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giovedì 19 luglio 2012

Juba, Cairo, Roma...



Gli ultimi giorni in Sud Sudan, trascorsi a Juba, mi sono serviti da "ammortiz­zatore" tra la pace e la serenità di Kajo Keji ed il caos, i rumori, la fretta dei paesi occidentali e "sviluppati". A Juba il traffico è caotico e veloce: tutti hanno fretta, tutti sorpassano, tutti cercano di superare gli altri nelle code in auto, ma anche nelle code agli sportelli degli uffici.
Ma a Juba mancano molte cose: monumenti, chiese artistiche, una qualsiasi forma di arte. In compenso cominciano a nascere le librerie e qualche raro ne­gozio di artigianato locale, e questo è un seme, un altro seme per il futuro.

Riparto da Juba con una sosta di due giorni al Cairo: da quando ho visto la "stele di Rosetta" al British Museum di Londra ed ho studiato la storia dei gran­di archeologi, come Schliemann, scopritore di Troia e di gran parte della Gre­cia, e Champollion, lo scopritore dell'antico Egitto, sogno di visitare il Mu­seo Egizio del Cairo: finalmente ci riesco!

Il Cairo appare subito una città completamente occidentale, almeno per quanto concerne traffico, gente in giro, negozi, bancarelle, luci e rumori, ma anche per la presenza di edifici vecchi e nuovi e nuovissimi. La differenza la fa la gente: i commercianti che avvicinano gli stranieri e dopo averti chiesto la nazionalità, dicono qualche parola nella tua lingua e ti dicono che hanno visitato il tuo pae­se, e lì hanno almeno un cugino o un fratello o una zia... tanto per farti andare al loro negozio (ufficialmente per darti il biglietto da visita e farti vedere le foto dei famigliari all'estero) e rifilarti qualcosa, dal profumo al papiro, dal vestito all'oggetto-ricordo.

Il primo giorno lo spendo completamente al Museo: inenarrabile... non si può spiegare cosa si può provare vedendo quanto avanzati erano e quante cose stupende ci sono: dai gioielli in oro, argento, filigrana, ai papiri che contengono scritti e disegni con colori stupendi e modernissimi, di quasi cinquemila anni fa!
Una delle cose che mi colpisce di più è l'interno dei sarcofagi, tutto completa­mente dipinto e scritto, con i racconti della vita del morto. Per non parlare della maschera di Tutankhamon e dei suoi gioielli...
Mi avevano detto che in due ore il Museo si visita: dopo quattro ore, penso che dovrei tornarci per rivederlo meglio!

Una parola sulla nazione Egitto. Pochissimi giorni prima del mio passaggio, ve­nerdì 29 giugno, il paese era ancora in bilico, politicamente ed istituzionalmen­te: la Corte di Cassazione aveva sciolto il Parlamento, eletto con norme non co­stituzionali, dopo la "primavera", i militari pensavano di riuscire a tornare al potere ed il popolo era di nuovo sceso in piazza minacciando di riprendere a combattere. Domenica 1 luglio viene dichiarato Presidente Morsi, capo dei "Fratelli Musulmani", una volta estremisti islamici, ora moderati: questa elezio­ne è una liberazione definitiva dal potere dei militari. Morsi annuncia subito il desiderio di una rappacificazione politica ed anche religiosa, soprattutto verso cristiani e copti. Questo fa sì che anche chi ha votato per Safiq, l'ex-delfino di Moubarak, non possa non essere d'accordo, e quindi la situazione si stabilizza. Per quanto riguarda il Parlamento ci sono ancora attriti istituzionali, ma si risolveranno con nuove elezioni. Diamo tempo al tempo!

La gente in giro per Il Cairo è tantissima, soprattutto nelle ore serali, quando cala un po' la temperatura e l'aria è più vivibile: famiglie intere in giro per fare shopping, giovani seduti nei bar davanti a succhi di frutta e "coca-cola", perché qui gli alcoolici sono vietati. Si vede nella gente la gioia di una serenità ritrova­ta. E le persone con cui parlo, di diverso orientamento politico, sono tutte con­cordi: "ora la difficile e pesante dittatura di Moubarak è finita! Dobbiamo pen­sare al futu­ro".
Venerdì è il giorno in cui, dopo le cerimonie religiose dei musulmani, in tutti i paesi arabi c'è il rischio di qualche manifestazione, politica o religiosa, pro o contro gli avversari. Questo venerdì invece comincia tardi, dopo le 10, e la città si anima gradualmente. Solo nel pomeriggio, dopo essere andato a visitare una bella moschea del centro ed aver pregato per la pace tra i popoli e le religioni, vado a piazza Tahrir (piazza del­la Liberazione): qui sono radunati gruppetti di persone che tengono qualche piccolo comizio, ma niente di anormale.

Ed è bellissimo vedere la piazza piena di ban­carelle che vendono la bandiera egiziana (come succede da noi quando c'è qualche partita di calcio...) e le t-shirt con l'immagine di Morsi o di Safiq (da noi siamo rimasti al "Che", che è sempre meglio di Silvio o di Bersani o di Casini!): credo che questo sia da con­siderarsi il "termometro" della raggiunta libertà e della nuova maturità politica.



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