Progetto INFORMAFRICA


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lunedì 13 dicembre 2010

I fuochi accesi vicino ai tucul, nessuna luce… un’altra dimensione

In questo fine settimana se ne sono andate le suore, la dottoressa Paola, che era qui da due anni e tanti altri. Feste, cene e lacrime a ripetizione. In questi posti di frontiera nascono amicizie molto simili a quelle estive, del mare o della montagna: ci si conosce, ci si frequenta, siamo sempre assolutamente solidali, ci si promette di frequentarsi anche dopo, in Europa, ma poi la nostra civiltà ci fa perdere le tracce uno dell’altro, travolti dalle pseudonecessità del correre quotidiano dietro al benessere.
Giovedì scorso ho avuto il colloquio conclusivo con suor Philippa, la direttrice delle scuole: a parte tutti i complimenti e ringraziamenti possibili, da parte sua e degli insegnanti che ho seguito, mi chiede di tornare per l’anno scolastico prossimo, da aprile a fine ottobre, per tenere corsi regolari: un secondo livello agli insegnanti della scuola superiore ed un primo livello a quelli della primaria. Non speravo tanto, anche se in cuor mio, penso di aver dato quanto potevo!

Anche a Pan Amat, la “scuoletta di periferia”, mi chiedono di tornare e stanno già lavorando per prepararmi un’aula di informatica in cui si possa anche proiettare, invece di andare nella capanna-scuola, frequentata abitualmente anche da asini, capre e pecore. Qui avrò bisogno dei personal computer portatili, perché consumano molto meno, e di un generatore un po’ più potente e magari a pannelli solari, con batteria, per risparmiare poi sulle spese di carburante e sul rumore infernale che accompagna ogni lezione.

Rifletto un momento su questo punto: portiamo dall’Europa, spesso e volentieri, cose veramente assurde, a pensarci bene. Ecco, il generatore. Ovvio, qui manca la corrente elettrica e regaliamo un generatore che consuma un litro di miscela ogni ora di accensione per 650W. Non pensiamo assolutamente che qui il carburante non c’è! Non ci sono le automobili e solo poche motociclette: il carburante si può comprare sì, ma a prezzi folli nelle bottigliette da mezzo litro della cocacola o della “soda”, ma in genere si va a Rumbek, ad 80 chilometri, con le taniche da 50 litri e costa poco più di un euro al litro, che per questa gente, per questi posti, è una cifra esorbitante.

Ma il bello è proprio la mancanza della corrente elettrica; una piccola torcia a dinamo, con ricarica manuale tipo macinino del caffè, consente di vagare nella notte per la savana: i fuochi accesi vicino ai tucul, nessuna luce e tanti animali… un’altra dimensione, umana, personale, intima.

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