Progetto INFORMAFRICA


Ridurre il "digital divide" portando la nostra CONOSCENZA
in modo ETICO e RESPONSABILE, ma non i nostri "modelli di vita"

giovedì 13 dicembre 2018

10 – Buon NATALE e Buon 2019!



Carissimi Amici,

prima della fine di questo anno voglio ritrovarvi tutti… le avventure africane riprenderanno a metà gennaio, con un nuovo viaggio, il proseguimento e la prosecuzione e l’assistenza sui progetti trascorsi, ma anche con un nuovo progetto, veramente molto impegnativo, forse ambizioso, ma sicuramente di estrema urgenza e necessità.

Vi invio questa ultima “nota di viaggio” del 2018 per chiedere, a chi può e lo desidera, una qualsiasi forma di aiuto: chi può donare, chi può collaborare a cercare donatori, chi può aiutare nella preparazione del progetto… e anche, può essere, che qualcuno mi chieda di non inviare più le mie note o le mie richieste di “aiuto”.
Dalla prossima “nota” scinderò le “mailing list”: una solo per le note di viaggio, che si troveranno sempre sul mio blog “//progettoinformafrica.blogspot.com
ed una nuova nuova dedicata ai “progetti”, quindi la “Scuola di Bukunda” (terminata, ma con possibilità di nuovi piccoli interventi), il nuovo progetto “Casa-Famiglia di Ruti” ed eventuali altri.

Chiedo cortesemente a tutti di confermarmi il loro desiderio, autorizzandomi così ad includerli in una delle due email o a cancellarli.
Non è una divisione tra buoni e cattivi, ovviamente, ma un obbligo di legge a cui dovremo sottostare per la nuova regolamentazione europea sulla “privacy”.




A questo punto vi racconto un ultimo aneddoto africano…
Negli ultimi giorni di presenza in Uganda, stavo tornando in bus da due giorni a Gulu, quando alla “sosta tecnica”, una voce alle mie spalle, in perfetto italiano ma con inflessione decisamente torinese, mi chiede se sono italiano: aveva visto la maglietta di “Informatici Senza Frontiere”. Chiedendo se lo avevo scritto sulla targa, non ricordando che maglietta indossavo, mi giro e vedo una bella ragazza, nera come tutti gli altri presenti, che mi sorride e mi dice che è italiana… la chiamerò Maria per riservatezza… Parliamo un momento, ci scambiamo i numeri di telefono, con la promessa di sentirci la prossima settimana in Italia. Ora con Maria ci siamo sentiti e ci incontreremo per trovare come iniziare una collaborazione in Italia e in Africa: lei originaria del Camerun, dove è cresciuta fino alle scuole superiori, poi è venuta in Italia, si è laureata, lavora in banca come cassiera… è stanca e disperata per come viene trattata a causa del colore della sua pelle… vuole andare a vivere in Uganda, perché in Camerun ora la situazione è molto pericolosa: c’è il tentativo della minoranza
anglofona del nord-ovest di ottenere l’indipendenza dal resto del paese… e la violenza regna sovrana.

Aiutiamoli a casa loro... ma perché trattarli male? perché una persona giovane e integrata, che ha studiato e lavora, deve essere trattata male per il colore della pelle? perché chi è in attesa di regolarizzazione deve essere messo su una strada? per farlo diventare un pericolo sociale?
Perché l’Italia deve essere messa alla porta dal consesso mondiale per essersi arrogata il diritto di non osservare i diritti umani universalmente riconosciuti da diverse generazioni? Mi verrebbe da dire: “Smettiamola di fare il presepio...”.
Torniamo alla casa-famiglia di Ruti…
Vi allego alcuni documenti: la prima lettera di presentazione del progetto, la pianta della casa come dovrebbe essere, la foto dei bambini (ora sono 20 che frequentano una scuola in cui ci sono altri 80 bimbi) e della loro “grande- mamma” con gli insegnanti ed il direttore della scuola.

A voi ogni decisione ed ogni suggerimento. Vi chiedo solo di rispondere in tempi non lunghi… Vorrei ripartire sapendo almeno chi di voi mi può aiutare anche nell’organizzazione e nella diffusione di questo progetto… I soldi li faremo arrivare, come sempre...

Un grandissimo GRAZIE per quanto avete fatto per la Scuola di Bukunda, ed uno ugualmente grande per tutto quanto vorrete e potrete fare in futuro!

Un ABBRACCIO a tutti, anche dai bimbi di Bukunda e di Ruti, PIENO di AUGURI per un Natale di pace e serenità per TUTTI noi e ancora pià per coloro che soffrono e non possono festeggiare se non stando insieme e sorridendo in qualsiasi situazione.

Paolo



giovedì 8 novembre 2018

9 – Che bello costruire un orfanotrofio!





