zione, guardava in basso noi, poveri esseri umani allo stremo per il caldo, e se andava… Sabato è arrivata la grazia di un temporale che ha lasciato un po’ di acqua, buttando a terra tanta tanta polvere e lasciando che l’aria si rinfrescas­se un pochino: stanotte si è dormito molto meglio, anche se sempre con alme­no una zanzara come compagna destinata al suicidio al mio risveglio…
La prossima settimana sarà per me l’ultima a Kasaala-Luwero: domenica mat­tina partirò per la comunità di Ngetta, nella diocesi di Lira, dove sono già stato due anni fa e dove terrò un altro corso per trovare nuovi insegnanti per la loca­le scuola tecnica dei comboniani.
Fratel Gilberto, responsabile della scuola, mi aspetta a braccia aperte e con le forbici da barbiere per tagliarmi i (pochissimi) capelli…

A Lira c’è il vescovo italiano e comboniano, Giuseppe Franzelli, che è anche di­rettore di Radio Wa (“La nostra radio”), che due anni fa abbiamo gemellato con Radio Incontri InBlu. Di lui ho scritto allora che è “un vescovo che puzza di pe­core”… è un vescovo di quelli che Papa Francesco quotidianamente ringrazia della loro opera e del loro esistere: un vero modello di misericordia e di vici­nanza al popolo e ai poveri, come ogni comboniano sa essere.

Nel frattempo, per non lasciarmi mancare nulla, ho portato avanti il mio lavoro con RadioIncontri, con il settimanale di riflessione sull’attualità “Reflex” e con il settimanale “Volontariando”, appunto “su volontariato e dintorni”… Questa tra­smissione, ripresa dopo sei mesi di pausa, è partita con due interviste registra­te qualche tempo fa: quella a suor Rosemarie Nyirumbe, protagonista del libro “Cucire la speranza”, incontrata a Gulu a fine anno, e quella a Chaimaa Fatihi, autrice del libro “Non ci avrete mai!, Lettera aperta ai terroristi”.
Basta andare sul sito www.radioincontri.org e scegliere il programma, la punta­ta e scaricarlo o ascoltarlo in podcast…

Lunedì 23 gennaio, sul sito www.unimondo.org e sulla pagina FB “Unimondo2­Facebook”, esce il primo articolo di una serie dedicata all’immigrazione, storia e cause ed attualità, nato dall’ascolto del dottor Bartolo, medico di Lampedusa, incontrato anche lui per RadioIncontri a novembre scorso a Borgo S. Lorenzo.
Scusate la pubblicità personale… ma chi scrive lo fa perché spera sempre che qualcuno, un giorno, legga…

Buon proseguimento!



6 – Scuola, insegnanti e insegnanti-studenti - 170115


Il “St. Daniel Comboni College”, scuola secondaria (quindi “liceo”) di Kasaala-Luwero, conta circa 300 iscritti sotto le due forme di “diurni”, gli studenti che vengono a scuola per studiare e poi vanno a casa, e “interni” (“boarding”) quelli che dormono anche a scuola. Qui è normale così, per qualsiasi livello, dalla primaria in poi: sono tanti, troppi, i bambini e/o ragazzi, che non farebbero in tempo ad andare e tornare da casa; per non parlare di quei ragazzi che sono in casa in virtù della tradizione per cui se il genitore se ne va da casa, o muore o comunque lascia i figli, anche con la mamma, è molto meglio lasciarli come interni, che vengono seguiti giorno e notte, piuttosto che alla mercè di una vita senza controlli… In realtà la malavita qui è molto poca, anche perché siamo in una zona agricola, dove tutti si conoscono, e tutti si prendono cura degli altri, cominciando proprio dai bambini: ovviamente ogni medaglia ha il suo rovescio, ma qui di pedofilia non se ne parla proprio…

Il corso comincia di martedì, perché lunedi devo provevdere ad andare a Kampala a ritirare il proiettore, dono di “Informatici Senza Frontiere”, e qualche prolunga per sopperire al numero di pc portatili in rapporto alle prese esistenti.
Il problema dell’energia elettrica qui è forte: durante la settimana viene a mancare la corrente per tre giorni interi, dalla mattina alla sera… come detto la volta scorsa, ma certe ripetizioni spiegano anche che il mondo non è tutto come piace a Salvini, “Economia Alternativa”, associazione che appoggia i Padri Comboniani, ha provveduto ad una installazione di pannelli solari per circa 2KW, per cui si potranno connettere alla rete, anche altre aule che non consumano quanto la “computer room”…
Mancano solo alcuni pc che sono “per strada”, dovendo arrivare da Roma con mezzi propri (nelle valigie dei missionari che tornano dall’Italia): si inizierà con una parte di quelli della Scuola Tecnica che ce li presta fino alla fine del mese, cioè all’inizio dei suoi corsi.

