Progetto INFORMAFRICA


Ridurre il "digital divide" portando la nostra CONOSCENZA
in modo ETICO e RESPONSABILE, ma non i nostri "modelli di vita"

sabato 24 novembre 2012

Ciao Uganda, al prossimo anno!



Ormai il corso sta finendo, siamo agli esami, più o meno si sa come finiranno e chi potrà insegnare e chi potrà solo “lavorare” utilizzando la videoscrittura e magari anche il foglio elettronico.
Su sedici allievi, tre potranno insegnare, e tre sono stati giudicati insufficienti: gli altri potranno lavorare utilizzando più o meno bene il PC.
Risultato abbastanza positivo, soprattutto se si guardano le premesse e quanto queste persone erano indietro nelle conoscenze informatiche!

Finisco il corso e gli esami giovedì mattina, con la cerimonia della consegna dei “certificati”. Dopo un'ora l'auto dei “Comboni Samaritans” mi porterà fino a Kampala: oltre trecentoventi chilometri di strada asfaltata ma strettissima almeno per la prima metà del percorso. Si calcolano normalmente almeno cinque ore, con una media di poco superiore a 60kh/h.
Ci fermiamo un momento a Karuma a vedere le scimmie che passeggiano lungo la strada o stanno sedute a mangiare banane sul bordo... e poi al successivo villaggio in cui si mangiano gli spiedini di bue, capra o fegato e le banane arrostite (con tutta la buccia!) che sono veramente una squisitezza!

A Kampala mi aspetta un'altra auto che mi porterà a Jinja, alle sorgenti del Nilo, dove mi aspetta una scuola alberghiera che ha problemi sui suoi PC e che mi sono impegnato a risolvere, in cambio di una visita alle sorgenti del Nilo e del trasporto, sabato sera, all'aeroporto di Entebbe per il rientro.
Tutto nella norma: la scuola ha una decina di PC con diverse edizioni di Windows e di Linux e diverse edizioni di “office automation”, sia di Microsoft, che di OpenOffice. Va cambiato tutto e messo tutto sotto lo stesso sistema operativo e con lo stesso software applicativo. Ovviamente Linux e OpenOffice!

Sabato mattina si va sul Lago Vittoria, dove c'è, sott'acqua, la principale sorgente del più lungo fiume del mondo: si vede un rigurgito di acqua e la corrente che attira dentro... quanto meno emozionante! Di qui è nata la nostra civiltà europea... di qui sono nate le culture egizia, greca e poi romana...
Ma al ristorante sul lago, con i missionari che mi hanno accompagnato, di tutto questo non si parla! Il pesce del lago, impanato, con il riso e il “curry” ci fanno dimenticare queste amenità culturali...
Dopo la visita al Museo Egizio del Cairo, a luglio, ora mi sento appagato! Erano sogni di gioventù, quelli di conoscere, di vedere, di incontrare gli amici egizi e nilotici, progenitori della nostra cultura e civiltà!
Ora, come dice Simeone nel suo Cantico nel vangelo di Luca (Lc 2, 29-32), potrei anche andarmene soddisfatto!

Rientro avventuroso... L'autista mi porta all'aeroporto di Entebbe alle 21 ed ho oltre sette ore da aspettare il volo... Poi al Cairo ne avrò un altro paio, ma che faranno pari con le due ore di cambio di fuso orario, ed arriverò a Roma verso le 13 della domenica. Ancora qualche ora di attesa per i treni fino a Sinalunga e poi qualche chilometro per arrivare a casa...
Beh... grazie all'aiuto dell'amico Roberto riesco ad arrivare a casa in meno di ventiquattro ore... proprio come andare in bus da Kampala a Nairobi!

Ciao Uganda! Ci vediamo ad ottobre del prossimo anno!



martedì 6 novembre 2012

In giro per l'Uganda



Fine settimana con festa nazionale a creare un “ponte”... da quando sono arri­vato è già la terza! Mi sembra di correrci dietro... Il fatto è che a Gulu non han­no festeggiato il 9 ottobre il cinquantesimo anniversario dell'indipendenza e lo hanno festeggiato due settimane fa, la settimana scorsa invece c'è stata una festa musulmana: siccome i musulmani sono non più del 15% della popolazio­ne si può capire bene come funzionino le cose...
Il fatto è che qui le feste sono “autoregolamentate” dalla mancanza di contratti di lavoro, di assistenza sanitaria e quant'altro ci possiamo permettere in Euro­pa! Quando c'è una festa nazionale significa che i dipendenti statali fanno festa e gli altri lavorano, tutti, altrimenti perdono la giornata!

Approfittando che dobbiamo almeno chiudere la scuola, vado a visitare una mis­sione comboniana verso Kampala, a Kasaala, a pochi chilometri da una cittadi­na abbastanza grande, Luweero, famosa per la sua frutta: ananas, banane pic­cole, banane grandi, papaya... frutta bellissima, saporitissima e che costa vera­mente poco. Poi ci sono anche pomodori, cavoli, fagioli di vari tipi, fagiolini e così via. Un ragazzo originario del Rwanda, ma che è nato e vive in Italia mi chiede stupito come si possa dire che qui si muore di fame. Proprio quello che rispondo sempre ed in­variabilmente agli amici italiani: in Africa non si muore di fame, salvo carestie particolari o esodi di massa causati dalle guerre che riusciamo ad esportare meglio della democrazia... al massimo si muore di malnutrizione, di malattie endemiche, di Aids, ma di fame proprio è difficile, almeno nella fascia tropi­co-equatoriale.

La missione è una delle più vecchie che abbia visto. I padri e un “fratello” sono veramente ospitali. Arrivo all'ora della prima colazione dopo essere partito con un'auto dell'ospedale che andava a Kampala alle 5 del mattino. Grazie del pas­saggio! Mi viene offerta una ricca colazione e poi subito a fare un bel giro per la missione ed alcune delle sue realizzazioni: diverse chiese, nei vari villaggi, ed a fianco di ogni chiesa almeno una scuola primaria; negli altri villaggi c'è magari anche una scuola secondaria o, come a Kasaala, una “scuola tecnica”, che corrisponde ad una scuola professionale, dove si insegnano la falegnameria e la meccanica.
Qui mi viene chiesto di creare una “classe di informatica” e di preparare gli in­segnanti che poi dovranno formare i ragazzi della scuola professionale e magari anche ragazzi dei villaggi vicini.
Preparo subito il progetto e la comunità lo approva seduta stante. A novembre del prossimo anno, Dio volendo e gli amici aiutando, si farà il tutto: impianto di alimentazione a pannelli solari, otto notebook per gli studenti, uno per il do­cente e un proiettore... Speriamo che gli amici che leggono le mie note si ricor­dino di questi progetti e diano una mano!

Vado in giro la domenica mattina, a Gulu, intorno alla struttura in cui sto lavo­rando, e nei vari gruppi di abitazioni vedo mamme che lavano i panni, papà che giocano con i bambini, bambini che giocano tra loro... quanta bella gente rilassata, dedita all'orto e alla famiglia!
La mancanza di automobili private contribuisce a far stare tutti insieme, in casa o andando alla messa (che è sempre uno spettacolo particolare!), o andando alle funzioni religiose protestanti, o semplicemente andando a piedi al mercato e “in città”. Qualche volta si va tutti insieme sul “boda boda”, la moto-taxi che porta anche quattro passeggeri, se ci sono i bambini! No, il casco ce l'hanno solo in pochi e solo i conducenti delle moto!

Mi dice una suora dell'ospedale “Lachor”, il più grande della regione, dei padri Comboniani, che questa è la stagione delle gambe rotte e delle braccia rovinate dallo sfregamento provocato dalle cadute dalle moto: le strade scivolose per l'acqua, il fango della stagione delle piogge e le buche ne sono la causa principale. A maggio e giugno invece sono i ragazzini che impegnano gli ospedali, cadendo dai manghi su cui si arrampicano per raccogliere quei meravigliosi e succulen­tissimi frutti che ridanno le forze e la vitalità dopo una stagione secca quasi priva di frutta e verdura.

Ho finito di leggere un libro di Zygmunt Bauman (“La solitudine del cittadino globale”, UE Feltrinelli, 2010) e mi rendo conto perfettamente, soprattutto da questo angolo della terra, di quanto ci stiano costando in termini sociali, i mo­delli di vita impostici dal capitalismo finanziario, figlio diretto della globalizza­zione delle comunicazioni, ma anche dal consumismo sfrenato e dalla mancan­za totale di ogni limite dei nostri pseudo-bisogni-primari. La civiltà del ben-ave­re ha sostituito quella del ben-essere e il raggiungimento della libertà totale ci ha costretti a chiuderci in case recintate, ad essere perennemente osservati dalle telecamere a circuito chiuso, ad essere chiusi in auto chiuse dall'interno per la paura... la paura della libertà degli altri!
Sì, perché ci siamo scordati che la nostra libertà finisce dove comincia quella del nostro vicino, chiunque esso sia.


mercoledì 24 ottobre 2012

Mahtere, Kariobangi, Korogocho: un crescendo di miseria!


