Il primo Natale trascorso in Africa, nel 2010, ero a Mapuordit, in
Sud Sudan, fu indimenticabile: la messa di mezzanotte in una chiesa
ancora da costruire, con due torce a batteria per fare un po’ di
luce alla gente e al vescovo Mazzolari che celebrava, e un
piccolo presepe a fianco dell’altare. Poi la passeggiata verso il
villaggio, con le piccole torce personali.
Altro che luminarie, come le luci esasperanti che mi accolsero a
Fiumicino tre giorni dopo, all’alba del 29 dicembre...
Gulu è però una cittadina commerciale, ugandese e non sud-sudanese,
attivissima, ma sempre senza luminarie, anche perché qui la corrente
manca almeno tre o quattro ore al giorno nei giorni normali… e io
vivo a circa cinque chilometri dalla città, nella realtà di una
periferia vasta e scarsamente abitata, nella campagna (il “bush”
della savana), e qui la corrente elettrica manca ancora più spesso.
Le luci sono rare e le strade rosse non sono illuminate, mai.
La famiglia che mi accoglie è una “grande famiglia”: genitori
poco più anziani di me, sette figli ed un numero imprecisato di
nipoti e nipotini, sparsi in diverse case abbastanza vicine tra loro.
Il padre, nonostante l’età, insegna ancora maternità
all’ospedale, dopo aver collaborato per molti anni con gli ospedali
comboniani e quelli del CUAMM; una figlia continua lo stesso lavoro;
gli altri hanno le loro attività. I figli più lontani sono
rientrati per la festa. Quindi la festa si trascorre tutti insieme,
volontari, ospiti e famiglie, anche se, almeno per i pasti, ci si
divide in almeno tre case diverse!
Per problemi organizzativi si va alla messa delle 7 del giorno di
Natale, tanto quella della vigilia sarebbe alle 18… Quindi ci si
muove mentre “l’aurora di bianco vestita” introduce il sorgere
del sole, ed il primo raggio ci raggiunge all’ingresso in chiesa,
dopo una passegggiata di una mezzoretta…
Alla fine della messa, come si usa qui, soprattutto nelle piccole
comunità, ma questa è una grande parrocchia, vengo chiamato a
presentarmi… assolutamente impreparato e distratto io, il
vicino mi dice che tocca a me… Così brevissima presentazione
(nome, provenienza, motivo della visita) per lasciare il posto agli
altri, che ora sono attentissimi! Quasi ovviamente, all’uscita di
chiesa mi trovo a stringere circa duecento mani che mi vengono a
salutare ed augurare un buon Natale… Il prezzo della “fama”…
(?!?)…
A pranzo siamo poco meno di una decina, il padre mangia con noi,
credo per farmi compagnia, data l’età, e poi qualche mamma con
piccolini al seguito.
Il pranzo di Natale è “quasi speciale”, ma non capisco bene la
differenza, forse proprio nella compagnia… Mi sono fatto notare già
qualche giorno fa preparando una semplicissima insalata mista di
ortaggi, così mi chiedono di replicare: ho comprato in settimana un
litro di “olio extravergine italiano di olive CEE” (una cosa che
in Italia mi sarei vergognato come una scimmia), ma qui non piace a
nessuno, per cui la condiscono con la maionnese industriale…
Poi pollo lesso con un sugo saporito, patate lesse, fagioli, papaya,
cocomero locale e omelette alla marmellata! Nescafè. Ecco un
altro motivo per vergognarmi… sarebbe meglio rinunciare!
A cena viene a farmi compagnia uno dei figli, che abita nella casa a
fianco, e sempre un paio di sorelle con figli: si mangia ciò che
arriva da una delle altre case: pollo arrosto e patatine fritte, per
la gioia di tutti, ma soprattutto dei bimbi, ma con il “ketchup”…
mi offrono anche una “Guinness” scura, esportazione: ne bevo
solo metà, il resto lo tengo per domani; forte e ottima, ma per me è
alcool, dopo tre settimane di astinenza da alcoolici!
Con la birra il discorso diventa molto interessante, almeno per me:
si comincia a parlare di politica, in Italia e Uganda, e si finisce
dopo un paio di ore… Michael è un “fan” del partito di
opposizione: sembra che ci siano molte attinenze tra i nostri paesi,
i nostri politici e la corruzione generalizzata…
Per santo Stefano si replica, più o meno: a pranzo si mangia leggero
e si finisce il pranzo di ieri… ma a cena una nuova bella
sorpresa: “matoke” e “grounades”… per capirci: polenta
di banane “planten”, ma senza le foglie di banano, e crema di
noccioline con qualche piccolo ortaggio: ottimissimo!! Si potesse
replicare in Italia…
Da domani si riprende il lavoro, i contatti con i comboniani di
Layibi, che hanno una delle migliori scuole professionali
dell’Uganda, e i Comboni Samaritans of Gulu”, presso cui avevo
fatto un’aula di informatica nel 2012…