Devo dire che, finalmente, questa scuola ha organizzato il corso per i propri insegnanti e per i propri dirigenti, quindi persone qualificate, almeno metà usano già il computer, ma vogliono e devono migliorarsi; quindi un corso per definire meglio la conoscenza del pc e il suo utilizzo, oltre a preparare gli insegnanti, con uno schema di lavoro altrimenti inesistente, a dare un senso logico a quelli che saranno i corsi annuali per gli studenti.
Il corso è del tipo “full immersion”: tre ore al mattino e due ore al pomeriggio sono sufficienti a sfiancare tutti… La mattina fa abbastanza fresco e si resiste, ma al pomeriggio il caldo torrido si fa sentire, nonostante le finestre aperte e l’ampiezza del locale… Ho fissato anche due break: al mattino di circa 30 minuti, con the bollente e manioca, preparato dalla direzione; al pomeriggio solo un quarto d’ora, ma sono solo due ore ed il break serve a risvegliarsi in caso di “sonno da digestione”.
In realtà non è che non si digerisce… la maggioranza non mangia nemmeno: mangeranno la sera a casa...
Io ho la fortuna che, essendo straniero, vengo trattato da principe: pranzo a casa del direttore, in salotto, come usa da queste parti.
I piatti sono, direi quasi ovviamente, gli stessi che girano tutta la settimana, ma sempre con qualche cambiamento (i fagioli ci sono sempre, come la manioca o il “pocho”, la polenta di mais bianco). Le patate, un giorno fritte, un giorno bollite con il sugo di pomodoro, matoke o pocho, fagioli, un giorno la frutta (ananas o jackfruit), un giorno un boccone di carne di vacca o di pollo, e così via… e mi danno anche la forchetta!
Non male, anche perché devo stare molto leggero per non addormentarmi mentre parlo!

Della strada di andata e ritorno ho detto… mercoledì pomeriggio, al rientro, sono sceso dalla moto e la superiora delle suore ha provato a farmi un complimento: “Paolo, sei ancora molto giovane!”; rispondo che sono molto stanco e non credo di essere così pimpante. Viene fuori la verità: “ma no, vai in moto e sei tutto coperto di polvere!”…
Dopo la doccia, obbligatoria, padre Giorgio mi dice, quasi in un orecchio: “… eri sepolto dalla polvere!”… loro non sanno che ho dovuto lavarmi a fondo occhi, orecchie e naso per togliere le croste della polvere…

Venerdì si decide di lasciare il sabato mattina a disposizione degli studenti per fare un po’ di pratica: non riesco ad impedirlo, ma pazienza… contenti loro…
Il problema è che due o tre molto bravi potrebbero andare avanti nel programma senza aspettare… staremo a vedere… Certo è che un corso accelerato di questo tipo non può prevedere “distrazioni” dal programma, che invece il “fare pratica libera” consente… Intanto io ho sabato libero!

E per finire un brevissimo aneddoto… In settimana scorsa avevo la “mosquito-net” molto corta e per diversi giorni al mattino dovevo dare la caccia a qualche zanzara entrata abusivamente a farmi compagnia. A metà settimana padre Giorgio mi ha dato una nuova rete, più lunga e più adatta al mio letto. Ottimo! La sera, prima di andare a letto do un’occhiata alla retina: fuori dalla rete, dal lato da cui entro nel letto, ho trovato un paio di zanzare che mi aspettavano… per entrare a fare cena a mie spese… povere, sono state assassinate senza pietà!




5 – Capodanno e oltre - 170110


Trascorso il Capodanno a Gulu, sono rientrato a Kasaala, dove la prossima settimana e fino alla fine di gennaio terrò il corso agli insegnanti della scuola secondaria dei comboniani.