Avevo letto qualche libro di Alex Zanotelli, e "Il Vangelo della discarica" di Da­niele Moschetti, i due padri comboniani che da quasi venti anni, in successione, hanno portato la loro fede e il loro aiuto in queste aree suburbane che ricorda­no la "Città della Gioia" di Dominique La Pierre e di Madre Teresa.
Avevo letto ed avevo pensato che mi sarebbe stato difficile resistere in posti di questo genere: inutile dire, alla fine anche io sono come tutti noi occidentali, abituati ad un minimo di pulizia vitale, di ordine, di "urbanizzazione"; anche se sicuramente molti di noi ricordano le periferie di Roma e Milano e tante altre città alla fine degli anni '50 e negli anni '60: le baracche sotto i ponti della via Cristoforo Colombo a Roma sono rimaste fino ai primi anni '70!

Vado alla chiesa di St. John con il "matato", il bus pubblico, dopo aver attraver­sato il mercato del centro di Nairobi, seguendo con un certo timore un ragazzo che si era offerto di portarmi alla stazione del bus stesso. Attraversiamo una parte ancora in sviluppo della città, passiamo a fianco di Mahtere, la baracco­poli più piccola: una vallata coperta da tetti di lamiera sotto cui ci sono le "case" dei poveri. Pagano l'affitto ai latifondisti che hanno comprato tutti i ter­reni intorno alla città: da cinque a dieci euro al mese per 4/6 metri quadrati di baracca senza niente altro che le pareti; il passaggio tra le baracche consente il passaggio dei carretti che servono a portare i "rifiuti recuperati" da una parte all'altra del quartiere, ma questo è anche il passaggio degli scarichi a cielo aperto... non esistono acqua e corrente elettrica... uomini e donne e bambini e ragazzi vanno avanti e indietro commerciando qualcosa per portare a casa il pranzo o la cena.

Ancora un paio di chilometri e l'autista, che mi sta facendo da guida, mi indica la strada dalla fermata alla chiesa di Kariobangi, altro "slum".

Mi fermo dai Comboniani per visitare la loro scuola, conosco suor Orietta, che sta insegnando alle sue ragazze a fare le lasagne: domani è la festa di san Da­niele Comboni! E incontro Dalia, una ragazza sarda, volontaria, anche lei socia di "Informatici Senza Frontiere", in partenza per il Cile, che mi chiede di tenere alcuni contatti che lei non ha potuto terminare...
Erik, uno studente che collabora con i Comboniani, mi accompagnerà per tutta la mattina in giro per Kariobangi e Korogocho, facendomi vedere quanto hanno fatto i padri Alex e Daniele: la chiesa, che fa anche da teatro, la casa di recu­pero dei ragazzi di strada, il laboratorio artigianale, le due strade asfaltate...

Appena entriamo nel "villaggio" (ci sono almeno un milione di persone tra i due "slum" vicini) si sente l'odore della miseria, prima nauseabondo, poi sempre più forte, acre, un insieme di tutti gli odori insopportabili per i nostri delicati nasi, abituati ai "deodoranti" delle metropolitane... e si cammina facendo at­tenzione a non mettere le scarpe nel fango putrido o nei rifiuti dei rifiuti... le capanne sono ora attaccatissime ora distanti per lasciare il passo a qualche raro camion.
La gente vive cercando tra i rifiuti e vendendo ciò che trova, oppure due pomo­dori, tre banane, i biscotti sciolti o le fette di ananas o le pannocchie di mais cotte sulla brace, avvolti nella plastica. Alcuni recuperano i sacchi di rifiuti dal fiume e separano la plastica dall'"umido" ormai putrefatto dal caldo e dal tem­po, la plastica viene portata da una parte e il resto viene riutilizzato o mandato definitivamente sul monte dei rifiuti, uno dei tanti della città che conta in totale almeno dodici milioni di abitanti, ma quattro sono quelli che vivono negli "slum".
Compare qualche casa di quattro o cinque piani: affittare qui, sopra la discari­ca, un appartamento costa cinquanta volte una baracca di alluminio...
Erik mi porta a visitare un "centro sociale": una scuola per parrucchiere, un la­boratorio di falegnameria che fabbrica strumenti musicali (jambo, violini africa­ni ad una sola corda ed altri), una scuola-laboratorio di confezioni e di artigia­nato tessile.

Dopo tre ore fra le baracche si torna dai comboniani, alla chiesa di St. John e un padre mi offre qualcosa da mangiare. Sono stanco ed affamato, ma anche emozionato: ho visto qualcosa di veramente impensabile nel 2012, con tutto il benessere che abbiamo e con tutti gli sprechi che "noi civili" in Europa e negli USA e nei paesi "economicamente sviluppati" facciamo.
La povertà dei popoli sudanesi, centrafricani, subsahariani, è una cosa nobile, piena di tradizione e di umanità: qui è la miseria totale di gente che ha perso tutto, o meglio, a cui abbiamo tolto, sottratto, rubato tutto, anche la dignità.




mercoledì 17 ottobre 2012

Un viaggio da non dimenticare


Arrivato a Kampala il venerdì mattina all'alba, dopo un giorno di riposo e uno in giro per acquisti, cambio moneta e altre piccole cose, parto per Nairobi: il bus della nota compagnia "Kampala Coach" è programmato con partenza alle 20 ed arrivo a Nairobi verso le 10 del mattino dopo.
Ma si comincia con il piede sbagliato...
Il bus arriva alle 20.15, il tempo di salire a bordo, caricare i bagagli di tutti e alle 21 partiamo per... andare a fare carburante, anda­re da un'altra parte a portare a casa un'impiegata, a misurare la pressione del­le gomme... insomma, alle 22 siamo sulla strada per Nairobi!
Passa mezz'ora, circa 30 km. e il bus si ferma in mezzo alla campagna con la scatola del cambio che perde olio ed il cambio che non ingrana più le marce.
Si scende dal bus, si ammirano le stelle, si chiacchiera con i compagni di viag­gio, si fanno anche conoscenze interessanti... io sostengo che si diventa quasi parenti...
Arriva l'auto del proprietario della compagnia, che si ferma a duecento metri di distanza in modo che quando qualche passeggero inferocito si avvicina fa in tempo a dile­guarsi.
Verso l'una arriva un'auto della polizia, chiede informazioni, ci consola per una mezz'ora e poi, ovviamente, si dilegua anch'essa.
Alle tre finalmente si parte, per arrivare, dopo un paio d'ore, alla frontiera con il Kenya: controllo passaporti, visti da fare, ma per fortuna almeno non si per­de tempo per il controllo bagagli... Sorge il sole e ci consoliamo guardando il bel panorama di uno dei parchi nazionali: zebre e antilopi anche vicini alla stra­da, campi coltivati all'inverosimile a mais. Peccato che questa sia la produzione per le multinazionali cinesi o americane di mais da olio per usi industriali (vedi biocarburanti)...
Nuovo stop: il tappo provvisorio che impediva l'uscita dell'olio dal cambio si è staccato! Nessun problema: l'autista va sotto il bus e in mezz'ora ripara il tut­to. Basta non avere fretta...
Quando siamo a 30 km. da Nairobi la strada, nell'unico pezzo di montagna, è bloccata per un incidente. Niente feriti, ma la mancanza assoluta di regole e la prepotenza di qualcuno fanno perdere almeno un'ora per sbrogliare il groviglio di veicoli che si è formato...
Finalmente, sono le 18 di domenica, sono passate 21 ore dalla partenza, arri­viamo a Nairobi.
Chiedo un taxi per andare a mangiare qualcosa, farmi una doccia e dormire: arriva immediata­mente, fa inversione di marcia e ... finisce in un tombino! Da non credere...
Per fortuna la gente è prontissima ad aiutare il tassista ed a spostare la vettura a mano per farci ripartire!

Arrivo dalle suore della Consolata, in una bellissima casa sulla collina, appena in tempo per una frugale velocissima cena e per una doccia rilassante.
Domani vado negli "slum" (le baraccopoli ai bordi delle discariche) con i com­boniani...

lunedì 15 ottobre 2012

Africa... cosa avrai di più?


 Dopo soli tre mesi a casa, in Italia, nella splendida Italia che amo vedere e rivedere e rivedere ancora, e partendo dalla Toscana medievale si può ben capire!, eccomi di nuovo in Africa, questa volta con qualche meta in più in cui andare e soltanto un mese e mezzo di tempo per fare tutto...

