Una volta si diceva di
alcune città che erano “cosmopolite”, cioè intrise di una
cultura cosmica, globale, universale. Oggi questo termine non è più
in uso e si dice che tutto è “globalizzato”... anche la lingua
peggiora e non si rifà tanto alle radici quanto al linguaggio della
finanza, della borsa, dello “spread” e dei “signori del
mondo”.
Preferirei, anzi
preferisco!, non essere un “signore”, almeno in questo senso, e
valutare una città, una nazione, un popolo con termini meno
finanziari è più culturali.
Quando dovevamo partire
per l'Uganda con Benny, 32enne figlio del mondo finanziario
(lavora al Monte dei Paschi di Siena), avevamo valutato le varie
compagnie aeree che vanno dall'Italia all'Uganda. Egypt Air era
la più economica in assoluto ed anche, a parer mio, la migliore nel
rapporto prezzo-prestazioni, ma Benny mi ha chiesto di poter
utilizzare Turkish Airlines, appena di poco più cara, ma con grosse
limitazioni per il bagaglio. Abbiamo scelto quest'ultima per poter
fare il biglietto “a circuito” con sosta a Istanbul, lui perché
aveva degli amici, io per poter fare il viaggio di andata con lui e
perché Istanbul mancava al mio carnet di città conosciute e che
molti mi avevano consigliato vivamente di visitare. Con la stessa
metodologia avevo visitato due anni fa il Cairo e mi riprometto
di visitare in futuro Addis Ababa, la città dell regina di Saba e
magari anche Dubai, negli Emirati o Doha, in Qatar...
Arrivo ad Istanbul la
domenica mattina ed in albergo dopo mezzogiorno. Dopo una doccia ed
un po' di riposo comincio ad appropriarmi del territorio: a guardare
una piantina e cercare di capire cosa posso fare e cosa devo vedere.
Domenica pomeriggio in
centro: da Taksim, la piazza delle “rivoluzioni” (con analogia
fonetica con Tahrir, la piazza del Cairo), a spasso fino alla torre
di Galata... ma a Genova esiste, in centro, via Galata, e qui
c'è anche il quartiere e la squadra di calcio del Galatasaray!
Ovviamente non è una coincidenza: i genovesi hanno posseduto
questa città e la torre di Galata domina tutta la città dalla parte
del Bosforo, verso l'Asia Minore. Splendido panorama, splendida
città, dalle mille moschee e dai mille minareti... ed anche
delle “mille e una notte”!
Lunedì parto, dopo un
lungo riposo, con una parvenza di bella giornata. La moschea di
“Sultanahmet” (la “moschea blu”) è la prima tappa: una
specie di San Pietro dei musulmani, dove si entra con le scarpe in un
sacchetto di plastica, ed in cui si sente caldo l'Islam, con ori e
decorazioni fantastici. Ed il mondo che la visita, purtroppo non in
religioso silenzio...
Visto che “Aya Sofia”,
proprio di fianco alla grande moschea, ex-chiesa cristiana, poi
moschea ed ora moschea-museo, è chiusa per riposo vado a visitare la
“basilica dell'acqua”. Una basilica pre-romanica sotterranea
diventata pozzo e sorgente per tutta l'acqua che viene distribuita in
città: un monumento enorme per estensione, ma anche per gli effetti
delle colonne sull'acqua, con capitelli dorici, romanici e corinti e
il passaggio per i turisti a pelo d'acqua. Il tutto illuminato
poco ma ottimamente: si riesce a fare le foto senza flash con colori
veramente stupendi.
E' veramente difficile
trasmettere certe sensazioni... ma chi ha visto certe cripte di
basiliche romaniche può capire... A me torna in mente quella
dell'abbazia di Abbadia San Salvatore, sul Monte Amiata... una selva
di colonne (in questo caso piccole!) ed una suggestione che riporta
ai primordi della cristianità, alle catacombe, al “nascondimento
della preghiera”, quasi in contrasto con la “pubblicità”
del “muro del pianto” di Gerusalemme. E Gerusalemme assomiglia in
molte cose ad Istanbul.
Poi passeggiata lungo il
Bosforo, nella parte nuova della città.
Martedì la visita ad
“Aya Sofia”, al “gran Bazar” ed al palazzo del sultano di
“Domahbace”. La ex-cattedrale di Bisanzio è veramente “gemella”
della grande “Moschea Blu”: ori e affreschi per tutti i gusti;
un'imponenza di dimensioni che lascia senza fiato, anche se,
purtroppo o per fortuna, una parte è sotto restauro e quindi
non visibile.
Il mercato ricorda anche
lui il “suk” di Gerusalemme e quello di “Bab-al-Yamani”
nella “vecchia Sana'a” in Yemen... da perderci la testa (e la
borsa!) e il palazzo reale fa tornare alla mente l'Europa
austro-ungarica o italiana o francese delle grandi ville (dalla
reggia di Caserta al “Belvedere” di Vienna al palazzo Reale di
Monza): giardini all'italiana, ricchezza ed ostentazione, oro e
colori meravigliosi: proprio da tornare ai racconti delle “Mille ed
una notte” o al “gran valzer delle debuttanti”.
Alla fine si rimane senza
fiato... come potrebbe succedere a Roma o Firenze o Verona... ma la
caratteristica maggiore è proprio la multiculturalità, la
molteplicità di razze e lingue e colori di pelle che si
incontrano per strada, nei mercati, sui mezzi pubblici (tanti,
puliti, funzionanti!), ma anche poco chiasso, nonostante i
caratteri e le persone estremamente diverse, si ha l'impressione di
una grande calma, di una serenità di fondo e della conoscenza che si
vive in un grande museo all'aperto, in cui non si può urlare, non si
deve disturbare la quiete di tutti. Ed anche nei mercati, pur nella
ricerca di clienti, c'è sempre solo un accenno di offerta, senza
insistenza, lasciando all'ospite la decisione se entrare a
contrattare o solo guardare...
Mi è sembrato di trovare
un grande rispetto per il visitatore, ospite gradito ed accompagnato,
ma solo con lo sguardo, da negozianti, guide, tassisti; quindi una
sintesi di etnie diverse in piena e tranquilla convivenza.
Una bella visita
turistica a compimento di un viaggio assai poco turistico. Ma, come
diceva il titolo di un libro di Bruno Zevi, critico e studioso di
arte, bisogna “saper vedere”...
Ringrazio tutti coloro
che mi hanno seguito, poco o tanto, e che mi hanno dato suggerimenti
di ogni tipo. Non ho messo foto, avete ragione. Ma quando stamperò
la raccolta di queste note, nel libretto ci sarà anche un CD con le
foto: il ricavato sapete bene dove andrà!