Ormai si avvicina il tempo del rientro, dei nuovi incontri per raccogliere qualche soldino per i nuovi progetti, per stare con i nipotini qualche giorno durante le feste di Natale, per rivedere amici, parenti e conoscenti e raccontare qualcosa di quello che ho fatto in questi tre mesi…

Il grosso del lavoro è stato fatto, con un po’ di fatica, molti spostamenti, sem­pre più o meno facili, sempre più meno comodi, ma ripagati dagli incontri con questa gente, semplice, umana, desiderosa di migliorare e migliorarsi, sicura­mente non desiderosa, come leggevo in qualche post su Facebook proprio ieri, di cambiare la nostra fisionomia, in qualsiasi senso vogliate prendere questa parola.
Certo che quando sento parlare di “integrazione” come “inglobamento” penso che, come minimo, abbiamo perso il senso delle parole che pronunciamo… for­se se alcuni, forse molti, prima di confermare le loro frasi, leggessero a voce alta ciò che hanno scritto, capirebbero la violenza dei termini, la stupidità dei pensieri e forse tornerebbero “umani”…

La settimana scorsa ho fatto una breve puntata in Rwanda, per andare ad ac­cogliere al suo rientro dagli USA, l’amico padre Jean Bosco, comboniano di Ru­shere. La strada che ho fatto per raggiungerlo, in autobus ovviamente, è bellis­sima, e costeggia prima il confine tra Uganda e Tanzania, e poi quello tra quest’ultima e il Rwanda. Siamo immersi in un grandissimo Parco Nazionale, che è tale nelle tre nazioni. Aria fantastica, siamo a circa 1200 msm, verde in­finito, di tutte le tonalità, grazie alla stagione delle piogge, strade ben costruite (in parte ancora in ultimazione), segnaletica turistica avanzata. Sembra quasi di essere verso la Svizzera o l’Austria. Il Rwanda si contraddistingue in questo, in modo assoluto dal Congo, il più ricco e povero dei vicini, ma anche dall’U-ganda, che si sta muovendo solo ora verso la modernizzazione della rete stra­dale e delle infrastrutture, della distribuzione dell’energia elettrica e dell’acqua… Come già detto varie volte, la rete telefonica è solo via etere, con ripetitori e cellulari: le linee via cavo sarebbero state troppo costose ed il rame a portata di furto…

Il villaggio di padre Jean Bosco è stato distrutto ed i suoi abitanti uccisi durante la guerra tra Utu e Tutsi: Jean Bosco è uno dei pochi superstiti della sua fami­glia. Entrando nei Comboniani ha venduto una parte dei terreni che i suoi ave­vano, e su di essi è stato costruito un ospedale oftalmico, uno dei pochi punti specialistici per la vista, completo di case per i dottori ed il personale.
Nel suo terreno ha invece costruito una grande casa per gli orfani della guerra, che ha poi mantenuto agli studi ed ora lo stanno ripagando con le lauree prese in giro per il mondo e tanto affetto!

Dal villaggio, meglio sarebbe dire dalla cittadina di padre Jean Bosco, siamo ri­partiti il sabato mattina alle 4 per andare direttamente a Rushere, dove alle 11 ci sarebbe stata una riunione dei genitori della scuola secondaria per ragazze.

Mi fa piacere ripetere che questa scuola (liceo) è riservata alle ragazze di fami­glie disagiate e con il rischio del matrimonio per interesse intorno ai tredici anni. Padre Jean Bosco, con i comboniani, hanno messo in piedi la scuola, l’hanno avviata ed ora, dopo averla offerta alla diocesi, hanno deciso di darla ai genitori delle ragazze, con il grande impegno di lasciarle studiare fino al diplo­ma (18-20 anni), in modo che poi possano fare le loro scelte liberamente.
Le allieve sono aumentate durante l’anno ed hanno superato il centinaio, segno evidente della maturazione di genitori e ragazze!
Al ritorno da Rushere, una breve sosta a Mbarara per riassumere le idee del progetto dell’orfanotrofio. Un bel progetto, seguito anche dalla chiesa penteco­stale, che gestisce la scuola materna e primaria e sta progettando un suo rifa­cimento (come fatto da noi a Bukunda in questo anno!).
Da parte mia ho chiarito che cercherò di trovare una soluzione valida ed effi­ciente per la costruzione dell’orfanotrofio e che, anzi, la comunità pastorale pentecostale dovrebbe cercare di collaborare anche a questo progetto.
La cosa simpatica di questo progetto è che chi sta lavorando con gli orfani sono giovani, per lo più coristi della chiesa. Vorrebbero, al fine di raccogliere meglio i fondi, fare una tournée in Italia nella prossima estate… Vedremo se, tra tanti amici, anche musicisti, non riusciremo a trovare anche una cooperazione in questo senso!

La prossima settimana, quella prima dell’11 novembre, tornerò ancora a Gulu, per incontrare ancora una volta gli amici comboniani, che si ritroveranno nu­merosi per i loro esercizi spirituali, e gli amici dell’ospedale di Kalongo, per gli ultimi sviluppi sulla informatizzazione delle procedure di accoglienza, analisi, anamnesi, e amministrazione dello stesso. Ma oltre a questo, avrò l’occasione di incontrare ancora una volta padre Ramon e padre Guido, i due comboniani che ci hanno accolti a Kalongo nella fase di preparazione e “inizio attività” della scuola di informatica nel centro giovanile della parrocchia. Siamo già al secon­do ciclo di corsi!