All'arrivo all'aeroporto di Entebbe (la Malpensa di Kampala, capitale dell'Uganda) l'Africa mi riaccoglie, nonostante siano le 4 del mattino, con il calore della terra e della polvere, la sua brezza calda e con tutti i suoi odori tanto diversi.
Dentro di me sento di essere come a casa, magari la casa in campagna, o al lago, visto che qui c'è il Lago Vittoria, uno dei maggiori del mondo, e la campagna è tutto o quasi. Roberto, da buon toscano, al ritorno mi dirà con moltissime ragioni, che la sua terra chianina è la più bella del mondo e che devo stare lì e non qui, per stare bene!

Sicuramente la terra di Toscana, della Valdichiana, della terra di Siena e di Arezzo, del Palio e di Piero della Francesca, dei Medici e degli Strozzi, nulla ha a che vedere con questa terra arida, bruciata, ma anche verde e rigogliosa...
I vigneti e gli oliveti belli precisi come si vedono da noi, come i meleti del Trentino-Alto Adige, qui non ci sono. I campi con tanti colori diversi, soprattutto al cambio di stagione e di coltura, oro vecchio ancora da dissodare, marrone scuro quelli appena preparati, magari qualcuno già con il primo verde chiaro chiaro, o i vigneti rosso ruggine dopo la vendemmia, quelli qui non ci sono. I "giganti bianchi" della razza chianina qui sono povere mucche affamate alla ricerca di qualcosa da brucare, come le capre e qualche pecora...

Qui al centro commerciale, dove solo i bianchi possono permettersi di entrare con l'idea e la possibilità di comprarsi uno shampoo dell'Oreal o la crema Nivea, sono ancora e sempre i ragazzi neri che chiedono di riportare il carrello in cambio di una misera mancia, visto che nei carrelli non si deve mettere la monetina...
Qui il bianco lo chiamano "musungu" (senza offesa!): il "diverso" qui è lui! E' lui che con grandi macchine pulitissime (dai ragazzi neri) va in giro con una certa arroganza, potendosi permettere qualsiasi cosa, ma soprattutto di vivere "alla grande" con poca spesa, sfruttando i bassi costi della vita africana con i lauti guadagni del mondo occidentale.

Tutto vero, il nostro benessere, come ormai lo chiamano solo i benestanti e gli economisti, che stanno ancora meglio dei benestanti!, è sicuramente una meta raggiunta, "abbiamo" tutto o quasi, e chi non ha ancora tutto si fa in quattro per arrivarci prima degli altri... ma come viviamo? Quando ci fermiamo per la strada a chiacchierare con un ragazzo nero, o una ragazza cinese a chiedere da dove viene, come mai si trova da noi, cosa fa?
Abbiamo paura degli altri uomini, temiamo che ci rubino il portafoglio o il posto di lavoro, o la religione o la donna...
Vado in giro per città grandi due, tre, quattro volte Roma, tanti mi salutano, tanti mi chiamano "musungu" con un sorriso, i bambini chiedono "how are you?" sperando che mi giri a guardarli rispondendo "I'm ok!" o "I'm fine!" per farsi una bella risata...
Stamattina alla Messa a Gulu, una bimba in braccio alla mamma mi ha visto, mi ha indicato alla mamma, poi mi ha fatto un sorriso e un ciao con la manina: mi ha fatto sentire "diverso", e non solo nel colore della pelle!
Come il saluto caloroso, all'arrivo al Centro dei "Comboni Samaritans", delle donne handicappate che si ricordavano di avermi visto a maggio e mi hanno ringraziato di essere tornato...

Forse è qui la differenza. Anche noi sappiamo essere bravi e generosi, in mille occasioni, ma non riusciamo che raramente a sorridere all'altro, abbiamo paura... qui si sente la differenza che fa l'uomo, diciamo pure "all'antica", con la sua semplicità d'animo, con la sua povertà materiale e la sua ricchezza interiore!




martedì 7 agosto 2012

Uscita la pubblicazione delle "note di viaggio"


Ciao a tutti!

Sono finalmente riuscito a pubblicare il libretto con le "note di viaggio".


Il libretto raccoglie tutti i raccontini da febbraio a luglio, oltre ad un bel numero di fotografie e tre articoli pubblicati da "vociglobali.it".

Questa pubblicazione, stampata in proprio, non ha un prezzo, ma chiedo una offerta che vada a coprire le spese di stampa e di spedizione, e magari un piccolo contributo per i progetti delle "scuole di Informatica" nei Paesi in Via di Sviluppo. Mi permetto di chiedere un'offerta minima di 10 euro...

Chi vuole può anche richiedere (e glielo invierò unitamente al libretto) il CD
con le foto migliori scattate in Sud Sudan, Uganda e al Cairo (maggiorazione
di 5 euro per il CD).

Mi dispiace dover chiedere un contributo, ma è un aiuto necessario come
l'appoggio morale che mi avete sempre dato tutti!

Ringrazio tutti per la continua ed attiva presenza! Un abbraccio a tutti.

Paolo



giovedì 19 luglio 2012

Juba, Cairo, Roma...



Gli ultimi giorni in Sud Sudan, trascorsi a Juba, mi sono serviti da "ammortiz­zatore" tra la pace e la serenità di Kajo Keji ed il caos, i rumori, la fretta dei paesi occidentali e "sviluppati". A Juba il traffico è caotico e veloce: tutti hanno fretta, tutti sorpassano, tutti cercano di superare gli altri nelle code in auto, ma anche nelle code agli sportelli degli uffici.
Ma a Juba mancano molte cose: monumenti, chiese artistiche, una qualsiasi forma di arte. In compenso cominciano a nascere le librerie e qualche raro ne­gozio di artigianato locale, e questo è un seme, un altro seme per il futuro.

Riparto da Juba con una sosta di due giorni al Cairo: da quando ho visto la "stele di Rosetta" al British Museum di Londra ed ho studiato la storia dei gran­di archeologi, come Schliemann, scopritore di Troia e di gran parte della Gre­cia, e Champollion, lo scopritore dell'antico Egitto, sogno di visitare il Mu­seo Egizio del Cairo: finalmente ci riesco!

Il Cairo appare subito una città completamente occidentale, almeno per quanto concerne traffico, gente in giro, negozi, bancarelle, luci e rumori, ma anche per la presenza di edifici vecchi e nuovi e nuovissimi. La differenza la fa la gente: i commercianti che avvicinano gli stranieri e dopo averti chiesto la nazionalità, dicono qualche parola nella tua lingua e ti dicono che hanno visitato il tuo pae­se, e lì hanno almeno un cugino o un fratello o una zia... tanto per farti andare al loro negozio (ufficialmente per darti il biglietto da visita e farti vedere le foto dei famigliari all'estero) e rifilarti qualcosa, dal profumo al papiro, dal vestito all'oggetto-ricordo.

Il primo giorno lo spendo completamente al Museo: inenarrabile... non si può spiegare cosa si può provare vedendo quanto avanzati erano e quante cose stupende ci sono: dai gioielli in oro, argento, filigrana, ai papiri che contengono scritti e disegni con colori stupendi e modernissimi, di quasi cinquemila anni fa!
Una delle cose che mi colpisce di più è l'interno dei sarcofagi, tutto completa­mente dipinto e scritto, con i racconti della vita del morto. Per non parlare della maschera di Tutankhamon e dei suoi gioielli...
Mi avevano detto che in due ore il Museo si visita: dopo quattro ore, penso che dovrei tornarci per rivederlo meglio!

Una parola sulla nazione Egitto. Pochissimi giorni prima del mio passaggio, ve­nerdì 29 giugno, il paese era ancora in bilico, politicamente ed istituzionalmen­te: la Corte di Cassazione aveva sciolto il Parlamento, eletto con norme non co­stituzionali, dopo la "primavera", i militari pensavano di riuscire a tornare al potere ed il popolo era di nuovo sceso in piazza minacciando di riprendere a combattere. Domenica 1 luglio viene dichiarato Presidente Morsi, capo dei "Fratelli Musulmani", una volta estremisti islamici, ora moderati: questa elezio­ne è una liberazione definitiva dal potere dei militari. Morsi annuncia subito il desiderio di una rappacificazione politica ed anche religiosa, soprattutto verso cristiani e copti. Questo fa sì che anche chi ha votato per Safiq, l'ex-delfino di Moubarak, non possa non essere d'accordo, e quindi la situazione si stabilizza. Per quanto riguarda il Parlamento ci sono ancora attriti istituzionali, ma si risolveranno con nuove elezioni. Diamo tempo al tempo!

La gente in giro per Il Cairo è tantissima, soprattutto nelle ore serali, quando cala un po' la temperatura e l'aria è più vivibile: famiglie intere in giro per fare shopping, giovani seduti nei bar davanti a succhi di frutta e "coca-cola", perché qui gli alcoolici sono vietati. Si vede nella gente la gioia di una serenità ritrova­ta. E le persone con cui parlo, di diverso orientamento politico, sono tutte con­cordi: "ora la difficile e pesante dittatura di Moubarak è finita! Dobbiamo pen­sare al futu­ro".
Venerdì è il giorno in cui, dopo le cerimonie religiose dei musulmani, in tutti i paesi arabi c'è il rischio di qualche manifestazione, politica o religiosa, pro o contro gli avversari. Questo venerdì invece comincia tardi, dopo le 10, e la città si anima gradualmente. Solo nel pomeriggio, dopo essere andato a visitare una bella moschea del centro ed aver pregato per la pace tra i popoli e le religioni, vado a piazza Tahrir (piazza del­la Liberazione): qui sono radunati gruppetti di persone che tengono qualche piccolo comizio, ma niente di anormale.

