I
viaggi sarebbero tutti da ricordare… ma ci sono quei viaggi che uno si ricorda
anche se non vuole! Il mio ritorno in Sud Sudan, dopo oltre tre anni, è stato
quanto meno piuttosto complicato da un punto di vista logistico-organizzativo.
Sicuramente
le voci del proseguimento della guerra civile tra le ormai decine di raggruppamenti
etnici, interetnici e politici, l’appello del Papa a fine anno per una pace ed
una soluzione diversa dalla guerra in Siria, Libia e, appunto, Sud Sudan, le
problematiche inerenti il Daesh (o ISIS che dir si voglia) e così via non
invitavano ad un viaggio qui, ma non si può lasciare solo nessuno, tanto meno
quando sei chiamato a fare qualcosa per persone, o popoli, o genti che ti conoscono
e che ti chiedono aiuto per crescere! Come dice Salvini, dalla sua comoda
poltrona, “aiutiamoli a casa loro!”… Ma facciamolo!
Il
viaggio fino a Juba è stato quanto di più normale, compreso un ritardo di quasi
un’ora alla partenza, ampiamente recuperato durante il volo fino al Cairo.
Arrivo
a Juba preoccupato solo per le valige che contengono un paio di PC, il proiettore
per la scuola, qualche medicinale e qualche piccolo omaggio culinario per i missionari
(panettone, grappa e parmigiano)… Ma qui, con un po’ di malizia e un doganiere
sorridente e gentile tutto si risolve in due battute.
Il
problema nasce dalla richiesta di “visto”: i 100 dollari che pago non vanno
bene perché qui accettano solo banconote recenti… Mi aiuta “san” Simon, l’autista
e molto di più dei Comboniani, che va a cambiarmi la banconota. Nasce il
secondo problema: manca la lettera di invito che qualcuno si è dimenticato di
mandarmi. Un’altra banconota da 100 dollari (anche se vecchia) sostituisce la
lettera… Pazienza!
Il
visto all’aeroporto è solo per un mese: lunedì mattina, foto e autorizzazione
pe tre mesi…
Ma sono
sempre a Juba, e la mia destinazione finale è Yirol, a circa 300 chilometri di
strada o a 45 minuti di volo. La previsione è di fare i documenti al mattino e
partire il martedì… Alle 10 ho già i documenti. Alle 12,50, sempre Simon, viene
a chiedermi se sono pronto perché ci sarebbero un volo con un posto libero tra
un’ora: sapendo come funziona… sono prontissimo! Andiamo in aeroporto, a dieci
minuti dalla missione, rimaniamo lì un paio di ore, fin quando ci dicono che il
volo (un charter con un posto libero) è rinviato al mattino dopo alle 9. Va bene
anche così.
Martedì
mattina alle 7 sono pronto all’appuntamento con Simon che, almeno questa volta,
mi tira il bidone e arriva alle 8.15… Aeroporto… 2 ore e mezzo con altri due volontari
italiani che vanno un altre zone… anche loro in balia di piccole compagnie
locali che hanno un aereo solo, magari guasto, e prendono comunque prenotazioni
e soldi…Alle 11.30 torniamo alla missione: la partenza è rinviata alle 13… Si
mangia un pezzo di pane e un bicchiere di acqua e ritorniamo all’aeroporto:
finalmente alle 15 si parte con un piccolo aereo di fabbricazione lettone (ci
sono anche questi!) e due piloti neri grandi e simpatici come Bud Spencer. Meno
di un’ora ed atterriamo, finalmente!, sulla pista di terra battuta di Yirol!
Grande
festa, padre Giovanni Girardi si è preoccupato di telefonare per sapere se ero
riuscito a partire quando ha sentito arrivare l’aereo…
Bellissimo
rivedere questo posto! Cinque anni fa avevo scattato qualche foto…
Domani
si comincia a preparare l’aula e il corso.
Mercoledì
andiamo di buon’ora a vedere l’aula: padre Giovanni, fratel Jaczek e due ragazzi
che collaborano con loro, hanno fatto le cose proprio per bene! Organizziamo
per l’indomani anche i pre-colloqui con i partecipanti. Scopro che sono ben
venti, dieci ragazzi della scuola secondaria e dieci insegnanti della primaria:
sdoppiamo il corso e terremo i ragazzi al mattino e gli insegnanti al
pomeriggio. Sei ore al giorno, con 35° al mattino ed oltre 40° al pomeriggio… Speriamo
di riuscire a tenerli, o meglio, a tenerci
svegli…
La
presentazione ed il pre-colloquio con i partecipanti fa sorridere i ragazzi:
solo gli insegnanti sono arrivati poco puntuali ed un paio ha anche lasciato il
cellulare acceso… “Siamo meglio noi giovani!” hanno subito sentenziato… Conoscendo
la tipologia e la preparazione degli insegnanti locali (gli insegnanti della
primaria hanno frequentato solo la primaria!) non ci si può nemmeno stupire!
All’inizio della presentazione padre Giovanni è stato drastico: “… ricordatevi
che qui non siete insegnanti, ma studenti! Evitate quindi che l’insegnante
debba mandarvi a casa come fate voi con i vostri studenti!”… La grande risata seguita
a questa affermazione ha nascosto la forte preoccupazione che succeda davvero!
Ora
aspettiamo lunedì per l’inizio dei corsi… Buon week end a tutti!
La strada nazionale che da Juba porta al nord, verso Rumbek e Wau... Siamo a 200 metri dalla missione dei Padri Comboniani e dalla base operativa del CUAMM - Medici per l'Africa
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