Cari Amici, qui finisce l’avventura… NO! E’ il momento di dire che

QUI COMINCIA UNA NUOVA AVVENTURA!”…

Chi mi darà una mano a costruire l’orfanotrofio a Ruti, dieci chilometri oltre Mbarara, verso il Congo? Una casa con quaranta posti per gli orfani e gli abbandonati, oltre al posto per il personale di servizio e di direzione…
Entro questo mese pubblicherò il progetto, disegni e preventivo… Non sarà un gioco, ma so che molti di voi possono moltiplicarsi con i loro amici e far aumentare la partecipazione attiva. Cene, tombolate, concerti, organizzate quello che volete! Io cercherò di aiutarvi personalmente con la mia presenza…
Chi può offrire meno, potrà partecipare al mantenimento di studenti fino alla fine del liceo, con pochi euro mensili (anche per metà delle tasse).
So di chiedere molto, ma so anche che chiedere poco a molti, aiuta più di quanto si possa immaginare!



Per AIUTARE vecchi e nuovi PROGETTI:


Bonifico bancario sul seguente IBAN:

BANCA CARIGE : Merlo Paolo – Progetti DIVERSI
Codice IBAN: IT47 N061 7514 1100 0000 9206 470

NON IMPORTA QUANTO e COME… MA… AIUTATECI!!

Per ulteriori informazioni:

domenica 21 ottobre 2018

8 – Nuove idee, nuovi progetti e vecchi amici





Nelle due ultime settimane ho fatto qualche “viaggetto” al sud, ma anche al nord, ad ascoltare gli appelli e le richieste di aiuto di tanti amici ugandesi, e proprio queste richieste mi portano a ricordare l’idea lanciata circa un mese fa, di costituire una nuova associazione che abbia la finalità di raccogliere fondi destinati all’educazione scolastica ed all’istruzione.
Quella prima idea sta avendo sviluppi diversi. Il primo sviluppo è che forse non serve fare una nuova associazione ma sarebbe meglio unire le forze e gli sforzi di associazioni già esistenti. Nell’ambito educativo-scolastico in cui sto operando ormai da quasi dieci anni, oltre all’impegno continuo e tanto proficuo del “Progetto INFORMAFRICA”, sempre sostenuto ed allargato da “ISF Informatici Senza Frontiere”, abbiamo iniziato colloqui fattivi con la parallela associazione “Docenti Senza Frontiere”.

L’idea fondante è quella di unire gli sforzi di “fundraising” (ricerca fondi), aumentare la base degli amici che collaborano economicamente, ma anche progettualmente e fattivamente, ai progetti, incrementare la politica di “informazione trasparente” sui progetti in fase di sviluppo, e consentire agli amici donatori di gestire la loro generosità anche da un punto di vista fiscale, ben sapendo che i problemi non sono solo in Africa…

Un secondo motivo di questa ricerca di una partnership “forte”, ma che non riduca il valore delle donazioni con costi di gestione inutili e assurdi, quindi basata solo sul volontariato, è di poter gestire un problema molto grande che si riscontra nelle richieste di aiuto: la “sponsorizzazione” degli studenti più poveri e capaci. In sostanza una specie di “adozione a distanza per lo studio”, quindi pagamento delle tasse scolastiche, dei libri, dell’abbigliamento e del mantenimento nei “college”.
Non voglio, come penso la maggioranza di voi, donare ad ONG che spendono nei loro stipendi da favola ed in rimborsi stellari, tutto o quasi il denaro che viene loro dato da Stati (dalle tasche dei cittadini) e industriali che non vogliono pagare le tasse regolari. Ciò che le famiglie di buona volontà hanno risparmiato e vogliono mettere a disposizione di persone in stato di disagio permanente, DEVE essere a disposizione INTEGRALMENTE dei progetti, essendo noi solo dei volontari, donatori di tempo e conoscenza.

Al mio rientro, dopo il 15 novembre, mi farebbe piacere poter incontrare chi di voi è già tra gli “amici donatori”, chi dona “periodicamente”, chi è comunque interessato a finanziare l’educazione scolastica o a partecipare ad attività di promozione di questi progetti “educativi” che sono alla base dello sviluppo di qualsiasi paese. Potremo fare sicuramente molto più e molto meglio di quanto fanno le multinazionali che rapinano materie prime, uccidono i mercati locali, sfruttano gli operai, donne e bambini compresi, in lavori usuranti come quello delle miniere, o rubano il territorio di questi paesi per coltivazioni transgeniche o di biocarburi, senza lasciare un centesimo a chi viene cacciato dalla sua terra, ma lasciando congrue tangenti in mano a governanti e funzionari corrotti che si arricchiscono a dismisura alle spalle della popolazione, lasciata senza istruzione, senza trasporti, senza sanità, ma con tanti soldati e tantissima polizia pubblica e privata…

Ma parliamo ora di alcuni progetti nuovi che si stanno preparando.