Ed è bellissimo vedere la piazza piena di ban­carelle che vendono la bandiera egiziana (come succede da noi quando c'è qualche partita di calcio...) e le t-shirt con l'immagine di Morsi o di Safiq (da noi siamo rimasti al "Che", che è sempre meglio di Silvio o di Bersani o di Casini!): credo che questo sia da con­siderarsi il "termometro" della raggiunta libertà e della nuova maturità politica.



martedì 3 luglio 2012

Arrivederci, addio, parole, promesse, progetti...





Sono all'epilogo di questa ennesima esperienza africana e sud-sudanese in particolare.

Ho lasciato Kajo Keji, ho imbastito programmi futuribili, ho salutato tutti come se dovessi tornare tra dieci giorni... forse l'ho fatto per non avere rimpianti, non per illudere le persone ma per illudermi, per avere l'impegno di realizzare progetti che sono ancora in corso di studio, di sviluppo e di discussione. 
Ma dopo cinque mesi ti affezioni al posto, alle persone, simpatiche o antipatiche, che ti stimano o no, che stimi o no: persone sono e alle persone ti affezioni... Ti affezioni ai luoghi, alle piante che vedi crescere e fiorire e vestirsi di foglie e dare i frutti... Ti affezioni alla bicicletta che ti ha aiutato a scappare a casa o a scuola in tempo per non bagnarti durante questa stagione piovosa, o che ti ha aiutato a smaltire le tossine degli impegni di lavoro... Ti affezioni soprattutto ai bimbi che, andando a scuola, fanno a gara a chi ti saluta o a chi ti dà la mano per primo!
Insomma... un po' di cuore a Kajo Keji ce lo lascio... speriamo che si possa sviluppare qualche altro progetto per tornarci e ritrovare soprattutto le persone che si sono lasciate!

Arrivo a Juba dopo un viaggio ottimo, grazie ai gesuiti che mi hanno dato un passaggio su un loro "Land Cruiser" che viaggiava vuoto: nonostante la strada e la mattinata fresca ho dormito per diverso tempo; il "driver" era particolarmente attento ad evitare più buche possibili ed ha fatto questo piccolo miracolo! Mi ha svegliato un paio di volte per farmi vedere le scimmiette in circolazione vicino alla strada, ma di questo gli sono stato grato!

Ero stato nella capitale un paio di mesi fa. Sta cambiando molto velocemente. Si stanno distruggendo le baracche e costruendo palazzi, si stanno asfaltando le strade e l'aeroporto è in via di sistemazione definitiva... chissà quando ci saranno anche l'acqua, l'energia elettrica, le scuole, le medicine per gli ospedali, gli ospedali funzionanti... ma non solo nella capitale... anche nelle altre città!
La guerra sembra, fortunatamente, sempre più una minaccia latente di tipo politico o scaramantico... speriamo!
Il prossimo lunedì, il 9 luglio si festeggia il primo anniversario dell'indipendenza dal Sudan. Sarà anche per questo che ci si dà da fare soprattutto sulle "apparenze"! Ma anche le strade sono benvenute!

Ho un progetto, insieme ad un gruppetto di altre persone di varie nazionalità: aprire un negozio a Juba per vendere i prodotti dell'artigianato dei villaggi. In pratica fare da "collettore" di prodotti di buona qualità da vendere per conto di tutti quei gruppi femminili e non che producono qualcosa di bello e valido per il mercato locale e per quello estero, tramite i gruppi di acquisto del commercio equo-solidale.
Pare che la cosa interessi molto le organizzazioni, religiose e non, che operano sul territorio ed hanno attivato laboratori di questo tipo: producono ma non hanno la possibilità di vendere se non mandando all'estero quel poco attraverso i missionari, e ricavando veramente cifre misere.
Con questo progetto si potrebbe incrementare il grande mercato locale e degli stranieri, soprattutto delle NGO e dell'ONU, che sono qui di stanza, e proporre poi all'estero accordi commerciali di vendita.
Le premesse e la buona volontà ci sono... ora speriamo di combinare qualcosa di buono!

Le ultime notizie sul fronte politico sembrano positive: le dimostrazioni di piazza avvenute nelle due ultime settimane a Khartoum, al di là delle feroce repressione della polizia, deve aver indotto Omar-el-Bashir a cercare di non forzare la mano sul fronte estero. Speriamo che la prossima settimana sia quella della definizione dei confini e della zona di interdizione tra i due paesi!

Ieri sera un episodio che mi ha fatto riflettere (e un po' anche inorgoglire... ma poco!). Dopo la messa ci salutiamo con quattro ragazzi di una associazione italiana ("La nostra Famiglia", del comasco) e ci presentiamo per nome. Uno di loro mi chiede anche il cognome... Paolo, Paolo Merlo... "allora sei tu che hai il blog con le note di viaggio!"... Sono rimasto a dir poco allibito... "ma tu come fai a conoscerlo?"... "qualcuno me ne ha parlato, in Italia..."... Il mondo è piccolo, ma internet e la comunicazione hanno un potere sempre maggiore!

Viene la sera, l'ultima: mi rendo conto che... ho già voglia di tornare... non mi sento "pastore", portato alla transumanza, ma "contadino"... con il desiderio di seminare e vedere i frutti, ma sappiamo che i frutti non li ha visti nemmeno Mosè, morto in vista della Terra Promessa!

Seminiamo, gente, seminiamo! Il seme è la speranza del nuovo futuro, quello migliore, quello dei sogni che si avvereranno e diventeranno frutto, anche se non potremmo gustarne il sapore!


mercoledì 20 giugno 2012

Volontari "fai da te"




Non sono abituato a "sparare a zero" su nessuno, salvo se qualcuno mi legittima a farlo sperperando il denaro pubblico o distruggendo il "bene comune" o massacrando l'italica "sana e robusta Costituzione", o magari generalizzando dove proprio non si può e non si deve, per onestà morale.

Questa volta però, senza sparare, devo raccontare due episodi carini, perché ciò può servire a tutti coloro che sono "portati ad aiutare gli altri", che si sentono in dovere di farlo, ma che non conoscono le regole del gioco, necessarie anche in questa attività, soprattutto quando non si tratta di andare semplicemente in una casa di riposo ad assistere un anziano...
Ricordo che quando ho iniziato a fare volontariato in carcere mi dissero subito che dovevo "prepararmi bene" a conoscere questo ambiente prima di fare disastri! Vale ancor più per l'Africa, che è un mondo completamente diverso dal nostro.

Un paio di settimane fa ha annunciato il suo arrivo una signora americana che aveva incontrato padre Victor anni prima. Chiedeva di poter essere prelevata al confine con l'Uganda, che dista da noi una decina di chilometri, dove l'avrebbero portata le suore che l'avevano ospitata per qualche giorno.
Andiamo a prenderla e la portiamo in Comunità, dove le viene data una camera e viene invitata a mangiare con noi i pasti quotidiani. Con il passare dei giorni la signora "invade" la Comunità e parte del villaggio, parla con tutti, si fa conoscere... Su alcuni punti però non ci troviamo proprio d'accordo... è favorevole alla pena di morte, e quando ne abbiamo parlato è scoppiata in una risata fragorosa che ha fatto alzare da tavola me ed il parroco... poi ha sconcertato tutti generalizzando sul fatto che in Vaticano ci siano solo persone disoneste... Conosce tutti e chiede di tutti e si arrabbia con un vescovo che non le ha parlato di una comunità di suore... lei dice che sta cercando fondi per aiutare le suore e le comunità religiose che hanno bisogno di aiuti... ma alla fine dice che lei non ha soldi, viaggia a sbafo delle comunità religiose e si fa portare in giro da chiunque senza programmi o mete precise...
Quando, dopo una settimana di vita comunitaria, se ne va a Juba, senza lasciare nemmeno un'offerta in cambio di vitto e alloggio, chiede un passaggio a fratel Erich sul camion che porta gli operai e i banchi di una scuola, senza pensare che gli operai sono costretti dalla sua presenza a viaggiare in cima al carico, nel cassone, e lei si lamenta delle buche della strada in cabina...
Dopo due giorni si scopre che doveva andare altrove, ma non aveva voluto accettare il passaggio giusto, da sola, con un un autista locale... La filantropa!