Il Capodanno è stato quanto meno “normale”, nel senso occidentale del termine… Cena in famiglia allargata… poi le donne hanno finito i preparativi e le pulizie per far trovare la casa perfetta al nuovo anno, i bambini hanno continuato a giocare e guardare i cartoni animati alla tv, i “maschietti” hanno chiacchierato del più e del meno.
Allo scoccare della mezzanotte si sono visti i fuochi artificiali di Gulu (niente a che vedere con quelli di s. Ranieri a Pisa, per esempio)… poveri ma belli…
La bottiglia di spumante è stata sostituita da una bottiglia di vino dolce ugandese a 12°: vino di ananas e altri frutti, ricorda i vini passiti, ma molto da lontano… Pantelleria non c’entra per nulla… Ai bimbi e agli altri le bibite, a me il padre ha fatto avere una birra!
Cosa vuoi più dalla vita???

Alle sette del 1° gennaio la messa, tanto per non dormire mai troppo… Quindi passeggiata all’alba fino alla chiesa e poi, già con un bel sole, per ritornare…

L’ultima visita a Gulu vado a farla al centro “Comboni Samaritans Gulu”, dove qualche anno fa sono stato un paio di mesi a fare un’aula di informatica e il relativo corso per i docenti. Poi la scuola non ha proseguito il progetto, ma mi faceva piacere rivedere il direttore e, soprattutto, la suora comboniana che lo controlla: non è più suor Dorina, ora Provinciale delle suore comboniane italiane, ma suor Giovanna Calabria, che ha fondato questo centro molti anni fa e che avevo incontrato a Juba in qualche pellegrinazione. Accoglienza a dire poco molto calorosa. Bene. Nel negozietto dove vengono venduti i prodotti della cooperativa delle donne con handicap mi compro altri due piccoli presepi per la mia collezione…

Ancora due giorni di preparazione per il corso che terrò a Kasaala e poi l’arrivederci a Gulu, al suo mercato, alle sue strade polverose e alla famiglia che mi ha ospitato per queste settimane.
La bimba più piccola, Lala, tre anni a gennaio, ha finalmente famigliarizzato un po’ e ogni tanto, quando ha tempo libero dagli altri impegni, - l’abbiamo soprannominata “supervisor”, perché controlla sempre tutto e tutti - viene a giocare e a farsi prendere in braccio… ma non voglio esagerare, sapendo che mancano pochi giorni alla partenza…

Viaggio verso Kasaala ottimo, bus velocissimo ma prudente con un autista da cartolina: probabilmente somalo, nero, con la barba, in divisa ufficiale della compagnia, con un copricapo che ricorda quelli di Sandokan e dei personaggi dei racconti di Salgari e i guanti da pilota… bellissimo!

L’indomani, giorno dell’Epifania, telefono per ringraziare dell’accoglienza e mi dicono che Lala continua a girare per casa cercandomi e chiedendo a tutti se mi hanno visto e dove sono… L’ho conquistata!… ma mi dispiace molto sentire che mi cerca…

La scuola-college è pronta: i pannelli solari sono installati da tempo, grazie ai soci e benefattori dell’associazione “Economia Alternativa”, i tavoli e le sedie ci sono, i pc, regalo di “Informatici Senza Frontiere”, anche. Faccio la “selezione” degli insegnanti che parteciperanno… ne scelgo nove perché tre posti vanno al direttore, alla segretaria ed al responsabile contabile che vogliono (e ne hanno bisogno) di approfondire la conoscenza. Il corso sarà un corso di base, ma per loro vuol dire fare un passo di venti anni e più: conoscere come è fatto e funziona un pc, cosa è un sistema operativo, usare la video-scrittura e il foglio elettronico o imparare a preparare le diapositive per una presentazione è basilare. In più faranno anche un po’ di pratica, visto che non hanno la possibilità di avere un pc personale…
Lo stipendio di questi insegnanti, e parliamo delle scuole superiori, va dai 200 ai 300 mila scellini, pari a 60-90 euro… Un pc portatile costa circa 300 euro…

Il corso, che non è gratuito, viene fatto pagare 40 mila scellini, circa 11 euro, per dare un valore che non sia alto, ma perché così sono tutti impegnati al massimo. Pagamento in due rate… la prima e la seconda settimana…
E’ un impegno che si prendono investendo sulle loro capacità personali!
Ovviamente il ricavato va a coprire i costi del corso (certificati, stampe varie, il mio trasporto quotidiano, ecc.).