Great Favour Orphanage” - Ruti (Mbarara)
Nel profondo Sud Ovest, verso il confine con Rwanda e Congo RDC, a Mbarara, una comunità a una decina di chilometri dal centro, chiede di aiutare la messa in opera e lo sviluppo di un orfanotrofio che esiste in forma “primordiale” ed assiste una ventina di bambini di strada, orfani o abbandonati. Ora questi bimbi vivono in un paio di stanze in affitto in una specie di “casa di ringhiera” in campagna, grazie alla generosa assistenza ed al carico che se ne è presa una signora che finanzia nei suoi limiti quest’operazione e da alcune donne che vengono retribuite per la preparazione dei pasti e la permanenza nella casa giorno e notte.
Nel villaggio, la comunità rurale ha già creato una scuola primaria che funziona in parte in quattro piccole aule e in parte nella chiesa “protestante”.
Il progetto dovrebbe finanziare la costruzione di una casa funzionale alla vita quotidiana di circa una quarantina di bambini/e dai 6 ai 14 anni, provenienti da abbandoni voluti o meno, ed alla loro istruzione regolare almeno per la scuola primaria.

Nel Nord, invece, dove mi recherò nella prima settimana di novembre, al confine con il Sud Sudan, dove si trovano circa 1.800.000 sfollati/rifugiati sud-sudanesi, nella cittadina confinante di Moyo, c’è una richiesta di creare una scuola materna e primaria modello, per dare la possibilità agli abitanti di alcune frazioni di avere la scuola centrale rispetto a loro e non all’estrema periferia, come accadeva anche a Bukunda…

Progetti di questo tipo vengono richiesti da molte comunità e molto stanno facendo quasi tutte le comunità religiose (cattoliche, protestanti, musulmane) ma anche avventurieri economici che costruiscono scuole belle e con promesse allettanti per insegnanti e studenti; si fanno pagare cifre esorbitanti giustificando stipendi elevati per gli insegnanti e costi di servizi che vengono dati solo inizialmente; poi finiscono i soldi, non possono permettersi il mantenimento di strutture costruite in estrema economia, ed abbandonano il tutto alla fine del rientro economico dell’investimento iniziale.
Di qui la scelta di “gestire in proprio” pochi progetti ma ad alto contenuto sociale, in aree rurali depresse.

Non voglio insistere più… Vi chiedo, come sempre, di partecipare, anche solo con un “NO, non ci credo!” di qualcuno, ma anche con un “Incontriamoci!”, gli altri…
GRAZIE!




Per AIUTARE vecchi
 

e nuovi PROGETTI:


Bonifico bancario sul seguente IBAN:

BANCA CARIGE : Merlo Paolo – Progetti DIVERSI
Codice IBAN: IT72Q 06175 14110 000009 208370

NON IMPORTA QUANTO e COME… MA… AIUTATECI!!

Per ulteriori informazioni:




sabato 29 settembre 2018

7 – E’ la vita...




A Kalongo mi ritrovo quasi come ero di casa a Mapuordit otto anni fa o a Yirol, appena due anni fa: il paesaggio, fatto di savana, rocce che si innalzano come girasoli verso il cielo, pochi alberi ma importanti per l’ombra che fanno, per gli oli che danno, per come comunicano che intorno qualcuno ci vive, ma anche e soprattutto per la loro imponente altezza…
Molti sono anche “famosi”… come lo “shea tree”, che con le sue “nocciole” fornisce un olio ottimo e direttamente utilizzabile in cucina, ma anche come olio cosmetico, e qui donne e uomini hanno la pelle liscia e vellutata proprio grazie agli oli naturali che utilizzano dopo ogni doccia (e ne fanno ben più di una al giorno!).

A Kalongo mi fermo giusto tre settimane, perché il corso deve finire prima dell’inizio delle scuole. Sono arrivato di sabato e di sabato riparto: quindi solo due week end di riposo annunciato, ma mai mantenuto!
In realtà va un ulteriore grazie a padre Ramon ed a Nicole che si sono coalizzati con un medico italiano dell’ospedale, qui da un anno con la famiglia ed in procinto di rientrare, per farci godere questo posto anche da un punto di vista turistico. Ci vogliono far innamorare di Kalongo… e ci riescono!

Il primo week end di vacanza, a causa degli impegni religiosi di padre Ramon,
lo trascorriamo lavorando sabato sui pc della scuola per aggiornarli definitiva-mente e poi domenica in giro con lui che deve dire almeno tre messe in posti diversi. Conosciamo così una parte interessante della zona: piena savana, culture di patate, cotone, kassava, girasoli, mais bianco… e rocce, e alberi grandi e solitari, che, nella loro altezza, sembrano cercare qualcuno lontano con cui parlare…
La gente, gli Acholi, sono un’etnia molto bella, quasi come i burkinabé del Burkina Faso… Persone simpatiche e cordiali a cui basta un saluto, “apwoyo”, per farteli amici… Le messe sono tutte piene: una messa al mese circa, per poter visitare tutte le comunità della parrocchia, diventa un momento di vita insieme, pregando sì, ma anche cantando e suonando e ballando e trovandosi tutti a condividere la fede cristiana che hanno raggiunto.