Due giorni fa sono arrivati due ragazzi austriaci, giovanissimi, lui al secondo viaggio in Africa, lei al primo... Di buon mattino vanno in ospedale a presentarsi al direttore che sapeva del loro arrivo, ma vengono cacciati dalla polizia... nessuno dice loro che è presente il ministro della sanità e che gli stranieri non possono accedere per un giorno... tornano sbigottiti e spaventati, tanto che decidono di rientrare immediatamente a Juba e poi vedere il da farsi!
Per fortuna padre Victor ed io riusciamo a convincerli che le cose vanno meditate meglio, che le decisioni emozionali non sono sagge e che è meglio che si riposino ancora un giorno! Poi andranno dal direttore dell'ospedale, che sapeva del loro arrivo e ne era anche contento, a sentire cosa possono fare!
L'ospedale aveva già fatto sapere che "i volontari sono ben accetti se si procurano loro da mangiare, da dormire e se magari possono anche portare gli strumenti e gli attrezzi e le medicine": l'ospedale, come le scuole, come tutti, non ha nulla di nulla. Solo qualche letto per i malati gravi!

Ancora una volta si verifica che, per finanziare l'esercito al confine con il Sudan, tutti rinunciano a tutto: non ci sono più carburanti per le vetture, per le fabbriche, per i generatori di corrente; il petrolio arriva dal Congo e dall'Uganda, perché i pozzi sono fermi; il cibo diminuisce di quantità ed aumenta di prezzo; le scuole e gli ospedali mancano di tutto, anche degli stipendi per chi ci lavora e ci insegna.
Tutto è ufficialmente definito "a disposizione delle forze armate" per essere utile alla "difesa del Sud Sudan".

Qualcuno dice che "non vuole la guerra", ma nel frattempo tutti si attrezzano per l'eventualità... il popolo povero si sta attrezzando mangiando sempre meno! I soldati si stanno attrezzando comportandosi con l'arroganza di chi "difende il suolo patrio"... che non si sa nemmeno esattamente quale sia, vista la mancanza di confini stabiliti a priori dell'indipendenza!



martedì 12 giugno 2012

La rivoluzione dei fagioli



Ogni tanto i "giovani sessantottini" della mia età ricordano i tempi della contestazione, dei capelli lunghi, gli inizi del "rock 'n roll" e così via. Mai più mi sarei aspettato di sentir parlare di polizia nella scuola, di espulsioni di massa, e cose del genere qui, in Sud Sudan, in uno dei migliori "college" della nuova nazione, nella zona più tranquilla di tutto il paese!

Un piccolo passo indietro. Insegno informatica agli insegnanti del "Comboni College", una scuola modello con quasi tutti gli studenti e buona parte degli insegnanti che vivono all'interno del comprensorio; il piano degli studi, paragonabile ai nostri licei, è mutuato da quello ugandese, considerato uno dei più avanzati in questa parte di Africa.
Ragazzi e ragazze vivono in camerate separate da qualche centinaio di metri con guardiani e guardiane, mangiano alla mensa comune (appena inaugurato il nuovo salone da pranzo con tavoli e sedie per tutti). Acqua corrente dappertutto e corrente elettrica di giorno e di notte, grazie agli impianti di pannelli solari fatti da padre Ezio Bettini. Insomma... una scuola moderna in cui si paga una retta di circa 200 euro, comprensivi dell'insegnamento, del posto letto (senza materasso né cuscino), del pranzo e di tutti gli altri servizi minimi. Lo stipendio medio di un insegnante è di circa 150 euro al mese...

La scorsa settimana scoppia una sedizione da parte di un gruppo di studenti provenienti da Yei e da Juba. Motivo scatenante: i fagioli del pranzo non sono buoni! Accuse infondate agli insegnanti che difendono la scuola dicendo che i fagioli sono buoni, ma essendo di due tipi diversi, cotti male. Dopo due giorni di discussioni e fagioli buttati via da parte degli studenti più arrabbiati, lunedì riunione di tutta la scuola con i dirigenti della scuola ed il parroco, che rappresenta la "proprietà" comboniana della scuola (che scade a fine di quest'anno per il passaggio alla diocesi di Yei). Ci si rende conto che ci sono alcuni "sobillatori" che vogliono far chiudere la scuola ed andare a casa per fare una vacanza, e magari recare un po' di danno alla fama della scuola.
Prima di espellere i facinorosi o sospenderli come da regolamento, si raggiunge un accordo: la scuola si chiude fino alla fine della settimana corrente. Sabato sono convocati tutti i genitori di tutti gli studenti. Chi non verrà accompagnato dai genitori sarà sospeso o espulso.
Fino a sabato lunghe file di studenti a perorare le più svariate cause. Sabato, finalmente, arrivano buona parte dei genitori. Tutti si rendono conto che le richieste dei ragazzi sono assolutamente infondate, così la parentesi si chiude con la riammissione da lunedì di tutti gli studenti. Intanto gli insegnanti e i dirigenti cercano di scoprire i sobillatori, prima che trovino qualche altra scusa per generare ulteriori proteste.

Numerose domande mi si pongono e ci poniamo un po' tutti: lo scoppio del '68 in Europa è nato per motivi di cambio generazionale, di ribellione contro la guerra del Vietnam e contro la spinta capitalistica di quegli anni, che creava (come ha creato) un aumento delle differenze tra ricchi e poveri, e così via. Ma qui la maggior parte dei ragazzi che studiano sono mantenuti dai genitori o dal villaggio o dalla famiglia allargata che lavora per pagare le rette e magari mangia solo "kassawa" (una radice che sa di patata, nota anche con il nome in swahili di "manioca") e "sukumawiki" (un'erba che si cuoce e si mangia con la polenta di mais bianco o, appunto, con la manioca). I fagioli sono distribuiti proprio per coprire le carenze di calorie che portano i ragazzi alla denutrizione.
E i ragazzi della scuola sono veramente di "sana e robusta costituzione"!
Forse anche loro stanno cercando di ottenere qualcosa di più dalla vita... ma si tratta del telefonino, che hanno quasi tutti, della radiolina e così via... si scordano che a casa non c'è energia elettrica, il pozzo è a mezzo chilometro (ma ci vanno le donne!), c'è poco da mangiare, non esistono servizi igienici né, tanto meno le docce o altri ammennicoli di questo genere...

In realtà vogliono ottenere ciò che la televisione mostra loro che nel mondo occidentale tutti hanno... in televisione!... Purtroppo che la televisione è uno "specchietto per allodole" non glielo spiega nessuno! 
 
I "signori bianchi", i volontari delle ONG, guadagnano cifre iperboliche e vivono qui da nababbi, sperperando denaro ed offrendo ai popoli poveri (i cosiddetti PVS, paesi in via di sviluppo) lo spettacolo indegno della nostra civiltà dello spreco globalizzato!




giovedì 31 maggio 2012

Pausa di riflessione...




Dopo avervi assillato con i miei viaggi da infarto, ci vuole!
Soprattutto a me che non ho più venti anni, o meglio, li ho già compiuti tre volte, ma ho l'impressione che invece di ricominciare ogni volta da uno si sommino ai precedenti... sarà così... ma va proprio bene, ringraziando il Signore della salute che mi dà e della forza di continuare a spendere energie per qualcosa che "sento" giusto fare.

Dopo molti giorni di pioggia e tempo nuvoloso oggi anche la grandine! Qui non piove a lungo, ma tutto in una volta: mezz'ora, un'ora, qualche volta un po' più a lungo, ma sempre con violenza inaudita. Ma la grandine appare proprio molto raramente! L'altra sera invece una bella serata di cielo terso e nitido, senza la luna che nasconde nella sua luce le stelle, così faccio due passi in giardino con uno dei guardiani ad ammirare il cielo equatoriale: miliardi di stelle che non fanno niente per nascondere il loro fascino... la Via Lattea, che traversa tutto il cielo da nord-ovest a sud-est, e Venere e Giove che stanno tramontando ad illuminare la loro parte di cielo... E nel buio della notte tutti i suoni degli uccelli notturni, di cicale e grilli e decine di lucciole in giro per i prati!
Veramente un momento di riconciliazione con la natura: non capisco, non posso capire, forse nemmeno voglio capire, come l'uomo possa vivere cercando di distruggerla solo per denaro!

Natura. Africa. Tutto diverso. Ancora diverso. Per fortuna. Rientrando in camera trovo una specie di scarafaggio gigante che salta ad un metro di altezza e cerca il buio. Dopo il primo salto indietro, mi fermo a guardarlo, e lui a guardare me... ha le zampe sottili gialle e nere, ali e guscio marroni, indubbiamente bello... con l'aiuto del guardiano che lo blocca con la luce della torcia, prendo la macchina fotografica e gli faccio un paio di foto. Mentre scatto e commentiamo, il guardiano mi dice che ce ne sono moltissimi nella stagione secca e i ragazzini li raccolgono e li mangiano cotti... come in Centrafrica i bruchi delle farfalle... Dopo mi dice che anche le formiche con le ali, che sono veramente grandi, fanno la stessa fine! D'altra parte le lumache alla "bourguignonne" sono uno dei piatti di cui i francesi si vantano...

