Tra
sabato e domenica sono riuscito, con la collaborazione dei padri Comboniani, a
fare alcune “visite guidate” molto particolari ed interessanti.
Sabato
pomeriggio ho chiesto a padre Pedro se volesse fare una passeggiata (so che a
lui fa piacere camminare ed io ne sento la necessità: stare in piedi sei ore al
giorno non mi piace, ma lo faccio, ma camminare è ben altra cosa!).
Risposta
affermativa, “ma non andiamo verso il mercato, andiamo verso fuori..”; risposta
affermativa: “non ho da fare shopping, oggi!”.
Ci
avviamo sulla “strada nazionale” che va, alla lontana, a Rumbek. Chiacchierando
si fa presto… dopo un paio di chilometri, vediamo del fumo: i pastori di un
accampamento di vacche stanno bruciando le sterpaglie dopo il passaggio degli
animali, per far crescere meglio, dicono loro, l’erba per la prossima stagione.
Continuando a chiacchierare fra noi, ma anche con i passanti che salutano e che
sono quasi tutti pastori che stanno andando o tornando dal mercato, arriviamo
al “cattle-camp”: lo spettacolo è surreale…
Le
vacche stanno rientrando, siamo quasi al tramonto, e le donne e i giovani
stanno legando i vitellini; le anziane preparano i fuochi per cuocere la cena,
unico pasto quotidiano, gli altri sono con la mandria.
Parlando
con qualcuno dei “capi” o presunti tali, mi autorizzano, direi che mi invitano,
a tornare per fare qualche foto.
La
terra è cenere mista a sabbia, i bimbi sono seminudi e con il corpo e la faccia
interamente sbiancati dalle cenere… bellissimi e apertissimi a stringere la
mano dei “bianchi” o a toccare le mie braccia, pelose come le loro capre… Le
poche donne sono intente ai lavori domestici. Le “case” sono costituite da
stuoini posti a terra, mentre quattro o sei pali sostengono il tetto che è un
altro stuoino: all’interno, si fa per dire, due letti grandi senza materassi ma
con qualche coperta, su cui tutti i componenti della famiglia dormono, sognano,
fanno l’amore e fanno figli… ce ne vogliono tanti per continuare l’etnia, il
gruppo e tramandare le mandrie… troppi muoiono presto, per la cattiva
alimentazione, per l’AIDS che si tramandano, per gli incidenti che noi
chiameremmo “domestici”, legandoli al concetto di casa (“domus”) tipicamente
nostro.
Ho
qualche foto “di repertorio”, ma andrò a farne altre…
Non
faccio in tempo a metabolizzare le scene del “cattle-camp”… dormo benissimo, ma
nel cuore rivedo le scene e penso agli impossibili paragoni con l’Europa,
l’Italia, l’Occidente opulenti e spreconi… Ripenso alle foto che voglio fare e
che farò…
Domenica
mattina padre Giovanni mi invita ad andare con lui, dopo la messa in inglese, in
un villaggio a circa 15 chilometri: deve dire la messa in un piccolo villaggio
di poche capanne, qualche vacca e uomini e donne lebbrosi, anche loro con un
notevole numero di bambini che potrei definire “ancora sani”
Ora
la lebbra si cura: tutti vanno periodicamente a farsi visitare e curare all’o-spedale
di Yirol, dell’associazione padovana “CUAMM – Medici per l’Africa”, diretto
dalla dottoressa Arianna e gestito anche da altro personale italiano e locale.
Mentre
qualcuno degli uomini e qualche giovane preparano la messa, le donne stanno
cucinando: preparano la “birra” locale, fatta con mais bianco, sorgo e altro,
per noi quasi imbevibile.
In
una capanna una ragazzina e una anziana si stanno vestendo: mettono il vestito
per la messa… colori sgargianti, fazzoletti coloratissimi in testa e bambini in
braccio…
In
tutti si vedono le lacerazioni del corpo, le deformazioni degli arti, ed in
tutti si vede la voglia di vivere, il desiderio di stringere una mano, il
bisogno di una parola… ripenso al bacio al lebbroso di san Francesco…
La
messa, come sempre nei villaggi, ma qui in modo ancor più evidente, è molto
sentita: si prega tutti, si balla tutti, si accompagnano i canti con la danza
del corpo e delle mani. Senza esagerazioni: non è una messa devozionale o
superstiziosa, ma una manifestazione di ringraziamento al Padre Eterno, senza
troppi interrogativi teologici o filosofici, ma con una fede grandissima…
Si
prega soprattutto per la Pace. Mentre fuori dalla chiesa, lungo la strada a
cento metri, passano un paio di cingolati che trasportano truppe e sussistenza.
Sì…
bisogna proprio pregare… gli “uomini” che stanno cercando le soluzioni per una pace seria sono gli stessi che, a casa
loro, producono le armi con cui questi si ammazzano… che interesse possono
avere affinché si raggiunga davvero una Pace durevole?
Chi vivrà vedrà...
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