Il sabato successivo padre Ramon, con noi, le figlie del medico e alcuni ragazzi della scuola infermieristica, organizza la gita alla “collina” che domina come uno sperone roccioso Kalongo e il suo ospedale, ricordandoci della precarietà della vita con il suo sovrastare incombente e dietro a cui vanno a dormire, a tempo debito, il sole e la luna, lasciandoci peraltro in un buio che ci fa contare miliardi di stelle ed osservare nitidamente la “via lattea” (milk-way).
Dall’alto la vista panoramica si estende per decine di chilometri su ogni lato, in una mattina soleggiata ma con un po’ di foschia, e tanto vento in cima che ci fa godere anche il sole fortissimo di questa stagione.

Il pomeriggio/sera è dedicato alla visita ad un nuovo “ristorante” aperto da una dipendente dell’ospedale che deve guadagnare di più per pagare le tasse scolastiche ai due figli che sono ormai grandi e costano molto sia per la scuola sia per il mantenimento fuori casa.

Mentre andiamo verso il ristorante arriva la notizia che al mattino, in Sud Sudan, a Yirol, è finito nel lago, contro la riva, l’aereo proveniente da Juba… Si contano 20 morti, tra cui i tre membri dell’equipaggio, e tre sopravvissuti: uno di questi è un giovane medico italiano del CUAMM, con cui la mia associazione (ISF Informatici Senza Frontiere) collabora strettamente, alla sua prima esperienza in Africa… ora è appena rientrato in Italia dopo essere stato operato a Nairobi. Una mia amica ugandese, che lavora proprio ad Yirol come insegnante degli infermieri, mi dice per telefono che avrebbe dovuto prendere anche lei l’aereo, con altri colleghi italiani: un ritardo li ha salvati tutti…
Ho preso quel volo, in direzione Juba, due anni fa, e scrissi che mi sentivo sull’aereo di “Piedone, l’africano”, alias Bud Spencer, alias Carlo Pedersoli: scrissi che ero tranquillo solo perché in caso estremo sarei forse riuscito a maneggiare quel tipo di velivolo antidiluviano, tanto simile al Piper idrovolante con cui ho fatto, da giovanissimo, scuola di pilotaggio sul lago di Como.
E’ la vita… anche i “volontari” rischiano ogni tanto, magari senza saperlo, magari facendo finta di nulla, perché tanto siamo di passaggio ed è bello passare la vita così…

La domenica ancora a spasso per le messe di padre Ramon e pranzo “etnico”, con le mani, a casa di un catechista. Nicole è alla prova del fuoco e del cuoco!
Se la cava benissimo e senza fatica: è veramente un ottimo acquisto per ISF e per l’Africa! Lei si sente a casa dal primo giorno, anche se alcune emozioni, ad esempio con i bambini, non riesce proprio a nasconderle…

Ultima settimana che corre senza tregua: giovedì gli esami, venerdì pomeriggio la consegna dei certificati e sabato mattina sveglia all’alba! La banda giovanile ha deciso di andare a vedere il Parco Nazionale di Marchinson Falls, per cui si parte alle 6. Io mi faccio accompagnare a Gulu e di lì proseguirò per Kampala.
Loro rientreranno domenica mattina a Gulu, dopo un breve safari fotografico, e Nicole mi raggiungerà a Kampala alla sera.

Anche questa è fatta!” ripeteva Totò… ecco…
Un bellissima soddisfazione scoprire di avere trovato una collega giovane che si è innamorata di Africa, Kalongo, ospedale comboniano, bambini, ambiente e che quindi fa sperare che il Progetto Informafrica abbia ancora lunga vita.
Ma soddisfazione ancora maggiore quando, dopo un paio di giorni, ci telefonano gli allievi di Kalongo per dirci che dal prossimo lunedì, ad una settimana dalla fine del nostro corso, inizieranno una serie di corsi ai giovani della cittadina!
Nicole parte felice ed io rimango, ancora più felice, perché i progetti sono molti e spero di riuscire a portarne a termine ancora qualcuno!



Per AIUTARE la scuola

e i bimbi di BUKUNDA:


Bonifico bancario sul seguente IBAN:

BANCA CARIGE : Merlo Paolo - Progetto Bukunda
Codice IBAN: IT72Q 06175 14110 000009 208370

NON IMPORTA QUANTO e COME… MA… AIUTATECI!!

Per ulteriori informazioni:


mercoledì 12 settembre 2018

6 – Nuovo viaggio, nuove esperienze




Sono in Uganda già da tre settimane e solo oggi riesco a trovare il tempo di raccontare, a me stesso, ai miei nipotini ed a tutti i miei amici che, sapendomi qua, mi sollecitano a dare notizie e spunti per immaginare quanto, per i più svariati motivi, non possono vivere in prima persona, anche se poi partecipano anche generosamente alle mie “avventure” nella creazione di qualcosa di utile per questi popoli che sono costretti a fare della propria povertà una virtù ed un “modello di vita solidaristica” che noi non sappiamo più nemmeno immaginare.