Oggi la cuoca mi chiama in cucina e mi fa vedere le formiche con le ali che ha raccolto: mi chiede se le mangio... dico di no... risposta: allora le metto nella pasta così le provi! Vedremo... penso che, alla fine, le potrei anche mangiare, come i vermi della pasta mangiati a Mapuordit: una volta cotti nemmeno si sentono...

Manca ormai poco più di un mese al ritorno in Italia; comincio a programmarmi incontri e viaggi, cercando di fare meno chilometri possibili e di accontentare tutti gli amici che vogliono incontrarmi durante i mesi di permanenza in Italia. Ma comincio anche a preoccuparmi... riuscirò ancora a guidare l'auto? mi daranno sempre più fastidio le luci e i frastuoni della civiltà? e la gente che corre e si arrabbia per nulla o poco più? e gli acquisti al centro commerciale?

Dopo cinque mesi di sabbia, polvere, buche, sandali e zanzariere; strade che si attraversano senza guardare, ma ascoltando se ci sono rumori vicini; paesaggi senza case e con gli orizzonti sempre lontani; le persone che sono sempre nere nella pelle ma con colori vivacissimi nei vestiti; i bambini che vanno a scuola e mi aspettano e mi corrono incontro per darmi il "good morning!" o l'"how are you?" e darmi la mano; la lingua impossibile che parlano e che non riesco ancora a capire; l'inglese che ormai parlo anche con gli italiani che incontro, perché è difficile cambiare lingua in un minuto; e l'inglese parlato da sudanesi ed ugandesi che si capisce veramente poco...

Penso proprio che la prima settimana dovrò trascorrerla nel mio "buen retiro" in Toscana... dormire tanto, mangiare sano, e passeggiate in campagna alternate da qualche giro per i borghi medievali a ritrovare me stesso... e magari qualche bel concerto di musica antica in una basilica romana...

Sarà questa "paura di rientrare", quello che chiamano "mal d'Africa"?...



giovedì 24 maggio 2012

Ancora in viaggio



Dopo la settimana del viaggio in Uganda, ho dovuto fare un week-end a Juba, o meglio sulla strada da e per Juba...
Sabato mattina si parte alle 6.30 con il "Land Cruiser" pubblico che fa la spola con Juba. Il viaggio è buono, come può essere buono il viaggio di tredici sardine cariche di bagagli, anziché di dieci passeggeri: solo che dura cinque ore... All'arrivo nulla di meglio che una moto che mi porta dai comboniani, dove finalmente si scaricano i bagagli e si può andare a rinfrescarsi un momento e mangiare un piatto in compagnia.
Pomeriggio di incontri per cercare di sviluppare un nuovo progetto: un negozio a Juba che venda tutti i prodotti artigianali fatti nelle scuole e centri delle organizzazioni religiose del Sud Sudan. La vendita dovrebbe essere sviluppata anche in Europa, Giappone e Canada, grazie alla partecipazione di diverse persone di tante nazionalità diverse.

Il viaggio di ritorno è un'avventura... La partenza è prevista alle 8.30, ma la prima auto è piena. Si aspetta la seconda, quella di ieri, che aveva qualche problema ad una ruota e che il pilota sta cercando di risolvere. Si parte alle 12, dopo quattro ore di attesa. Sempre strizzati come sardine, ma questa volta i passeggeri sono solo otto, con carico e sovraccarico...
Dopo mezz'ora ci fermiamo a sostituire il pezzo che il pilota ha comprato. Così mette a posto il guasto e perde tutto l'olio dei freni. Viaggeremo per 150 km. senza...
La suora dice che è pauroso viaggiare così... La convinco, si fa per dire, che con le strade che ci sono si può camminare al massimo a 40 km/h, per cui i freni non servono... solo in un paio di discese l'autista ingrana la prima per non rischiare!
Arriviamo a Kajo Keji alle 19. Quattro ore di attesa e sette di viaggio. Una doccia è d'uopo: puzziamo tutti come capre!

Dopo questa puntata a Juba, lascio trascorrere tre giorni e decido di tornare in Uganda: c'è una vettura che va a Kampala e tornerà domenica. Mi aggrego. Dalla prossima settimana riprendo la scuola e non avrò più un giorno libero...

Il viaggio di andata è ottimo. La prima notte ci fermiamo a Gulu dai Comboniani, dopo aver fatto diverse commissioni, tra cui l'acquisto di altri "infradito" di gomma riciclata. La mattina si riparte per Kampala: 350 km di strada asfaltata! Incredibile! Ormai non sapevo più che volesse dire...
Il paesaggio ugandese è verdissimo, come quello del Camerun e del Centrafrica. Si percorre la strada lungo il Nilo Bianco, che però non si vede mai, salvo quando si traversa, in una gola stretta e di rapide, a Karuma.
Due brevi soste per salutare due comunità diverse e poi a Kampala, in tempo per mandare l'autista a cercare di riparare l'auto, e fare qualche commissione.
Il grosso lo faremo domani, sabato. Sosta presso dei missionari inglesi, ma il fratello che si occupa degli alloggi è altoatesino.

Sabato giornata campale in giro in "boda-boda" (moto-taxi) magari in tre, per comprare materiali ed accessori e consegnare alcuni prodotti del laboratorio femminile. Non si riesce a trovare nemmeno il tempo per arrivare a vedere il Lago Vittoria: una buona scusa per ritornarci la prossima volta (se ci sarà!).

Kampala è una città moderna, come tutte le altre capitali che conosco, ma più organizzata, almeno nel centro commerciale, meno sporca e meno inquinata (anche qui tutto è relativo!) per esempio di Ouagadougou, in Burkina-Faso o di Yaounde in Camerun. Ci sono, oltre i "matato" (pullmini Nissan da nove posti che portano una quindicina di persone per volte), anche i nuovissimi bus cinesi, che ricordano quelli nuovissimi di Milano! Poi centinaia di "boda-boda", che dovrebbero portare solo una persona ma ne portano mediamente un paio...
Dopo tre giorni tutte le capitali sono uguali: meno male che domani ritorno!
Nel pomeriggio di sabato mi chiama l'autista: come avevo ampiamente previsto vuole starsene due o tre giorni a divertirsi, così non ha riparato l'auto e domani viaggerò verso il Sud Sudan in bus...
Il viaggio di ritorno comincia alle 6 con la partenza dalla comunità che mi ospita; viaggio diretto (con due o tre soste) fino a Moyo, in "appena" dieci ore e mezzo, ma sono quasi 500 km. Di qui, sotto un cielo che promette solo tonnellate di acqua, in moto per gli ultimi 20 km. fino a Kajo Keji. Senza prendere una goccia d'acqua! Solo un bel raffreddore per via dello sbalzo di temperatura tra il bus e la moto...




mercoledì 9 maggio 2012

Vacanza di lavoro in Uganda



Quasi una settimana nel nord dell'Uganda. E' veramente interessante vedere come cambiano il paesaggio e le abitudini della gente anche a pochi chilometri di distanza, ma la vicinanza al grande Nilo ed alle decine di corsi d'acqua diversi, per non parlare del lago Vittoria, fa una grandissima differenza!
Partenza il pomeriggio del 1° maggio, in moto-taxi, per Moyo, primo centro cittadino oltre frontiera: una trentina di chilometri di strada sterrata e sentieri, buche e pozzanghere e sabbia e polvere. Circa un'ora e mezzo per valicare anche i due posti di frontiera, sud-sudanese in uscita e ugandese in entrata, con firme e "visti" e controlli vari.
Notte a Moyo, in un "lodge" (albergo) molto carino, con ristorante e centro per congressi, gestito da un prete diocesano. Ottima doccia fredda e ottima cena: pollo arrosto con patatine fritte ed una bella birra locale!
Sveglia alle 5 per essere alla stazione del bus alle 6. A piedi, visto che non piove, circa due chilometri di strada in mezzo al frastuono della sveglia degli uccellini sugli altissimi alberi di tek e di eucalipto. Il bus è puntuale, almeno alla partenza: alle 6.30, con le luci dell'alba, si parte; fortuna che mi hanno dato un posto in seconda fila! Con le buche e le strade che ci sono, ci sarebbe mancato il posto in coda...
Dopo un'ora si attraversa con un "ferry-boat" il Nilo: tutti giù dal bus a godersi le luci dell'alba su questo immenso fiume che apre le porte della mente ai ricordi storici, alle leggende, ai faraoni; la fantasia corre e la traversata dura pochi minuti...
Poi ancora strada e buche e polvere e pozzanghere che sembrano laghi, fino ad Atiak, dove si raggiunge la strada principale tra Uganda e Sud Sudan: qui passano i TIR ("lorries") e le buche diventano fossati infernali... fino a Gulu, capoluogo dell'omonima provincia.

