Descrivendo i primi giorni di
permanenza a Gulu, qualche amico ha obbiettato che mangio troppo…
forse, ma non credo… penso piuttosto che, se troppo è, si tratta
di un “troppo” legato alla quantità di cibo, e non alle calorie
ed agli altri valori ingrassanti…
Questa “maldicenza” mi
suggerisce però di scrivere questa “nota” sulla cucina ugandese
e le abitudini culinarie locali: roba che Cracco e la Clerici sono
due dilettanti allo sbaraglio…
Prima di parlare dei piatti…
occorrerebbe avere una “cucina”, luogo in cui si cuoce, si lavano
i piatti, ecc.
Le case moderne, non capanne,
hanno spesso anche l’acqua e la corrente elettrica ed hanno
anche il locale “cucina”… ma non hanno la classica cucina a
gas!
Davanti o dietro casa (o capanna o
“tucul”) si pongono tre o quattro sassi ed al loro interno si
metterà il carbone per cuocere, sopra la pentola, di solito zincata
e grande… Questa è la “cucina”…
La casa in cui mi trovo, appena
finita, ha due bagni, un serbatoio dell’acqua, la corrente
elettrica, quando funziona, la strada, quando è percorribile, e
l’acqua corrente, anche lei legata all’imponderabile! La cucina
domestica non funziona ancora, ma c’è una bombola media con un
fuoco da campeggio. Fuori un bel fornello di ferro, che funziona a
carbone, e su cui si cuoce di tutto. Per fare la pastasciutta ho
dovuto prima cuocere il sugo e poi l’acqua e la pasta…
Entrando nel discorso dell’”arte
culinaria”, si può cominciare con il dire che i piatti di uso
comune, quotidiani, del popolo dei villaggi e della tradizione
popolare (quindi al di fuori di quanto si trova nelle grandi
città) sono relativamente pochini.
Il pasto tradizionale è fatto di
una polenta e un “contorno”, se possiamo chiamarlo così, o
di un secondo e un contorno di polenta.
Le “polente” sono diverse. La
più tradizionale, in Uganda, è il “matoke”. Si ottiene
bollendo le banane planten in acqua, fino a che non è possibile
schiacciarle: a questo punto si toglie l’acqua, si schiacciano
fino a diventare come la nostra polenta, e si serve bollente. La
variante dei villaggi meglio forniti è di cuocere le banane dentro
la foglia del banano, che dà maggior sapore. Altra polenta è
l’”ugali”, fatta con la farina di mais bianco o di miglio,
chiamata “pocho” dai giovani.
I sostituti delle polente sono il
riso, usualmente stracotto, o la “cassava”, che da noi si chiama
“manioca” (ma è sudamericana), che viene servita lessata o
fritta, oltre alle onnipresenti patate bianche o rosse (dolci), che
si fanno lesse o fritte, per fare un regalo ai bimbi anche cresciuti,
che le adorano, come dovunque, con il “ketchup”…
Oltre a questo c’è il sugo di
noccioline (“grounades”), che serve per condire il matoke o
quant’altro: è una specie del burro di noccioline, integrato con
pomodoro, cipolla e qualche altra verdura, oppure così com’è.
Quello che ho chiamato contorno e
che dovrebbe essere chiamato “secondo”, se ci fosse un “primo”,
può essere carne di pollo o capra, raramente di maiale o, ancora più
raramente, di vacca. A parte la carne, che è comunque rara, ci sono
i fagioli, le lenticchie, il pesce, verdure di stagione.
La cosa da ricordare è che quanto
si cuoce viene lasciato sul fuoco per molto tempo, perdendo quindi
molti valori nutrizionali, positivi o negativi che siano.
Il pollo viene cotto lesso, quasi
a tempo indeterminato; la capra può essere fatta con il solito sugo
di pomodoro, cipolla e quant’altro; la vacca viene cotta a lungo,
tagliata a pezzi con il machete, tanto che alla fine è tutta dura
uguale, ossa e carne…
Merita un discorso a parte il
pesce. Affumicato, secco, nero, odorante di sale e fumo, al mercato
non fa un bel vedere, ma a tavola, fatto bene, è ottimo! Viene
asciugato bene al fuoco, poi viene pulito e cotto nel sugo di
pomodoro o servito con la “grounades” (il burro di noccioline)
semplice, oppure con la crema di noccioline, cotta con pomodoro,
cipolle e altro…
I dolci sono pochi e si trovano
dal fornaio… solo “plumkake”, alla banana, o alle carote, o ad
altro…
Poi ci sono i “mandassi”, una
specie di “krapfen” o “bombolone”, molto buoni, ma senza lo
zucchero sopra o la crema dentro, e i “ciapati”, una pastella
fritta abbastanza sottile, che è fatta come gli austriaci
“palachinken”, che però si trovano in Friuli e in Slovenia…
Io ci metto la marmellata e li arrotolo… qui non ci si mette nulla
ma viene mangiato come il pane…
… e per finire la frutta, regina
della salute dei ragazzini e adolescenti…
I più diffusi frutti ugandesi
sono: papaya, o “popo”, ananas, banane (piccole e dolcissime) o
medie, come quelle sudamericane che arrivano ai nostri supermercati,
ma piene di sapore; il mango, saporitissimo, è soggetto alle due
stagioni. Infine un frutto molto particolare, il “jackfruit”,
un frutto molto grande e pesante che è composto da molti frutti al
suo interno: pulito bene ha un sapore dolce ma non troppo, e,
comunque, molto gradevole.
Per finire sorridendo… In
settimana mi hanno chiesto se volevo la pasta… ho accettato con la
condizione che la sua cottura sarebbe stata mio compito, tanto per
mangiarla, se proprio non al dente, almeno non stracotta!
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