Un piccolo episodio alla Messa. Ad un bimbo cade una caramella e si rompe. Dopo un po’ un bimbo dalla fila accanto vede la caramella rotta e ne raccoglie il pezzo più grande: al primo momento fa per metterselo in bocca, ma cambia subito idea e lo da al bimbo a cui era caduta; la mamma di quest’ultimo raccoglie l’altro pezzo e lo da al bimbo che ha raccolto il primo. Bravo il bimbo e brava la mamma! Africa...

Il viaggio è andato bene, come di norma, salvo un ritardo di un’ora e mezzo nella partenza da Fiumicino e relativo ritardo all’arrivo al Cairo. Ho aspettato un’ora e mezzo di meno al Cairo… Visione positiva delle cose, come nella migliore tradizione africana!
Unica variante sul viaggio: alle 4 del mattino della domenica di arrivo, andando dall’aeroporto a Kampala, il taxi che mi portava è rimasto senza carburante, dopo aver superato almeno sei distributori aperti… Attesa di circa venti minuti sul taxi, finché il driver non è tornato, su un moto-taxi, con il carburante…
Tanto dovevo solo andare a dormire…

I primi giorni li trascorro a Kampala, per organizzare quanto deve ancora essere portato a Kalongo per rifinire ed attivare l’aula di computer della parrocchia che l’ecuadoregno padre Ramon ha voluto per raccogliere ed educare i giovani della piccola cittadina del nord, cresciuta moltissimo dopo la nascita del dispensario comboniano, nel 1934.
Devo anche attendere l’arrivo di una neofita dell’Africa: Nicole, giovane informatica pisana, che ha chiesto ad Informatici Senza Frontiere di fare, a sue spese, una prima esperienza con uno di noi, maggiorenne e vaccinato a climi, usi e costumi diversi…

Kalongo ci attende. Al margine della Karamoja, questo piccolo centro non supera le dimensioni di un villaggio, ed è costruito lungo tre direttrici che si incontrano davanti al viale di ingresso a quello che era il “dispensario” del 1934, segno evidente che il villaggio si è espanso dopo la nascita dell’ospedale stesso, ed in maniera assolutamente ordinata.
All’inizio degli anni ‘50, il missionario che dirigeva il locale dispensario, sentito che Giuseppe Ambrosoli, studente nel seminario comboniano, medico, in procinto di diventare sacerdote, desiderava esercitare la professione in Africa, gli chiede di venire a lavorare come medico a Kalongo. Il padre comboniano chiede al vescovo di Milano, all’epoca mons. Montini, di accelerare i tempi per il sacerdozio di padre Giuseppe ed in tre mesi, nel 1955, riesce ad ottenere la consacrazione e l’anno dopo la partenza per la terra degli Acholi (Gulu e nord-est dell’Uganda).
Padre Ambrosoli, figlio del fondatore della fabbrica di caramelle al miele, aveva deciso di donare la sua vita e i suoi studi alla cura degli ultimi, nello stile di padre Daniele Comboni; il medico-missionario, rimarrà in questo ospedale durante le varie guerre ugandesi fino a pochissimi giorni prima della sua morte, avvenuta per le conseguenze della guerra, a Lira, il 27 marzo 1987.
Storia veramente bella ed esemplare per tutti coloro, missionari e non, che si sentono chiamati “all’altro”.
La Chiesa lo ha già inserito nei “venerabili”, coloro che hanno dato esempio di vita santa e legata agli ideali evangelici.

Oggi questo splendido ospedale, riaperto nel 1989 grazie a padre Tocalli, con la continuazione dei finanziamenti da parte della famiglia Ambrosoli (e della omonima Fondazione) e di tanti altri, continua ad essere un fiore all’occhiello dei missionari comboniani, come gli altri due, altrettanto famosi, di Gulu (Lachor Hospital) e di Matanyi, in Karamoja.

Siamo venuti qui con Nicole, per allestire la nuova “computer room” di cui parlavo sopra e preparare alcuni giovani all’insegnamento dell’informatica, con un corso di tre settimane. Appena arrivati siamo stati presentati ai volontari italiani che lavorano nell’ospedale e siamo stati coinvolti anche qui per cercare soluzioni e miglioramenti informativi. Informatici Senza Frontiere ha realizzato un pacchetto software proprio sulla gestione ospedaliera e lo ha appena revisionato con la consulenza e l’analisi dell’associazione “CUAMM, medici per l’Africa” di Padova. Vedremo cosa si può fare, ma sarebbe una cosa bellissima tornare qui per dedicarsi a questo tipo di applicazione!

Questo dell’aula di informatica a Kalongo è il primo lavoro che farò nei tre mesi di permanenza in Uganda. Poi tornerò alla scuola secondaria di Rushere, per vedere come funziona ed a Bukunda per i passi successivi alla costruzione della stessa, ormai terminata.