Prima visita al Centro Laboratorio dell'associazione "Comboni Samaritans", con suor Dorina, italiana, che mi fa fare un rapido giro della struttura, con i laboratori tessili e di artigianato (molto simili a quello di "Lady Lomin" a Kajo Keji), con il negozio per i visitatori ed una bella organizzazione. I dirigenti della struttura e dell'associazione sono ragazzi cresciuti in orfanotrofio e sostenuti dall'associazione negli studi, e diventati piano piano dirigenti! Oggi l'associazione sostiene oltre 1.200 tra disabili di tutti i tipi, orfani e bimbi abbandonati. Ottanta di questi non hanno nemmeno "genitori adottivi a distanza" e sono sulla strada dell'università: qualcuno dei miei amici cercherà di aiutarli, veroooo???
Pomeriggio a visitare la sorella di un operaio che ora è a Kajo Keji e che, abbandonata dal marito con quattro figlie e di nuovo incinta, sempre grazie al marito, collabora con il nostro laboratorio facendo collane e braccialetti per guadagnare il minimo sostentamento per la famiglia. Africa... e purtroppo non solo Africa!

Giovedì di lavoro per le mie associazioni (Economia Alternativa di Roma, dei Comboniani, e Informatici Senza Frontiere).
Pomeriggio al mercato. Mi compro un paio di infradito di gomma: sono ritagliati dai copertoni dei trattori, dei camion e delle jeep e riciclati. Con 5.000 UGX (pari a poco più di 1 euro) me ne fanno un paio su misura! Sicuramente sarà difficile venire qui in caso di foratura, ma credo che dureranno almeno una cinquantina di anni, dati anche i pochi chilometri che faccio...
Poi visita al "fratello della sorella" di ieri, o meglio alla loro famiglia, fuori città, in una campagna che ricorda la Brianza di un tempo, verde, con i laghetti con le ninfee, fiori bellissimi e libellule che ti ricordano come nessun architetto al mondo possa fare certe cose ed il "caso" tanto meno!
Accoglienza spettacolosa, come solo in campagna si riceve...

Venerdì ancora lavoro ed altri incontri umani veramente toccanti. Faccio amicizia con Leonardo, un uomo nero, grande e grosso, con la barba bianca, che fa il sarto sulla strada con una vecchia Singer a pedali: vede la mia barba bianca e l'amicizia è immediata! Lui ha 54 anni. Quando gli dico che ha un nome importante, mi dice di sì, per via di Leonardo da Vinci! Mi invita, quando tornerò, ad andare a trovarlo: spero proprio di poterlo incontrare di nuovo!

Sabato il viaggio di ritorno a Moyo, con la pioggia, e seduto sul bus in ultima fila, quella che da ragazzo si faceva a botte per averla, ma che a 67 anni sarebbe meglio evitare... finestrini chiusi per la pioggia o la polvere, ma non cambia il risultato: arrivo a Moyo con la "polo" bianca, ormai color ruggine (sabbia rossa) lavata dal sudore e dall'acqua... se non faccio la doccia e mi cambio penso che non faranno andare a cena!
Notte con breve sparatoria nelle vicinanze, ma al mattino nessuno sa nulla...
E domenica rientro tranquillo, dopo la Messa ed il pranzo, ospite del prete. In moto... altri 30 chilometri di polvere, per arrivare e riposare almeno due giorni!
Magari...


domenica 22 aprile 2012

Due notizie... e altro...


Ritorno a scrivere i miei appunti, o "note di viaggio", dopo la Pasqua, qualche giorno di superlavoro e la fine del primo corso di informatica. La prossima settimana gli esami e la consegna degli attestati di frequenza e dei risultati.

La Pasqua è passata in attesa della pioggia, che è finalmente arrivata, anche se non eccessivamente abbondante, ma sufficiente per cominciare a distruggere le strade in "maram" e aprire nuove buche. Il "maram" è la terra rossa, mischiata a pietrisco, che con la pioggia si dovrebbe compattare e diventare come una specie di argilla. Purtroppo però non funziona molto bene e si aprono, anche a causa della violenza delle piogge equatoriali, rivoli e buche, che rendono difficile la circolazione delle auto, pochissime, delle moto, poche e delle biciclette, che pure non fanno molto traffico!

Le celebrazioni sono state, come sempre, molto semplici, ma molto sentite. Ed i battesimi di domenica scorsa mi sono serviti a "ripassare" come si diventa "chiesa, popolo di Dio"... per esempio battezzando con l'acqua del pozzo versata da un bicchiere di plastica o vetro e versata sulla testa del battezzando per finire in una bacinella di plastica rossa...

La prima notizia, buona, è di ieri, dal fronte di Heglig, stato di Unity: l'ONU e l'Unione Stati Africani, hanno convinto il Sud a rinunciare al petrolio di Heglig, rubato dal nord... Versione Nord Sudanese: le nostre truppe si sono riprese Heglig, cacciando i Sud Sudanesi... Versione Sud Sudanese: tra tre giorni le nostre truppe lasceranno Heglig... La sostanza è che per Heglig ed i suoi piccoli pozzi petroliferi non ci sarà una nuova guerra!

Oggi la seconda notizia, meno bella: il Nord ha annunciato che non consentirà il passaggio del petrolio sud sudanese nell'oleodotto che porta alle raffinerie di Khartoum ed al terminale marittimo di Port Sudan, sul Mar Rosso, nemmeno allo stratosferico prezzo concordato nei mesi scorsi, di US$ 20 al barile, contro il prezzo standard di US$ 1...
Così il Sud Sudan può rimanere fino alla fine della costruzione del nuovo oleodotto verso il mare del Kenya con i rubinetti chiusi e senza soldi...
Speriamo che si ravvedano tutti e due, il Sudan e il Sud Sudan, e consentano ai rispettivi popoli uno sviluppo migliore di quello raggiunto nel primo anno di vita della nuova nazione!

Intanto qui a Kajo Keji, al confine sud con l'Uganda, si usano ormai quasi solo gli scellini ugandesi, anziché i "pound" nazionali... Mentre il cambio ufficiale è intorno a 600 scellini per 1 pound, qui di scellini ne vengono dati solo 400/450: un modo come un altro per distruggere l'economia del nuovo paese prima ancora che nasca!


mercoledì 4 aprile 2012

Buona Pasqua a tutti!


Sì, voglio fare anche io gli auguri a tutti per una serena Pasqua!

Ma, seguendo il modello di don Tonino Bello, i miei auguri sono sempre un po' "scomodi"...

9 aprile, lunedì di Pasqua: mentre gli italiani in particolare festeggeranno la "pasquetta" con la tradizionale gita "fuori porta", il dittatore del Sudan, Omar-el-Bashir, già condannato dalla Corte Internazionale dell'Aja come autore del genocidio del Darfur, ha annunciato che sarà la data in cui inizierà la "cacciata" dei sud-sudanesi che non hanno un lavoro fisso nello stato del nord.
Gli organismi internazionali, e le autorità del Sud Sudan, contano che, oltre ai già annunciati 450 mila profughi dei Monti della Nubia, nel Sud Kordofan, po­tranno arrivare nel Sud Sudan, circa due milioni di profughi.

La minaccia di Bashir è quella di una "sharjia" contro i neri (non importa la reli­gione), cioè una espulsione di massa a cui seguirà la pulizia etnica per coloro che non avranno potuto o voluto fuggire nel paese originario.

L'altro ieri i comandanti delle forze militari del nord hanno dichiarato pubblica­mente alla televisione che hanno l'ordine di uccidere tutti i ribelli che stanno combattendo contro Bashir per l'annessione al Sud Sudan o la loro autonomia. Sì, ordine di non portare a casa prigionieri vivi! ... ma l'ordine vale "solo per i ribelli, non certo per i civili"!
Mi chiedo, da quando ho sentito questa frase agghiacciante, chi sono i ribelli e come si riconoscono dai civili...

Al sud stiamo bene... sperando sempre che Koni, il comandante dei ribelli ugandesi che usa i bambini-soldato, che opera nella zona nord dell'Uganda, verso il confine del Sud Sudan, in cui mi trovo, non decida di assaltare i villaggi di queste zone per fare la sua pulizia etnica, rivolta contro i Bari e i Kuku, a fa­vore degli ugandesi Madi...

Ecco allora che chiedo a tutti gli amici, di qualsiasi religione o non-religione, di qualsiasi credo o non-credo, in occasione della Pasqua cristiana, di pregare personalmente per questi popoli continuamente dilaniati da lotte e guerre poco più o poco meno che fratricide. Tutte le preghiere valgono, forse di più quelle di chi non crede nel Dio in cui io credo.

Una buona Pasqua!


giovedì 29 marzo 2012

A Vicenza i gatti...


