Nel fine settimana, per tre giorni, pranzo da solo: i padri
sono in giro per le messe e per altri impegni esterni: finalmente riesco a
mangiare poco! Ma la domenica sera la cuoca mi prepara le patatine chips...
dopo quasi una settimana di “calma” per stomaco e fegato.
Settimana impegnativa questa: lunedì corsa a Kampala per
acquistare il proiettore per la scuola di Ngetta, un monitor per la parrocchia
di Kasaala, qualche coltello per il refettorio, pane, pasta, sale e Bibbie; da
domani il nuovo corso.
Kampala. Partenza alle 5 per fare 80 km di strada ottima,
che alle 6.30 esplode come la Milano-Bergamo: meglio evitare, si potrebbero
perdere almeno due ore a Gaissa, l'ultimo paese prima di Kampala: fanno il
mercato lungo la strada nazionale... Alle 6.15 siamo dai Comboniani di M'Buya,
dove si va a messa, si fa colazione, si parla, e poi si parte per il giro delle
spese. Padre Giorgio ha organizzato il giro che non si sprecano nemmeno cento
metri di strada, e troviamo, grazie alla mia proverbiale fortuna (in questo
specifico settore!), anche il parcheggio di fronte al negozio indiano che vende
prodotti informatici.
Se tra le 6 e le 6.30 abbiamo evitato gli ingorghi, devo
dire che siamo stati fortunati anche dopo: normalmente, dopo le 10, Kampala è
una città impraticabile, vi regnano caos ed anarchia totali. Strade larghe
occupate per la metà dai “matato”, taxi da 15 posti che si usano al posto degli
autobus urbani che ancora non ci sono, gente che cammina a piedi o con il
carretto sulle corsie stradali, biciclette con caricati di traverso assi di
legno o quant'altro lunghi due metri, in modo che diventano larghi come un bus,
ma ci viaggia una persona sola. A completare il quadro, i boda-boda (mototaxi)
con le solite tre o quattro persone che sfrecciano da tutte le parti rischiando
la vita di tutti (loro) e le carrozzerie delle auto, compresa la tua. Come me,
padre Giorgio è ormai allergico alla città: alle 11 abbiamo già finito il giro;
quello che manca, fotocopie e adattatori elettrici li possiamo trovare a Luweero; partenza immediata. Alle 12.15 siamo
a Luweero. Alle 13 a tavola.
E io che credevo che alla mia età certe cose non si
dovessero più fare... e padre Giorgio ne ha qualcuno più di me!
Pomeriggio di riposo e rifinitura del corso che inizia
domani.
Ma “domani” alle 9 va via la corrente per un'oretta...
cominciamo proprio male! Per fortuna dura poco e si può iniziare con proiettore
e notebook.
Il secondo giorno è peggio.
Iniziamo con cielo nuvolo e una spruzzata di pioggia di primo
mattino: ma come! Alla fine di gennaio qui non deve piovere! Passa subito.
La corrente va via alle 9 e non ritorna più... Cinque ore di
lezione, tra mattina e pomeriggio, spiegando solo a voce, in piedi, senza altro
che una buona memoria e niente audiovisivi... I ragazzi resistono anche a
questo sforzo, forse perché hanno già pagato il 50% del costo del corso. E
pensare che due sere fa, parlando con il giovane padre James, ordinato a maggio
dello scorso anno, avevamo detto che per ora la corrente elettrica (Umeme =
Enel locale) ci aveva graziati... Mai parlare per niente!
Alla fine della lezione pomeridiana padre Giorgio mi dice
che deve andare a portare una giovane donna, sorella della nostra cuoca, in un
ospedale a 20 km. Ha un tumore al seno e sta male. “Ti accompagno”.
Era molto che non tornavo nel “bush” (savana), che non
facevo un po' di strada sterrata, che non respiravo la polvere rossa
sottilissima che si trova da queste parti: ad ogni incrocio con gli altri
veicoli si chiudono I finestrini, che subito si riaprono in attesa
dell'incrocio con il prossimo veicolo. E I bimbi che fanno “bye, bye!” con le
manine al passaggio dell'auto dei bianchi...
Passiamo davanti alla cappella e all'asilo costruiti dagli
amici di padre Fulvio Cristoforetti, morto durante la guerra, una ventina di
anni fa. Ferito dai ribelli mentre andava per le chiese lontane, trasportato a
Kampala, nell'ospedale di Nsambia, gli effettuano una trasfusione di sangue
infetto: muore di AIDS qualche mese dopo. Non si sapeva ancora come curarlo.
Kiwoko. Ospedale di una chiesa protestante irlandese: medici
e infermieri devono essere della loro “chiesa”, ma almeno pare che siano bravi
medici ed il livello della struttura molto buono. L'impressione all'arrivo
corrisponde.
Finito il trasporto della giovane ammalata, attraversiamo la
cittadina, più piccola di Luweero e torniamo a casa per la cena: finalmente,
torna la corrente elettrica!
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