Fine
settimana con festa nazionale a creare un “ponte”... da quando
sono arrivato è già la terza! Mi sembra di correrci dietro...
Il fatto è che a Gulu non hanno festeggiato il 9 ottobre il
cinquantesimo anniversario dell'indipendenza e lo hanno festeggiato
due settimane fa, la settimana scorsa invece c'è stata una festa
musulmana: siccome i musulmani sono non più del 15% della
popolazione si può capire bene come funzionino le cose...
Il
fatto è che qui le feste sono “autoregolamentate” dalla mancanza
di contratti di lavoro, di assistenza sanitaria e quant'altro ci
possiamo permettere in Europa! Quando c'è una festa nazionale
significa che i dipendenti statali fanno festa e gli altri lavorano,
tutti, altrimenti perdono la giornata!
Approfittando
che dobbiamo almeno chiudere la scuola, vado a visitare una missione
comboniana verso Kampala, a Kasaala, a pochi chilometri da una
cittadina abbastanza grande, Luweero, famosa per la sua frutta:
ananas, banane piccole, banane grandi, papaya... frutta
bellissima, saporitissima e che costa veramente poco. Poi ci
sono anche pomodori, cavoli, fagioli di vari tipi, fagiolini e così
via. Un ragazzo originario del Rwanda, ma che è nato e vive in
Italia mi chiede stupito come si possa dire che qui si muore di fame.
Proprio quello che rispondo sempre ed invariabilmente agli amici
italiani: in Africa non si muore di fame, salvo carestie particolari
o esodi di massa causati dalle guerre che riusciamo ad esportare
meglio della democrazia... al massimo si muore di malnutrizione, di
malattie endemiche, di Aids, ma di fame proprio è difficile, almeno
nella fascia tropico-equatoriale.
La
missione è una delle più vecchie che abbia visto. I padri e un
“fratello” sono veramente ospitali. Arrivo all'ora della prima
colazione dopo essere partito con un'auto dell'ospedale che andava a
Kampala alle 5 del mattino. Grazie del passaggio! Mi viene
offerta una ricca colazione e poi subito a fare un bel giro per la
missione ed alcune delle sue realizzazioni: diverse chiese, nei vari
villaggi, ed a fianco di ogni chiesa almeno una scuola primaria;
negli altri villaggi c'è magari anche una scuola secondaria o, come
a Kasaala, una “scuola tecnica”, che corrisponde ad una scuola
professionale, dove si insegnano la falegnameria e la meccanica.
Qui
mi viene chiesto di creare una “classe di informatica” e di
preparare gli insegnanti che poi dovranno formare i ragazzi
della scuola professionale e magari anche ragazzi dei villaggi
vicini.
Preparo
subito il progetto e la comunità lo approva seduta stante. A
novembre del prossimo anno, Dio volendo e gli amici aiutando, si farà
il tutto: impianto di alimentazione a pannelli solari, otto notebook
per gli studenti, uno per il docente e un proiettore... Speriamo
che gli amici che leggono le mie note si ricordino di questi
progetti e diano una mano!
Vado
in giro la domenica mattina, a Gulu, intorno alla struttura in cui
sto lavorando, e nei vari gruppi di abitazioni vedo mamme che
lavano i panni, papà che giocano con i bambini, bambini che giocano
tra loro... quanta bella gente rilassata, dedita all'orto e alla
famiglia!
La
mancanza di automobili private contribuisce a far stare tutti
insieme, in casa o andando alla messa (che è sempre uno spettacolo
particolare!), o andando alle funzioni religiose protestanti, o
semplicemente andando a piedi al mercato e “in città”. Qualche
volta si va tutti insieme sul “boda boda”, la moto-taxi che porta
anche quattro passeggeri, se ci sono i bambini! No, il casco ce
l'hanno solo in pochi e solo i conducenti delle moto!
Mi
dice una suora dell'ospedale “Lachor”, il più grande della
regione, dei padri Comboniani, che questa è la stagione delle gambe
rotte e delle braccia rovinate dallo sfregamento provocato dalle
cadute dalle moto: le strade scivolose per l'acqua, il fango della
stagione delle piogge e le buche ne sono la causa principale. A
maggio e giugno invece sono i ragazzini che impegnano gli ospedali,
cadendo dai manghi su cui si arrampicano per raccogliere quei
meravigliosi e succulentissimi frutti che ridanno le forze e la
vitalità dopo una stagione secca quasi priva di frutta e verdura.
Ho
finito di leggere un libro di Zygmunt Bauman (“La solitudine del
cittadino globale”, UE Feltrinelli, 2010) e mi rendo conto
perfettamente, soprattutto da questo angolo della terra, di quanto ci
stiano costando in termini sociali, i modelli di vita impostici
dal capitalismo finanziario, figlio diretto della globalizzazione
delle comunicazioni, ma anche dal consumismo sfrenato e dalla
mancanza totale di ogni limite dei nostri
pseudo-bisogni-primari. La civiltà del ben-avere ha sostituito
quella del ben-essere e il raggiungimento della libertà totale ci ha
costretti a chiuderci in case recintate, ad essere perennemente
osservati dalle telecamere a circuito chiuso, ad essere chiusi in
auto chiuse dall'interno per la paura... la paura della libertà
degli altri!
Sì,
perché ci siamo scordati che la nostra libertà finisce dove
comincia quella del nostro vicino, chiunque esso sia.
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