Progetto INFORMAFRICA


Ridurre il "digital divide" portando la nostra CONOSCENZA
in modo ETICO e RESPONSABILE, ma non i nostri "modelli di vita"

venerdì 13 settembre 2019

3 – Dopo sette anni di Uganda, divento “Guida”



Sono in Uganda per seguire i miei progetti, anche se ormai si possono definire progetti della “Fondazione Bridget Evalyn” quelli per le scuole, i bambini, l’assistenza allo studio, e per quelli fatti per “Informatici Senza Frontiere” con il mio “Progetto Informafrica”.

Nicole, di ISF, vuole tornare in Uganda per ritrovare la sua assistita Jemma e la scuola di Kalongo dove abbiamo lavorato insieme lo scorso anno. Prima della partenza il Presidente di ISF mi chiede di “accompagnare” la figlia diciannovenne di suoi amici che vuole “conoscere l’Africa”. Accetto l’invito e l’impegno direi solo perché ci sarà anche  Nicole. Da solo non posso permettermi di fare da tutore di una ragazzina per tre settimane in Africa; età e un poco di saggezza me lo sconsiglierebbero drasticamente. Alla fine con Nicole decidiamo che venga a fare il lungo viaggio tra i progetti anche Jemma, tanto per farle passare una “vacanza scolastica” diversa e perché lei conosce ancora poco del suo Paese, anche se parla diverse lingue locali e un ottimo inglese, per cui può aiutarci in qualsiasi situazione. Solo con la collega e le due “ragazzine”… Bella responsabilità! Spero proprio che vada tutto bene…
Prima di partire da Kampala per la prima tappa, riunione per spiegare il programma, i posti che vedremo e le varie difficoltà, soprattutto nei trasporti, che potremo incontrare, anche se è tutto programmato da almeno un mese. Impegno per le ragazze di fare una “cronaca” del viaggio per la pagina ufficiale “Facebook” di ISF. Ottimo. Dopo la prima settimana si fa insieme un breve post con foto. Fine delle “cronache”: dopo ogni viaggio, le ragazze sono sempre più stanche! Quando si dice che i/le giovani di oggi... “non hanno il fisico dei quasi ottuagenari!”

La prima tappa ci vede andare con un piccolo bus (“coaster”) direttamente a Bukunda, dove ho cominciato, tre anni orsono, ad occuparmi delle scuole primarie e materne, dopo anni di indigestione informatica. Le ragazze trovano posto nell’ultima fila, non certo confortevole, visti i sobbalzi per i “rallentatori” che qui sono infiniti e quasi invalicabili, io in un posto al centro, senza schienale, peggio del loro… ma loro sono “signore” e come ripeteva la mia mamma “hanno sempre la precedenza”: femminista di altri tempi!

Dopo circa un’ora e mezzo si attraversa l’Equatore… Nessuna paura, qui non ci sono i “terrapiattisti” e nessuno cade nel vuoto o sul versante di sotto del pianeta, quindi non occorrono le scie chimiche per trattenere chi cade, né si rimane appesi per i piedi al soffitto del “lato B”.
Dopo due ore e mezzo, per 150 chilometri quasi un record di velocità, arriviamo al “centro” di Bukunda, che si sviluppa lungo 2/300 metri della strada che da Masaka porta al confine tanzaniano di Mutukula. Qui si affollano immediatamente una decina di “boda-boda” che vogliono accaparrarsi la clientela “mzungu”. Niente da fare, se non per uno, a cui affidiamo tutti i bagagli. Noi andiamo a piedi per fare un po’ di stretching e sgranchirci le gambe dopo il lungo tempo che hanno passato piegate nel poco spazio a disposizione della gentile clientela.
Come sempre, Margret e Mathias ci offrono la loro stragentile ospitalità, un buon thè, qualche banana locale e poi si riparte, a piedi, per andare a visitare la scuola primaria, funzionante un po’ a rilento per qualche mancanza di fondi, ma pronta ad essere completamente efficiente con qualche piccolo aiuto della Fondazione.
La grande novità è la bellissima scuola materna, costruita a tempo di record da un giovane americano con i soldi dell’eredità della nonna… Si parla di finirla in pochi mesi di tutto punto… Sì, ma questi “so’ ‘mmerikani”, mica per niente! Data la mia assoluta mancanza di spirito critico verso questo popolo di trumpini, vedo subito la lapide affissa ad una parete molto prima della fine dei lavori e penso che probabilmente hanno messo prima la lapide e poi le hanno costruito la scuola intorno… un po’ come le “charms”: il buco con la caramella intorno!

Rimaniamo a Bukunda, grazie ancora all’ospitalità di Margret e Mathias, che ci offrono mangiare e dormire per due giorni, in modo da fare due viaggi corti ed avere un posto in campagna che è quasi all’equatore, ma sembra il centro del paradiso!
Si mangia benissimo, si dorme meglio! Gli spaghetti di Margret, a parte l’essere tagliati in pezzetti lunghi sotto i cinque centimetri, sono cotti alla perfezione e conditi con un bel sugo di pomodoro ed altre verdure della loro campagna.
L’indomani si deve andare a Mbarara e Ruti. Sveglia presto, cosa che non si confà tanto alle abitudini di Jackie, che ci accompagna come responsabile del progetto da me impostato alla fine dello scorso anno e che ha dato vita alla Fondazione, come la morte di Bridget, la bimba di sette anni persa dalla stessa Jackie, per una malattia rara.

