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domenica 26 dicembre 2010

E’ forse ora che faccia anche io le valigie…

L’ultima settimana a Mapuordit è trascorsa tra la fine del secondo corso a Pan Amat, con gli esami e, di conseguenza, contenti e scontenti, con i primi saluti, le partenze degli ultimi volontari stranieri, gli operai ugandesi e kenyoti che stanno lavorando all’ospedale ed alla scuola primaria, e di tutti quelli che lavorano e vivono a Mapuordit che sono andati a trascorrere le vacanze nei villaggi di origine.
Ci sono zone del villaggio che hanno assunto un aspetto tra lo spettrale e il senso dell’attesa di una stagione migliore: i cortili sono stati ripuliti che sembrano finti, non ci sono più i bimbi che urlano “hallo! hallo!”, non ci sono più le donne e le ragazze che pestano il mais, non ci sono più gli uomini seduti a chiacchierare sotto gli alberi.
E’ forse ora che faccia anche io le valigie…


La sera a cena si parla, come sempre, di tante cose; stasera si torna sulla visita di un commercialista pavese che sta scrivendo una “storia del Sudan”: era ad Yirol per il Convegno giovanile ed il lunedì mattina lo hanno chiamato all'ospedale del CUAMM per una donazione di sangue. Ricordo di essere donatore di sangue anche io e lo dico: “Allora domattina alle 8 vieni a donare all'ospedale!” è la reazione immediata, indiscutibile, perentoria di fratel Rosario, che poi, quasi a giustificarsi di una richiesta tanto normale e giusta, aggiunge: “Ne abbiamo sempre bisogno!”.

Così al mattino alle 8 mi presento a fratel Andres per il prelievo: passa una mano sul lettino per spolverarlo un po', mi fa sdraiare, trova un ago di quelli belli grossi di una volta e mi “succhia” una sacca di circa mezzo litro. Quando gli chiedo, quasi sottovoce, “ma gli esami quando li fai?”, risponde sicuro e tranquillo: ora tu puoi andare e noi facciamo gli esami!...

Mi faccio accompagnare a Pan Amat perché non so se da solo ci arrivo. A chiusura del corso voglio proiettare un film sulla “Redenzione”, fatto di sole immagini artistiche che stupiscono non poco il folto pubblico di bambini e uomini che si accalcano dietro di me… Alla fine James mi regala una pipa di Agany, come ricordo dell’esperienza di questi tre mesi! E’ l’unico oggetto artigianale, oltre alle collanine dei pastori dinka, che si può trovare in zona. Ricordo veramente gradito. Contraccambio pagando il cemento per le pareti della “scuoletta”.

La sera  arriva il vescovo e celebra la messa della Natività alla luce di quattro lampade accese grazie al rumorosissimo generatore a benzina; unito alle voci mai dome dei bimbi che partecipano alla celebrazione fino a quando non crollano addormentati a terra, il rumore copre totalmente la voce del vescovo, dei lettori e del parroco, per cui tutto avviene in modo quasi surreale. Prima della messa il vescovo si isola per confessare ed è veramente commovente vedere quanti giovani e adulti si portano a lui con le loro pene ed il loro pentimento.

Il giorno di Natale è di riposo, di incontro, di preghiera attiva, ma per me è anche momento di riflessione e preparativi. La mattina è però impegnata nella messa del vescovo che annuncia ufficialmente la partenza di padre Daniele per Juba, dove prende l’incarico di Provinciale per il Sud Sudan dei Missionari Comboniani. Momenti di commozione e di riconoscimento per quanto questo missionario è riuscito a fare in poco più di un anno in questo villaggio; dalle attività per i giovani alla promozione umana delle donne, dallo sport alla sensibilizzazione verso il Referendum e la trasformazione del Sud Sudan in nazione indipendente.
Il pomeriggio lo passo a scrivere, a preparare le valigie, a passeggiare ancora una volta per il villaggio. Mi piace rivedere i volti noti degli anziani, dei pochi commercianti, le bancarelle semivuote, ed anche sentire l’acre odore d’Africa.

Oggi, domenica, ultimo giorno, ci sarà anche la festa dell’Ospedale con la “cena del villaggio”, i discorsi dei “leader”, le danze dei giovani e qualche lacrima prima della partenza, al momento dei saluti. Tanta gioia nel vedere l’apprezzamento per quanto fatto, tanta speranza di poter tornare a continuare questa collaborazione, un po’ di tristezza per ciò che si lascia, e tanto timore per un ritorno ad una civiltà tanto più progredita quanto poco umana. Il solo pensiero delle “luminarie natalizie”, delle luci di un centro commerciale, del frastuono di strade e industrie, mi sconvolge non poco.

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