Ebbene sì… è già passato un mese dall'arrivo a Kimbondo, il 23
aprile… siamo al 21 aprile (il natale di Roma)… domani si
riparte…
Ieri abbiamo consegnato gli agognati “Certificati”:
un'attestazione di frequenza per il “primo corso di
alfabetizzazione informatica”, ed un “Certificato” con
valutazione per una parte dei partecipanti al corso sul “foglio
elettronico”; gli altri hanno avuto anche loro solo un attestato di
frequenza, visto che non hanno potuto partecipare nemmeno a metà
delle lezioni.
Purtroppo qui devo lamentare una lacuna nella “direzione”
nell'affrontare la formazione del personale: se si fa un corso di
specializzazione per un piccolo numero di persone qualificate e da
qualificare la direzione deve sapere che quelle persone non sono
disponibili in quegli orari dedicati alla formazione stessa…
invece troppe volte qualcuno è stato chiamato durante o prima delle
lezioni a fare altre cose… d'accordo con le “urgenze”, ma
purtroppo queste fanno rimanere il personale al suo “livello
di incompetenza” (come si leggeva all'inizio degli anni '70 su un
famoso libro di Laurence J. Peter e Raymond Hull).
Questo era un primo passo, altri se ne faranno e sicuramente le cose
miglioreranno anche su questi piani di formazione del personale
e sulla sua rivalutazione.
L'ultima giornata congolese è stata dedicata ai “Padri
Comboniani”, come d'uopo per chi come me collabora ormai da anni
con loro…
Un autista viene a prendermi al mattino verso le
9.30 e, attraversando la città di Kinshasa, mi porta in un paio
d'ore alla prima missione di Bibwa, fondata da padre Fernando Zolli,
allora Provinciale del Congo, ora al centro comboniano di Firenze.
Qui padre Elio, mi parla della situazione congolese sotto i vari
aspetti, politico, economico, religioso e dell'istruzione del Paese.
Poi si pranza ottimamente, anche se i padri continuano a
scusarsi per la presunta scarsità di cibo: si mangia in realtà
benissimo, all'africana, senza nessun problema…
La traversata da Kimbondo a qui ha mostrato diversi lati che mi erano
ancora oscuri della città e della povertà economica di
Kinshasa! Si passa da mercati periferici piuttosto ricchi di prodotti
freschi a mercati sporchi, cresciuti e sopravviventi nel degrado
totale, capaci di farmi ricordare gli “slum” di Nairobi, ad altri
mercati pieni di prodotti di tutti i generi ad altri ancora che
forniscono solo qualche tipo di verdure o di alimenti… per poi
arrivare alla traversata dei vialoni semicittadini, con i negozi, i
“supermercati per bianchi” e così via.
Nel pomeriggio visita ad un'altra parrocchia, ex-missione comboniana
e poi qualche ora di riposo alla sede del Padre Provinciale, quel
padre Joseph, tanto gentile, che avevo intervistato per la “Radio
Incontri” qualche giorno dopo il mio arrivo a Kimbondo.
In serata, la cena e la partenza alla volta di Casablanca, tappa di
riposo e relax prima del rientro nel “mondo occidentale”.
Casablanca…
Humphrey Bogart con il suo “Borsalino” ed il fumo del “Rick's
Bar”… le “operazioni” chirurgiche particolari… e tante
altre suggestioni...
In realtà oggi Casablanca è una bella città moderna, piuttosto
pulita e tranquilla, soprattutto se paragonata ad altre città e
capitali arabe, organizzata per i trasporti con un sistema misto
efficiente: un metro-leggero per andare dal centro storico al
mare, i mini-taxi rossi a basso costo, i taxi bianchi che portano
anche all'aeroporto e i bus di linea che traversano la città in
lungo e in largo… Le auto sono moltissime, ma non ci sono
motociclette e motorini ad inquinare acusticamente e con le loro
miscele la città, che, anche con l'aiuto del vento dell'Oceano, gode
di un'aria quasi sempre ben respirabile…
Due giornate e due lunghe camminate…
La prima lungo la spiaggia popolare, lunghissima, dagli stabilimenti
dai nomi americani e dal McDonald's, fino alla stazione di arrivo
della metro-leggera, destinata evidentemente al popolo.
Pranzo in veranda in riva al mare… spiedini e un'insalata enorme…
5 euro…
Per chiudere in bellezza, la camminata nel cuore della città,
partendo dalla ex Cattedrale del Sacro Cuore, ora sconsacrata; la
visita alla grande moschea di Hassan II, terza per grandezza al mondo
con il minareto più alto; il grande “suq” nelle stradine della
vecchia Medina, che mi ha fatto rinascere, ricordandomi molti
posti che avevo già visto altrove…
Il “suq” di Istanbul, quello di Gerusalemme, quello di Sana'a,
sono tutti simili… la gente vive per lavorare e lavora per vivere…
Il passaggio dai mercati africani a questi arabi è veramente forte…
qui si vede una civiltà, per quanto arretrata in confronto ai nostri
centri commerciali, molto più umana ed anche affarista… qui la
gente deve guadagnare e deve vincere una trattativa: qui non si
compra se non si contratta… nessun arabo vende volentieri se non ha
“spuntato il prezzo che vuole” dopo una lunga trattativa…
Nel mercato africano la trattativa tra un bianco ed un nero è una
bomba su un ospedale lanciata da un drone in cui perde la vita solo
chi sta sotto… non si può trattare, anche se si dovrebbe… io non
ci riesco… vorrei magari aggiungere qualcosa… ma anche questo
sarebbe scorretto, perché figurerebbe offensivo della dignità del
lavoratore…
Lezioni di vita del mondo vario, uguale e diseguale, in cui viviamo…
nel mio piccolo con il dispiacere di essere bianco e quindi vincente…
ma con la grande gioia nel cuore di poter sempre avere un margine per
fare qualcosa di più per chi sta peggio di me, cioè quasi tutti…
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