Gli
ultimi giorni in Sud Sudan, trascorsi a Juba, mi sono serviti da
"ammortizzatore" tra la pace e la serenità di Kajo
Keji ed il caos, i rumori, la fretta dei paesi occidentali e
"sviluppati". A Juba il traffico è caotico e veloce: tutti
hanno fretta, tutti sorpassano, tutti cercano di superare gli altri
nelle code in auto, ma anche nelle code agli sportelli degli uffici.
Ma
a Juba mancano molte cose: monumenti, chiese artistiche, una
qualsiasi forma di arte. In compenso cominciano a nascere le librerie
e qualche raro negozio di artigianato locale, e questo è un
seme, un altro seme per il futuro.
Riparto
da Juba con una sosta di due giorni al Cairo: da quando ho visto la
"stele di Rosetta" al British Museum di Londra ed ho
studiato la storia dei grandi archeologi, come Schliemann,
scopritore di Troia e di gran parte della Grecia, e Champollion,
lo scopritore dell'antico Egitto, sogno di visitare il Museo
Egizio del Cairo: finalmente ci riesco!
Il
Cairo appare subito una città completamente occidentale, almeno per
quanto concerne traffico, gente in giro, negozi, bancarelle, luci e
rumori, ma anche per la presenza di edifici vecchi e nuovi e
nuovissimi. La differenza la fa la gente: i commercianti che
avvicinano gli stranieri e dopo averti chiesto la nazionalità,
dicono qualche parola nella tua lingua e ti dicono che hanno visitato
il tuo paese, e lì hanno almeno un cugino o un fratello o una
zia... tanto per farti andare al loro negozio (ufficialmente per
darti il biglietto da visita e farti vedere le foto dei famigliari
all'estero) e rifilarti qualcosa, dal profumo al papiro, dal vestito
all'oggetto-ricordo.
Il
primo giorno lo spendo completamente al Museo: inenarrabile... non si
può spiegare cosa si può provare vedendo quanto avanzati erano e
quante cose stupende ci sono: dai gioielli in oro, argento,
filigrana, ai papiri che contengono scritti e disegni con colori
stupendi e modernissimi, di quasi cinquemila anni fa!
Una
delle cose che mi colpisce di più è l'interno dei sarcofagi, tutto
completamente dipinto e scritto, con i racconti della vita del
morto. Per non parlare della maschera di Tutankhamon e dei suoi
gioielli...
Mi
avevano detto che in due ore il Museo si visita: dopo quattro ore,
penso che dovrei tornarci per rivederlo meglio!
Una
parola sulla nazione Egitto. Pochissimi giorni prima del mio
passaggio, venerdì 29 giugno, il paese era ancora in bilico,
politicamente ed istituzionalmente: la Corte di Cassazione aveva
sciolto il Parlamento, eletto con norme non costituzionali, dopo
la "primavera", i militari pensavano di riuscire a tornare
al potere ed il popolo era di nuovo sceso in piazza minacciando di
riprendere a combattere. Domenica 1 luglio viene dichiarato
Presidente Morsi, capo dei "Fratelli Musulmani", una volta
estremisti islamici, ora moderati: questa elezione è una
liberazione definitiva dal potere dei militari. Morsi annuncia subito
il desiderio di una rappacificazione politica ed anche religiosa,
soprattutto verso cristiani e copti. Questo fa sì che anche chi ha
votato per Safiq, l'ex-delfino di Moubarak, non possa non essere
d'accordo, e quindi la situazione si stabilizza. Per quanto riguarda
il Parlamento ci sono ancora attriti istituzionali, ma si
risolveranno con nuove elezioni. Diamo tempo al tempo!
La
gente in giro per Il Cairo è tantissima, soprattutto nelle ore
serali, quando cala un po' la temperatura e l'aria è più vivibile:
famiglie intere in giro per fare shopping, giovani seduti nei bar
davanti a succhi di frutta e "coca-cola", perché qui gli
alcoolici sono vietati. Si vede nella gente la gioia di una serenità
ritrovata. E le persone con cui parlo, di diverso orientamento
politico, sono tutte concordi: "ora la difficile e pesante
dittatura di Moubarak è finita! Dobbiamo pensare al futuro".
Venerdì
è il giorno in cui, dopo le cerimonie religiose dei musulmani, in
tutti i paesi arabi c'è il rischio di qualche manifestazione,
politica o religiosa, pro o contro gli avversari. Questo venerdì
invece comincia tardi, dopo le 10, e la città si anima gradualmente.
Solo nel pomeriggio, dopo essere andato a visitare una bella moschea
del centro ed aver pregato per la pace tra i popoli e le religioni,
vado a piazza Tahrir (piazza della Liberazione): qui sono
radunati gruppetti di persone che tengono qualche piccolo comizio, ma
niente di anormale.
Ed
è bellissimo vedere la piazza piena di bancarelle che vendono
la bandiera egiziana (come succede da noi quando c'è qualche partita
di calcio...) e le t-shirt con l'immagine di Morsi o di Safiq (da noi
siamo rimasti al "Che", che è sempre meglio di Silvio o di
Bersani o di Casini!): credo che questo sia da considerarsi il
"termometro" della raggiunta libertà e della nuova
maturità politica.