Arrivare ad Entebbe quasi a metà luglio e
sentire il bisogno di un maglioncino per il fresco e l’umidità non è normale,
siamo quasi all’Equatore… Ma tant’è, i cambiamenti climatici, nonostante
l’abitudine di molti italiani di rivolgersi al meteo anziché al Padreterno, ma
impegnati a non fare nulla per avere un governo sensibile all’ambiente, sono
attivissimi anche qui, come in ogni parte del mondo… I signori che si
definiscono “sovranisti”, non vedendo al di là del proprio naso, non si rendono
conto che se si rade al suolo la foresta amazzonica il clima cambia ovunque,
come se si bruciassero le foreste del Trentino o dell’Appennino Centrale, o si
allagasse il deserto del Sahara...
Pochi giorni a Kasaala, ospite del buon
padre Giorgio, poi comincio a girare per i miei progetti, vecchi e nuovi.
Passato il “Visitation Day”, di cui ho
parlato nella scorsa “nota”, vado a Kampala per due giorni, abbastanza per
perdere per la seconda volta in due anni il telefono… in effetti lo volevo
cambiare, se n’è accorto ed è scappato prima che potessi regalarlo a
qualcuno,che magari poteva amarlo più di me!
A parte la spesa, che con 80 euro riesci a
comprare uno smartphone cinese sufficiente all’uso che ne posso fare io, per
riavere la SIM si devono assolvere alcune pratiche burocratiche che fanno
trascorrere una domenica diversa dal quotidiano…
La prima tappa, già raccontata nella nota
precedente, è naturalmente Ruti, dove con Jackie incontriamo Aggrey, il
direttore di una delle scuole in cui mandiamo i bimbi, Sandra ed i bimbi.
Tornerò presto con la spedizione delle
ragazze di ISF (Informatici Senza Frontiere).
Al ritorno mi fermo a Masaka per parlare
con la ex “headteacher” di Bukunda per un progetto di una scuola nel suo villaggio
di origine, a circa 25 km di strada in costruzione da Masaka. Posto bellissimo
che visiteremo anch’esso con le ragazze italiane e con Jackie.
Due giorni di riposo a Kasaala e venerdì
riparto per Moyo con il bus notturno.
Prenotato il posto, pagato il biglietto e
lasciato un bagaglio alla biglietteria al mattino, mi resta qualche commissione
da fare. Verso sera vado alla stazione dei bus, una breve cenetta in una delle
tante cucine con un tavolo e quattro sedie, una birra per dormire meglio,
almeno fino al Nilo, e poi vado al bus. Trovo il posto e rimango in piedi fuori
dal bus davanti alla porta, visto che ho messo dentro il bagaglio…
Si parte… pronti, via! Sedendomi mi
accorgo che al posto del mio zainetto ce n’è uno diverso, ma c’è la valigetta
da cabina. Mi guardo in giro, chiamo il conduttore, cerchiamo dappertutto, ma
sicuramente qualcuno se lo è messo in uno zaino più grande.
Durante la notte proviamo a fare ancora un
paio di giri, ma senza risultato. Ok! Domenica il telefono, stasera, venerdì,
lo zainetto…
Praticamente mi hanno portato via la
storia di una vita: computer, disco fisso con tutti i dati appena aggiornati,
audioregistratore, cappellino, occhiali da sole, spazzolino da denti con
dentifricio, un po’ di altre cose che manco mi ricordo, documenti cartacei…
Faccio buon viso a cattivo gioco, pensando anche che così doveva essere e per
fare il bene qualche sacrificio si deve pur fare… Pazienza! Almeno la macchina fotografica si è salvata…
Arrivato a Moyo la mattina mi rendo conto
che nello zainetto c’era anche il passaporto! E qui anche io cedo un po’ al
pessimismo, almeno per qualche minuto…
Passo tre giorni a Moyo pensando al
passaporto ed a quanto dovrò fare appena rientrato a Kampala… ma intanto vado a
visitare i fratelli comboniani di Palorynia, dove si trovano i due maggiori
“Refugees Camps” per la gente che è fuggita dalla guerra civile del Sud Sudan:
seicentomila rifugiati… come gli abitanti di Bologna… La guerra è finita in
realtà da qualche giorno, anche se i contendenti si erano impegnati con Papa
Francesco, dopo due giorni di ritiro spirituale, nella Settimana Santa, a s.