Un pomeriggio, mentre facevo scuola a Mbaiki, in Centrafrica, è arrivato un ragazzino con un bellissimo esemplare di topo di campagna, anzi una topolina (uso il diminutivo altrimenti in Toscana potrebbero fraintedermi!) lungo, senza coda, almeno quindici centimetri, con quattro piccolini. Tutti morti, ma senza sangue. Pulitissimi...
La segretaria della Caritas, allieva al corso di informatica, tutta contenta ha chiesto il prezzo al ragazzino, mi ha fatto fare una foto (a dire il vero un po' funerea), e poi mi ha spiegato che erano per la cena della sua famiglia...
Giuro che sono rimasto di sasso! Non avrei mai pensato che si potessero mangiare i topi!

Domenica, in una chiesa protestante c'è stato un battesimo ed un paio di volontari europei sono stati invitati alla festa. Uno di questi è stato poi invitato da una famiglia a cena. All'arrivo gli hanno detto che avevano preparato un piatto speciale per festeggiare il "musungu" (l'uomo bianco): il topo con le erbette... Facendo buon viso a cattivo gioco, il giovanotto, visto che la luce era scarsa, è riuscito a mangiare la sua parte: se non vedi quello che ti danno, mangi quello che c'è! A parte queste considerazioni, ha detto che non è il suo piatto preferito, ma che si riesce a mandare giù...
Sinceramente non so se io sarei stato capace di provare!

Le notizie dal nord sono sempre peggiori... Oggi il Sudan ha bombardato la zona dei pozzi di petrolio nello stato di Unity, dove ci sono la maggior parte delle risorse petrolifere contese dal 2005, dopo il trattato di pace, preludio alla separazione del 2011.
Si prega e si spera. L'ONU sta facendo poco, visto che USA e Cina si stanno spartendo a tavolino le risorse economiche di un paese che non ha acquedotti, non produce corrente elettrica, non ha strade, né tanto meno ferrovie, e solo un aeroporto, che si fa fatica a definire "internazionale", con la pista asfaltata. Gli altri hanno la pista in terra battuta o su campi lasciati incolti, come quello di Kajo Keji, dove atterrano solo aerei piccoli ed anziani... Probabilmente i nuovi si sfascerebbero all'impatto con la "pista"!

Aspettiamo con ansia sempre maggiore ed ormai allo sfinimento psicologico, che arrivi un po' di pioggia... ogni tanto c'è un piccolo acquazzone, che dura non più di un quarto d'ora, che lascia solo umidità aggiunta al calore che ci fa arrivare fino ad oltre 40° nel primo pomeriggio, ma che non scende mai sotto i 25-30°, salvo per un paio d'ore di prima mattina, tra le 5.30 e le 7.30. Il sole, che sorge alle 7 e tramonta, ovviamente, alle 19, è subito caldissimo!



martedì 20 marzo 2012

Ritorno a scuola


Finalmente ritorno a scuola... si fa per dire... :)
Dopo un mese e mezzo di lavoro (ragionieristico) in fabbrica, da lunedì torno a insegnare informatica: gli alunni questa volta sono i docenti del "College Comboni" di Lomin, si dice che sia la migliore scuola secondaria del Sud Sudan.
In un mese e mezzo, con il padre Ezio, che ne è il direttore, abbiamo preparato una bella aula, con nove banchi per gli studenti, un tavolo per l'istruttore e il proiettore.
I dieci notebook questa volta li hanno comprati i Comboniani, attraverso le rette degli studenti. Quest'anno ci sono ben 430 iscritti in totale. Non pochi, visto soprattutto che è a pagamento. I ragazzi vivono qui tutto l'anno, nelle loro camerate, con la loro mensa, le loro lenzuola, una tazza, un piatto e un cucchiaio, che si sono portati da casa. Ci sono, ma in bellissimi tucul color pastello, anche gli insegnanti che provengono da altri villaggi o città lontane.

In fabbrica ho (anche qui finalmente!) attrezzato l'ufficio, con un pc e una stampante tutta nuova, ed ho cominciato ad addestrare un ragazzo dell'officina ad usare il pc per i conteggi delle paghe.
Io intanto continuo ad occuparmi della parte più gestionale.

Fratel Erich lavora molto bene e si è fatto un bel giro di clienti nell'ambito dei missionari e delle ONG presenti: si producono mobili per le scuole, per gli uffici, per le chiese, tutti in legno o in legno e ferro. Quello però che mi fa sorridere, è il falegname che fa le casse da morto: compensato e scarti della falegnameria, un po' di stoffa bianca per rivestire l'interno ed un po' di stoffa nera per l'esterno e la cassa è pronta per il prossimo cliente (ancora ignoto ed incosciente di esserlo). D'altra parte meglio così che in una coperta! L'altro giorno ho visto partire una moto con legata di traverso una bara, allora sono andato dal falegname e gli ho detto: "Clienti nuovi, eh! Anzi, i parenti del cliente! Certo che il tuo lavoro non finirà mai!"... Si è fatto una bella risata!
Chissà se anche qui c'è il "racket del caro estinto"!? Ma proprio non credo: sono ancora molto rispettosi della morte. Stanno cominciando a sotterrare i morti tutti insieme, in piccoli cimiteri. Fino ad ora la tradizione voleva che il morto alloggiasse nel perimetro della casa, tra i tucul.

Le notizie che arrivano dal nord del paese non sono buone: ottantamila sono gli sfollati di questi giorni, accolti da Medici Senza Frontiere nello stato di Jonglei; sono fuggiti dal nord, dal Sud Kordofan e dal Blue Nile, minacciati dalle incursioni aeree e di terra dell'esercito di Omar-el-Bashir. Si fa il conto che ne dovrebbero attivare circa 450.000 entro aprile.
Allora sarà proprio dura, dato che il paese ancora non riesce a venire fuori dagli oltre venti anni di guerra e povertà a cui è stato costretto dal nord.



lunedì 12 marzo 2012

Non c'è pace...


Circa una settimana fa parlavo della terra dei Kuku... di questa terra in cui mi trovo da ormai oltre un mese.
Sabato sera, il 4 marzo, uno dei nostri lavoratori migliori, che abita poco oltre il confine con l'Uganda non ha potuto tornare a casa.
La frontiera era stata chiusa e la strada bloccata dalla polizia ugandese perché a Moyo, il villaggio dove vive Mattia, era stato teatro di incidenti piuttosto violenti tra l'etnia Madi, ugandese, e l'etnia Kuku, sudanese...
Per fortuna solo scontri leggeri, qualche ferito, ma nulla di più e anche Mattia ha potuto poi trascorrere la domenica a casa.

A Juba invece i problemi sono stati maggiori.
La città, che si sta espandendo a vista d'occhio, dopo l'indipendenza, per l'arrivo di tanti rifugiati dal nord e tanti contadini e pastori che vedono il miraggio della città commerciale e di lavori meno faticosi, è stata divisa a parole tra varie etnie. Così i Dinka, al potere, si sono scontrati con Nuer e altri per degli appezzamenti di terreno.
Alla fine si sono contati ben cinque morti, che sono stati portati davanti alla sede del governo, a maggioranza Dinka, per dimostrare come il trattamento tra questa etnia e le altre, circa sessanta, non sia dei più equi.
Questo è il nuovo stato africano. Queste sono le premesse di una indipendenza conquistata dopo quasi cinquanta anni di guerre e paci con i sudanesi del Nord.
Intanto il governo ha deciso di sospendere l'estrazione del petrolio per non darlo a basso costo al Nord... ma il petrolio è l'unica risorsa attuale del Sud Sudan... come darsi la zappa sui piedi!

In compenso, tra tutte questo marasma di problemi di difficile soluzione, è passato l'8 marzo: le donne hanno fatto festa, le insegnanti non sono andate a scuola, molte sono state a casa... Il bello è stato nei giorni precedenti: la comunità delle donne che ha organizzato la festa è venuta anche dai Comboniani a chiedere soldi per le bibite...
La risposta dei Padri è stata semplice: noi i soldi ve li diamo se ci costruite qualcosa, se iniziate un'attività, non se dovete spenderli per mangiare una capra e bere Coca-Cola... saranno anche maschilisti... ma mi sembra che in situazioni come queste, dove ci sono donne che lavorano solo per mantenere i figli a scuola, forse queste feste si potrebbero anche evitare...

Per sorridere...
Con il container che arriva due volte all'anno dall'Italia, raccolto dalla sorella dei fratel Erich a Bolzano, sono anche arrivate alcune biciclette usate: fratel
Erich me ne ha data subito una in dotazione!
Così, dopo anni, ho ricominciato ad andare in bici... strade di sabbia e polvere, rischio di volare scivolando nelle cunette o sui sassi, polvere da mangiare dal primo metro all'ultimo solo se c'è un po' di vento... figuriamoci quando ti superano i "matata" ugandesi (piccole vetture familiari da otto/dieci posti) carichi di una quindicina di persone più bagagli...
Ma sabato ho fatto lo stesso una decina di chilometri...