Questa volta siamo abbastanza fortunati: troviamo un taxi che ci porta a Masaka e, di qui, un bus che arriva a Mbarara, anzi, mi corregge un passeggero: “Se dovete andare a Ruti, questo bus procede dopo Mbarara Town e vi lascia dove vi serve!”. Una “una tantum” in positivo, ci capiterà solo questa volta!

Incontri informali a Ruti con i direttori delle scuole.
Incontro molto emotivo, invece, quello con Sandra ed i “suoi bimbi”. Si parla con Sandra del suo futuro, di quello dei bimbi e le proposte che abbiamo preparato per aiutarla con i bambini e per la sua vita. Problema fondamentale è la casa,  che non è a norma nemmeno con le leggi ugandesi, sia di sicurezza generale, sia di accoglienza specifica. Le offriamo di tornare a studiare a spese della Fondazione, per farne una “manager” di casa-famiglia, o di iniziare una nuova attività commerciale con cui aiutare i bambini economicamente. Sandra è troppo affezionata al tipo di vita che sta facendo e rifiuta entrambe le soluzioni, che prevedono comunque, l’affidamento dei bambini alle scuole, sotto la responsabilità dei parenti in vita.
A questo punto lasciamo una valigia di vestitini per i bimbi e lasciamo Sandra, con mille  rimpianti per una mancata collaborazione, tra rabbia e lacrime.
Risultato finale, 8 dei bimbi di Sandra sono giù sistemati nelle scuole a tempo pieno, gli altri dodici li gestirà lei, con l’aiuto di altri amici e con un progetto diverso.
Noi si riparte, non certo a cuor leggero, ma con l’idea di aver fatto il possibile e forse qualche passo in più per darle una mano…

Rientro a Bukunda, cena, notte e colazione, e poi saluti e impegni per finire ciò di cui ancora c’è bisogno. Si parte per Rushere: la festa dell’Assunta, la scuola per le ragazze in montagna e l’ultima tappa della settimana, a Kabosa, altro villaggio sperduto nelle alte e verdi colline a nord di Masaka, praticamente sull’Equatore.

Della Festa dell’Assunta c’è solo da ricordare che qui non c’entra nulla “ferragosto”, nel senso delle “ferie di Augusto”, ma è “solo” la grande Festa della Madonna. La Messa, con annessi e connessi, dura oltre tre ore… perché per la gente è una grande occasione di incontro e festeggiamenti e canti.

Di Rushere e della scuola delle ragazze, situata in montagna, per salvaguardarle dai tentativi di molti genitori di farle sposare anzitempo per ragioni economiche, ne ho parlato diverse volte. Questa volta abbiamo allargato l’orizzonte della visita ad una piccola scuola primaria, affiancata alla secondaria, ed in cui ci hanno chiesto almeno i libri: mancano anche i banchi e le sedie... Costo totale intorno ai 4/500 euro…
C’è qualcuno che ce li offrirebbe? Grazie!

Ultimo incontro della settimana a Kabosa, a circa trenta chilometri da Masaka, anche qui quasi in montagna, in una zona verdissima quanto quasi disabitata.
Sharon, la ex “head teacher” di Bukunda, con la donazione che il padre vuole fare alla comunità di un vasto terreno, ha pensato di fare una scuola per l’intera area che ne è completamente scoperta!
L’incontro con gli “anziani” del villaggio ci fa capire in pochi minuti il “gap” culturale che ci divide da queste persone: qui le cose si mettono a posto in una camera 3x4, ospiti e maschi seduti nelle sedie e poltrone, le donne sedute o ginocchioni sugli stuoini, il “capo” del villaggio ed io, ospite e anziano, siamo sulla poltrona singola…
Dopo pochi minuti di resoconto di altri incontri passati, capiamo che si può fare un passo avanti solo andando a vedere il terreno. Andiamo. Le idee non sono molto chiare almeno al momento, ma bisogna mettere nero su bianco alcune cose… confini, uso e proprietà, per esempio…
Tutto rimandato ad un prossimo incontro, quando sapremo anche chi sarà il proprietario del tutto, in modo da non interferire con le leggi nazionali che hanno superato molti anni di differenza dai paesi occidentali.

La sera si arriva a Kampala stanchi distrutti, ma contenti di una settimana passata a pensare a quegli “altri” che, detto bonariamente, non conosciamo e, almeno nel nostro amato Paese, cerchiamo anche di respingere perché troppo diversi da noi!

R I C O R D A T E !!!

Il 20 settembre, uscirà nelle librerie “La Grotta della Pace”, un romanzo per ragazzi (9-16 anni) a firma di Roberto Morgese e mia, ambientato durante la guerra civile in Sud Sudan, conclusasi almeno nominalmente, un paio di mesi fa. Editore “Ediz. Messaggero Padova”.

IL RICAVATO SARA’ COMPLETAMENTE DEVOLUTO ALLA
“FONDAZIONE BRIDGET EVALYN”

Attraverso i soliti canali IBAN:         
Paolo MERLO                     IT47N 06175 14110 000009 206470
BOZEN SOLIDALE            IT77N 08081 11610 000306 006043


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