Marta, la casa del Papa, terminato con il “bacio dei piedi” da parte del Papa
implorante per il popolo Sudsudanese.
Organizzo anche altri due incontri per
progetti scolastici nei villaggi di Lefori e Moipi, vicini a Moyo, per la
visita con le ospiti di ISF. Sarà proprio un viaggio interessante per le
ragazze!
Il ritorno a Kampala è in funzione del
rifacimento del passaporto. Dopo aver chiesto alla compagnia dei bus se fosse
stato ritrovato, vado alla centrale della polizia con le fotocopie del
passaporto perso, e in meno di venti minuti mi fanno il documento di
smarrimento da portare all’Ambasciata. Mi viene un coccolone pensandoci…
La prima e ultima volta che ci sono stato,
lo scorso anno, sono stato trattato abbastanza bruscamente, poi mi hanno
inserito nella mailing list e mi hanno invitato allo Sheraton o in luoghi
simili, per presentazioni ad alto livello di spesa, con zero di contenuto, per
cui ho scritto che non avendo cravatta, camicia bianca e tanto meno una giacca
da pinguino, potevano risparmiarsi di invitarmi a qualsiasi manifestazione
nazionalpopolare in cui si ossequia un Ambasciatore e la sua madama. I
guardiani del cancello dello Sheraton non mi avrebbero fatto nemmeno dire dove
avrei dovuto andare!
Miracolo italiano a Kampala: questa volta
mi fanno entrare, mi accompagnano alla porta di un ufficio in cui un
gentilissimo impiegato mi spiega in dieci minuti che deve fare la denuncia ad
Arezzo e che quando gli daranno l’ok dalla mia Questura di competenza mi
chiamerà: questione di pochi giorni, più due foto e 131 US$ e venti minuti per
avere il passaporto nuovo! Sono contento, si fa per dire: 500.000 scellini
ugandesi sono qui uno stipendio di un dirigente scolastico!
E’ martedì e spero che in settimana si
risolva il tutto…
Puntuale. Venerdì mattina mi arriva la
telefonata del funzionario… “Buongiorno! Sono il funzionario dell’Ambasciata,
per il passaporto… E’ stato ritrovato ed è dalle suore comboniane di Mbuya!
Provvedo ad annullare l’indagine alla questura di Arezzo!”
Mi riprendo dallo choc e gli dico “Grazie!
Continui la sua indagine… si sa mai!”…
La mattina alle nove ero uscito dalla
guesthouse delle suore… Ma la cosa è ancora più strana: il contenitore del
“malloppo” è stato ritrovato a quattrocento chilometri da Kampala, da una
diversa compagnia di autobus!
Tutto è bene quel che finisce bene, per
quanto “bene” possa essere stato!
R I C O R D
A T E !!!
Il 20
settembre, uscirà nelle librerie “La Grotta della Pace”, un romanzo
per ragazzi (9-16 anni) a firma di
Roberto Morgese e mia, ambientato durante la guerra civile in Sud Sudan,
conclusasi almeno nominalmente, un paio di mesi fa. Editore “Ediz. Messaggero
Padova”.
IL RICAVATO SARA’ COMPLETAMENTE DEVOLUTO ALLA
“FONDAZIONE BRIDGET EVALYN”
Attraverso i soliti canali
IBAN:
Paolo MERLO IT47N 06175 14110 000009
206470
BOZEN SOLIDALE IT77N 08081 11610 000306 006043
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