Non temete, Amici!
Conto sempre sulla generosità di tutti e vi chiederò ancora aiuto, per questa scuola e per altri progetti che si stanno materializzando: un’altra scuola, un orfanotrofio e così via… Questo è ciò di cui la gente di qui ha bisogno, questi sono gli unici motivi per cui verrebbero via di qua!

Da qualche tempo, con qualche amico, stiamo pensando di costituire una Associazione che ci consenta di far detrarre dalle tasse tutte le offerte che ci arrivano, ovviamente escludendo gli importi minimi. In questo modo sarebbe possibile anche arrivare a “mantenere agli studi” alcuni tra i ragazzi più meritevoli con cifre piuttosto esigue….
Gradirei che ognuno di voi che leggete queste note mi esprimesse il suo parere e il suo consiglio. Inutile dire che questa idea va oltre la mia associazione ad ISF, con cui non ci saranno possibilità di conflitto, in quanto questa associazione si occuperebbe di aiutare direttamente i ragazzi studenti e solo nelle scuole primarie e secondarie.



Per AIUTARE la scuola

e i bimbi di BUKUNDA:

Bonifico bancario sul seguente IBAN:

BANCA CARIGE : Merlo Paolo - Progetto Bukunda
Codice IBAN: IT72Q 06175 14110 000009 208370

NON IMPORTA QUANTO e COME… MA… AIUTATECI!!

Per ulteriori informazioni:




lunedì 26 marzo 2018

5 – Quattro giorni di Africa pura




In questa settimana che precede la Settimana Santa sono voluto e dovuto andare a fare un giro per le “classi di informatica” fatte e quelle da fare.
Armato di grande pazienza, non avendo altri mezzi a disposizione, ho fatto an­cora una volta il “mzungu africanizzato”: lo sono… Mi fa piacere e mi dà anche gioia stare in mezzo a queste persone, a questa gente, sentirla parlare, urlare, ridere… vedere come si stanno “modernizzando” attraverso l’uso di un telefoni­no cinese anche da pochi soldi… vedere come l’”ITC” (tecnologia dell’informa­zione e della comunicazione) sta invadendo anche la loro vita e sta facendo su­perare loro il “gap” tecnologico, storico, artistico, conoscitivo che li separa dal mondo occidentale.
Purtroppo questo non è solo un bene, visto che stanno imparando anche le tec­niche di mercato, le frodi fiscali (ma sempre a danno di altri truffatori!) e tante altre cose poco buone che il mondo capitalistico-finanziario insegna a noi e a loro…

Andare a Lira è solo questione di tempo: la strada è ottima, asfaltata ed abba­stanza larga, almeno fuori Kampala… Per uscire dalla città occorrono sempre al­meno 45-60 minuti, che in confronto all’eternità sono niente, ma su un viaggio di 330 chilometri, spostano la media da quattro/cinque ore ad almeno sei o set­te…
Ripasso il Nilo a Karuma, dove c’è uno dei pochissimi ponti in Uganda, (quello per cui mi sono svegliato all’improvviso nella notte in cui andavo a Moyo…): oggi è giorno e l’effetto è inferiore; dopo il ponte sono aumentate e di molto le scimmie che stanno sedute sul guard-rail aspettando che qualche passante lan­ci loro da mangiare.
Poi ci si ferma per “una telefonata breve” in un piazzale di rifornimento carbu­ranti con un ristorante self-service e confezioni da asporto, ed un piccolo super­mercato stampo autogrill… La corsa alle toilette è più che prevedibile, ed in ef­fetti sono molte e tenute ai livelli minimi di decenza… altro che lamentarsi delle nostre! Partito alle 10.30, arrivo alle 17 appena scoccate: fratel Gilberto è pun­tualissimo ad aspettarmi al “taxi-park” ed a portarmi alla missione di Ngetta, dove per prima cosa, come in ogni missione che si rispetti, c’è l’accoglienza con un caffè quasi all’italiana, qualche frutto locale ed una doccia ristoratrice.

Programma di un giorno, il successivo, piuttosto intenso: saluto al vescovo “che puzza di pecora”, appena incontrato a Kampala, giretto in città e poi si torna a parlare con il responsabile della scuola tecnica per vedere se ci sono novità, sentirsi dire che negli ultimi due anni sono passati un centinaio di ragazzi ad imparare l’uso dei computer, e programmare un aggiornamento dei pc per il prossimo giro. Pomeriggio con padre Cosimo, responsabile del Centro Cateche­tico, ed il vescovo che passa ancora una volta a salutarmi: la mattina era impe­gnatissimo e c’era stato solo il tempo per un “ciao, passo a salutarti nel pome­riggio!”. Peccato che sia dimissionario per ragioni di età…