Ecco, il trasporto quotidiano… La scuola dove tengo il corso è ad otto chilometri dalla comunità. Padre Giorgio mi aveva offerto l’auto per andare e tornare, ma io qui non intendo guidare: basterebbe che urtassi un bambino e sarebbe la volta che qualcuno mi fa la pelle… Si decide di fare un accordo con un “boda-boda”, la moto-taxi, che mi verrà a prendere tutte le mattine e mi riporterà indietro nel tardo pomeriggio, alla fine delle lezioni. Ottima decisione…

La strada è tutta sterrata e stretta e quando si incontrano auto o camion in senso contrario ci si deve buttare fuori strada per non fare scontri frontali, in compenso si viene coperti di polvere rossa…
Il mio “taxi”, provato nel primo percorso per un sopralluogo all’aula, ha deciso di non farmi prendere troppa polvere: faremo un percorso misto, tra strada sterrata e sentiero nella foresta di piante tropicali… mancano solo i leoni…
Così avrò la gioia di fare 25 minuti di motocross al mattino ed altrettanti al pomeriggio…

Passata la Befana, le feste se ne sono andate, i nostri bimbi tornano a scuola, quelli ugandesi cominciano a fine mese il nuovo anno scolastico, dopo due e mezzo di vacanza: nei mesi da ottobre a gennaio, stagione delle piogge, è difficile arrivare anche a scuola…




4 – Un incontro “speciale” - 170105

La scorsa settimana sono stato a parlare con i “padri comboniani” che sono a Layibi, una frazione a circa tre chilometri dalla città, verso sud. Hanno una scuola professionale molto valida, e poi una scuola per “postulanti”, oltre alla parrocchia e ad una scuola secondaria passata ora allo Stato.
Motivo primo della visita era di salutare padre Luigi Gabaglio, comasco, amico di famiglia, e poi cogliere l’occasione per vedere che necessità ci sono per la loro scuola. Così ho anche incontrato ancora una volta fratel Konrad e padre Raymundo che sono qui da diversi anni.

Nei giorni prima della partenza avevo visto su Facebook che i miei amici bolza­nini del Centro Pace, diretto dall’amico Francesco Comina, e quelli dell’Eremo di Ronzano, dei padri “Servi di Maria”, avevano avuto la visita e la presentazione di un libro di suor Rosemary Kyirumbe, ugandese, famosa per diversi premi presi per il suo impegno nel recupero psicologico, morale e civile di ragazzi e ragazze rilasciati o scappati dall’esercito di Joseph Kony (LRA - “Lord’s Resi­stance Army”… Armata di Resistenza del Signore, nel senso del padre eterno, ma forse più nel senso del sig. Kony, criminale al livello di Al-Baghdadi, capo dell’ISIS!). La notizia di questo giro di presentazioni mi aveva incuriosito, dato che stavo per venire in Uganda e, nonostante la conoscenza di moltissime per­sone, non avevo mai sentito parlare di questa “suora miracolosa”…

Durante l’incontro con padre Luigi, mi dice che nei giorni prossimi è impegnato con suor Rosemary, che ha la sede a Gulu e che sta costruendo una scuola ad Endriani, un villaggio del nord-ovest; un’altra scuola l’ha già costruita ad At­tiak, piccolo centro a nord di Gulu, dove si dividono le due strade che portano al Sud Sudan. Potrebbe essere utile, e forse necessario, un aiuto per inserire nelle due scuole l’aula di informatica, preparando anche gli insegnanti: il mio mestiere attuale…
Credo proprio che “Informatici Senza Frontiere”, l’associazione di cui faccio par­te, potrebbe essere interessata a questi due nuovi progetti…
Faccio due più due e gli chiedo di incontrarla al più presto, essendo in sede ra­ramente… appuntamento fissato per l’indomani, 30 dicembre: un incontro che fa diventare anche il 2016 non uno dei peggiori, almeno per me!

L’incontro con suor Rosemary è cordialissimo e la presenza di padre Luigi facili­ta ovviamente il tutto. Dopo una breve chiacchierata di conoscenza reciproca, registro una bella intervista per “Radio Incontri InBlu” (www.radioincontri.org / Volontariando), poi parliamo dei suoi progetti e delle possibilità di collaborazio­ne. Speriamo che ISF accetti le proposte che verranno…

Tra novembre e dicembre ho incontrato, sempre per interviste per “Radio In­contri”, tre persone eccezionali: Chaimaa Fatihi, ragazza italo-marocchina, stu­dentessa di legge all’Università di Modena, che ha scritto un libro contro l’ISIS (“Non ci avrete mai!”) il giorno dopo l’attentato di Parigi al “Ba-ta-clan”; poi il dottor Pietro Bartolo, medico di Lampedusa, autore prima di tutto di moltissimi salvataggi in mare ed in ospedale, e, con Lidia Tilotta, del libro “Lacrime di sale”, da cui il film “Fuocammare”, che lo vede interprete protagonista; e infine suor Rosemary Nyirumbe… Veramente incontri che, se da un lato ti fanno com­muovere, dall’altro riempiono il cuore di gioia per sapere che ci sono persone disposte ad impegnarsi in tutto e per tutto per gli altri, per la pace, contro le guerre e contro il “male” in genere.
Ne esco cresciuto e aiutato a proseguire nel mio volontariato e nel mio impe­gno civile.

Suor Rosemary ha costruito a Gulu il “Centro Santa Monica”: una bellissima scuola di cucito per le ragazze in “recupero”. Producono borsette e tanto altro… ma la suora spiega ridendo che prima ha dovuto imparare lei a cucire e a lavo­rare, poi ha dovuto insegnarlo alle altre suore, perché loro non sapevano fare nulla se non la cucina, la pulizia della casa e le preghiere… Alla fine della spie­gazione mi mostra una borsetta cucita con pezzi metallo ricavati dalle armi di­strutte e da rifiuti riciclabili di vario genere; poi mi fa vedere i premi ricevuti in Italia e dalla CNN e, prima di lasciarmi, mi regala una copia firmata del libro “Cucire la speranza” (EMI), scritto da due americane sulla sua storia ed il suo progetto.

Al termine dell’incontro, per verificare la validità dei progetti, riusciamo a par­lare in diretta con Francesco Comina, a Bolzano, che, subito dopo pubblica un post su Facebook: inutile dire che questo incontro e questa pubblicità devono servire per aiutare suor Rosemary nei suoi progetti.
Il progetto della scuola di Endriani è per una scuola secondaria di agraria: han­no già comprato qualche ettaro di terreno e 24 vacche. Ora cominceranno a costruire la scuola, ma qui si costruisce velocemente e non è zona sismica…
potrebbe essere tutto pronto per l’inizio dei corsi fra un anno…

Spero proprio che tutti i miei Amici collaborino a questo progetto… magari riu­sciamo a “regalare” alla scuola di Endriani una dozzina di pc portatili ed anche un mese di corso per i loro insegnanti…



3 - “Arte culinaria” in Uganda... 170103


Descrivendo i primi giorni di permanenza a Gulu, qualche amico ha obbiettato che mangio troppo… forse, ma non credo… penso piuttosto che, se troppo è, si tratta di un “troppo” legato alla quantità di cibo, e non alle calorie ed agli altri valori ingrassanti…
Questa “maldicenza” mi suggerisce però di scrivere questa “nota” sulla cucina ugandese e le abitudini culinarie locali: roba che Cracco e la Clerici sono due dilettanti allo sbaraglio…

Prima di parlare dei piatti… occorrerebbe avere una “cucina”, luogo in cui si cuoce, si lavano i piatti, ecc.
Le case moderne, non capanne, hanno spesso anche l’acqua e la corrente elet­trica ed hanno anche il locale “cucina”… ma non hanno la classica cucina a gas!
Davanti o dietro casa (o capanna o “tucul”) si pongono tre o quattro sassi ed al loro interno si metterà il carbone per cuocere, sopra la pentola, di solito zincata e grande… Questa è la “cucina”…

La casa in cui mi trovo, appena finita, ha due bagni, un serbatoio dell’acqua, la corrente elettrica, quando funziona, la strada, quando è percorribile, e l’acqua corrente, anche lei legata all’imponderabile! La cucina domestica non funziona ancora, ma c’è una bombola media con un fuoco da campeggio. Fuori un bel fornello di ferro, che funziona a carbone, e su cui si cuoce di tutto. Per fare la pastasciutta ho dovuto prima cuocere il sugo e poi l’acqua e la pasta…

Entrando nel discorso dell’”arte culinaria”, si può cominciare con il dire che i piatti di uso comune, quotidiani, del popolo dei villaggi e della tradizione popo­lare (quindi al di fuori di quanto si trova nelle grandi città) sono relativamente pochini.
Il pasto tradizionale è fatto di una polenta e un “contorno”, se possiamo chia­marlo così, o di un secondo e un contorno di polenta.

Le “polente” sono diverse. La più tradizionale, in Uganda, è il “matoke”. Si ot­tiene bollendo le banane planten in acqua, fino a che non è possibile schiac­ciarle: a questo punto si toglie l’acqua, si schiacciano fino a diventare come la nostra polenta, e si serve bollente. La variante dei villaggi meglio forniti è di cuocere le banane dentro la foglia del banano, che dà maggior sapore. Altra polenta è l’”ugali”, fatta con la farina di mais bianco o di miglio, chiamata “po­cho” dai giovani.
I sostituti delle polente sono il riso, usualmente stracotto, o la “cassava”, che da noi si chiama “manioca” (ma è sudamericana), che viene servita lessata o fritta, oltre alle onnipresenti patate bianche o rosse (dolci), che si fanno lesse o fritte, per fare un regalo ai bimbi anche cresciuti, che le adorano, come dovun­que, con il “ketchup”…
Oltre a questo c’è il sugo di noccioline (“grounades”), che serve per condire il matoke o quant’altro: è una specie del burro di noccioline, integrato con pomo­doro, cipolla e qualche altra verdura, oppure così com’è.

Quello che ho chiamato contorno e che dovrebbe essere chiamato “secondo”, se ci fosse un “primo”, può essere carne di pollo o capra, raramente di maiale o, ancora più raramente, di vacca. A parte la carne, che è comunque rara, ci sono i fagioli, le lenticchie, il pesce, verdure di stagione.
La cosa da ricordare è che quanto si cuoce viene lasciato sul fuoco per molto tempo, perdendo quindi molti valori nutrizionali, positivi o negativi che siano.

Il pollo viene cotto lesso, quasi a tempo indeterminato; la capra può essere fatta con il solito sugo di pomodoro, cipolla e quant’altro; la vacca viene cotta a lungo, tagliata a pezzi con il machete, tanto che alla fine è tutta dura uguale, ossa e carne…
Merita un discorso a parte il pesce. Affumicato, secco, nero, odorante di sale e fumo, al mercato non fa un bel vedere, ma a tavola, fatto bene, è ottimo! Vie­ne asciugato bene al fuoco, poi viene pulito e cotto nel sugo di pomodoro o servito con la “grounades” (il burro di noccioline) semplice, oppure con la cre­ma di noccioline, cotta con pomodoro, cipolle e altro…

I dolci sono pochi e si trovano dal fornaio… solo “plumkake”, alla banana, o alle carote, o ad altro…
Poi ci sono i “mandassi”, una specie di “krapfen” o “bombolone”, molto buoni, ma senza lo zucchero sopra o la crema dentro, e i “ciapati”, una pastella fritta abbastanza sottile, che è fatta come gli austriaci “palachinken”, che però si tro­vano in Friuli e in Slovenia… Io ci metto la marmellata e li arrotolo… qui non ci si mette nulla ma viene mangiato come il pane…

… e per finire la frutta, regina della salute dei ragazzini e adolescenti…

I più diffusi frutti ugandesi sono: papaya, o “popo”, ananas, banane (piccole e dolcissime) o medie, come quelle sudamericane che arrivano ai nostri super­mercati, ma piene di sapore; il mango, saporitissimo, è soggetto alle due sta­gioni. Infine un frutto molto particolare, il “jackfruit”, un frutto molto grande e pesante che è composto da molti frutti al suo interno: pulito bene ha un sapore dolce ma non troppo, e, comunque, molto gradevole.

Per finire sorridendo… In settimana mi hanno chiesto se volevo la pasta… ho accettato con la condizione che la sua cottura sarebbe stata mio compito, tanto per mangiarla, se proprio non al dente, almeno non stracotta!