Mercoledì mattina ho in programma il trasferimento a Kalongo, un villaggio nel­la savana cresciuto grazie al dr. Giuseppe Ambrosoli, quello che lasciò l’azienda di caramelle al miele più famosa al mondo, per andare “ad aiutarli a casa loro”…
Il viaggio è buono: il taxi da 8 posti è confortevole, anche se i passeggeri, con il conducente, sono una dozzina, la strada molto meno… Dopo alcuni chilometri, a causa delle prime piogge, è già pieno di buche ed attraversamenti di acqua. Il paesaggio è quello della Karamoja e del Sud Sudan: piante basse, coltivazioni di kassava, poche papaye e banani, qualche mango e qualche grande albero ogni tanto. Per il resto capre e mucche con la gobba, come i bisonti, proprio come in Sud Sudan. Persone che camminano a piedi lungo le strade, ricoperte dalla polvere dei pochi veicoli che passano senza riguardo, e che sembra non si debbano fermare mai, dato che i villaggi di tucul coperti con il sorgo, sono bassi e quasi invisibili all’occhio non esperto.

Per portare tutti a destinazione, si fanno giri e controgiri nella savana, sotto un bel sole caldo (30 e passa gradi all’ombra): alla fine impieghiamo 4 ore e mez­zo percorrendo circa 150 chilometri… siamo nella media dei 30 km/h… ma qui nessuno ha fretta!

Il villaggio di Kalongo, a ridosso di uno sperone roccioso che ricorda Monselice, è relativamente piccolo, sviluppato lungo la strada principale e le poche adia­centi. Il centro è proprio l’ospedale, con a fianco la parrocchia e la missione comboniana.

Qui trovo due dei tre padri che ci lavorano: uno, purtroppo, è mancato a gen­naio e uno è in Italia per le vacanze triennali. Padre Ramon, che viene dall’Equador, mi ha chiesto di attivare una nuova “aula di informatica” nel cen­tro giovanile della parrocchia, come già fatto a Mapuordit e Yirol in Sud Sudan. Ottima idea e locali disponibili senza nemmeno bisogno dei pannelli solari, vista la connessione all’energia elettrica dell’ospedale 24 ore su 24.
I laptop li ho già disponibili dal progetto congolese di Nyantende, sospeso fino a nuova data, ed ISF mi ha già dato un ok di massima…

Parliamo del progetto anche con padre Guido Miotti, parroco, valtellinese puro sangue, di Caspoggio (Val Malenco), dice di avere 87 anni, ma è più vivace di me; padre Ramon dice che non mangia e non capisce di cosa viva, ma forse è proprio in una sana e contenuta alimentazione il suo segreto: lunga vita!
Visto che il progetto raggiunge si e no i 5.000 euro, decidiamo di farlo fare solo a “Informatici Senza Frontiere” e parrocchia comboniana.

Mercoledì mattina riparto presto, alle 8.30, per tornare a Kampala, passando da Gulu, un po’ per fare una strada diversa e vedere un nuovo paesaggio, un po’ per incontrare un amico conosciuto in Sud Sudan diversi anni fa, e che è di rientro per Pasqua a casa.
La mia idea di una nuova strada e di un nuovo paesaggio è subito ridimensiona­ta dall’autista del piccolo bus: ripercorre la strada verso Lira, fino a Pader e Rogkoko, quindi per almeno un’ottantina di chilometri, di cui una trentina di strada di tipo sud-sudanese… molte buche con intorno pezzi di strada battuta…
Dopo Rogkoko si gira a destra in direzione di Gulu, che si raggiunge dopo le 13, dopo aver soccorso un’auto in panne ed averla trainata per una cinquantina di chilometri con almeno cinque “strappi” della corda di traino…
Anche questi sono “colori africani”: nessuno che si sia lamentato, solo qualche commento ironico e molte risate. La solidarietà è anche questo: condividere i problemi degli altri e trovarne insieme una soluzione nella calma e nella gioia. Alla faccia del nostro egoismo.

Arrivato a Gulu, ho giusto il tempo di trovare un bus che parte alle tre e mezzo, fare un pranzo velocissimo (carne di capra e patatine fritte) e le quattro chiac­chiere di rito dopo tanto tempo che non ci si vede.

Il viaggio verso Kampala (320 chilometri) promette bene, anche se l’ora è cal­dissima, ed il sole si fa proprio sentire… ma il traffico è intenso e la strada, fini­ta due anni fa è già assolutamente insufficiente.
Arriviamo alla periferia di Kampala verso le 20… Gli ultimi chilometri, dalla peri­feria alla stazione bus, ci impegnano per due ore! Scendo dal bus con il sedere che si rifiuta di stare seduto (quasi dodici ore totali di bus da stamattina): pren­do una moto e arrivo a Mbuya in un quarto d’ora.
Buonanotte!



Per AIUTARE la scuola
e i bimbi di BUKUNDA:

Bonifico bancario sul seguente IBAN:

BANCA CARIGE :                            Merlo Paolo - Progetto Bukunda
Codice IBAN:                    IT72Q 06175 14110 000009 208370

NON IMPORTA QUANTO e COME… MA… AIUTATECI!!

Per ulteriori informazioni: