Progetto INFORMAFRICA


Ridurre il "digital divide" portando la nostra CONOSCENZA
in modo ETICO e RESPONSABILE, ma non i nostri "modelli di vita"

venerdì 13 maggio 2016

3 – L'ospedale pediatrico, i volontari e le frane



Dopo due settimane e più di presenza continua, senza uscire oltre mezzo chilometro dalla struttura, possiamo fare un primo bilancio di quanto visto e di quanto si fa.


La struttura della “Pediatria di Kimbondo” non è un semplice reparto di Pediatria, ma un centro di accoglienza per tutti i bimbi, abbandonati, malati e bisognosi di assistenza di qualsiasi genere. Qualunque povero può lasciare qui un bimbo ed essere sicuro di ritrovarlo, magari dopo qualche anno, cresciuto, vestito e forse anche istruito… Padre Hugo, il pediatra “claretiano” che ha fondato il primo “dispensario”, ed ha poi dato vita, insieme a Laura Perna, pneumologa senese, all'ospedale vero e proprio, mi ha raccontato, anche per una intervista per Radio Incontri Cortona (www.radioincontri.org), che ci sono, fra le varie “case” (o “foyer”) e reparti ospedalieri, oltre seicento bambini e ragazzi, maschi e femmine, assistiti da circa duecento dipendenti.

I reparti principali sono pediatria e neonatologia. Ci sono poi le case che accolgono i ragazzi e le ragazze orfani o abbandonati e li seguono verso gli studi o il lavoro, a seconda delle età. I volontari, gratuiti o cooperanti o inviati di Onlus principalmente italiane, come me, sono una decina, ma già fra una settimana, in corrispondenza, si spera, della fine della stagione delle piogge, ne arriveranno altri: per esempio una equipe di dentisti e altri per l'assistenza ai bimbi, o per l'organizzazione, o semplicemente a condividere la vita di tutti i giorni giocando con i bambini o dando da mangiare a quelli che non possono fare da soli per le menomazioni che hanno.


La camera mortuaria, a sinistra, con a destra la toilette già franata

Alla fine della scorsa settimana, in tre notti, le piogge violentissime, le cosiddette “tempeste equatoriali” (che noi chiamiamo ingiustamente ed esagerando molto, “bombe d'acqua”) hanno procurato ingenti danni al tutto… La struttura si sviluppa in molti padiglioni sulla collina: una parte di questa, costituita quasi esclusivamente di sabbia, è franata portandosi via una serie di servizi igienici, la camera mortuaria, e mettendo in grave rischio i laboratori che sono stati evacuati e spostati in altro settore. Da ieri sembra che la pioggia si sia quietata (stamattina ha piovuto solo per dieci minuti e non forte) e i lavori di rinforzo delle canalizzazioni dell'acqua e sostegno ad altre piccole strutture ai limiti della frana sono potuti andare avanti a pieno ritmo: una dozzina di ragazzi locali hanno fatto di tutto, anche in condizioni di sicurezza assai precarie, che in Italia non sarebbero pensabili.
I ritmi della struttura si sono leggermente rallentati, ma non più di tanto: solo la corrente elettrica ha subito lunghe interruzioni e, anche ma non solo per questo, le connessioni internet sono diventate poco più di un sogno: siamo in 
mano a quei pochi volontari che hanno lo smartphone e pagano il canone mensile e ci concedono qualche momento da “router” per lo scarico della posta…
Il numero dei volontari sta aumentando, anche se qualcuno ha finito il “Mandato” e sta ripartendo dopo il suo periodo di lavoro “extrasuperutilissimo”… Sta partendo, dopo tre settimane, Maurizio, simpaticissimo chirurgo romano in pensione, ma un altro Maurizio, cesenate, altrettanto simpatico, è appena arrivato… Al momento ci sono otto italiani, di cui tre friulani, un lombardo, due toscani (compreso il sottoscritto) e due romagnoli; da altri Paesi arrivano: uno spagnolo, una ragazza cilena, una belga, una francese, un tedesco e una americana… ma altri volontari, come detto, stanno arrivando ed altri vengono saltuariamente, magari perché stanno lavorando con altre associazioni a Kinshasa… Manca un po' il coordinamento degli stessi e soprattutto una persona a definire le quotidianità di tutti… dal mangiare all'uso della lavatrice… o magari anche per verificare i servizi per i volontari stessi, da Internet, alle schede telefoniche… 


Il vuoto lasciato la notte seguente dalla camera mortuaria...
Per finire, la cena “da Chico” per salutare Maurizio chirurgo… “Chico” è un giardino con una casa ed una cucina, qualche sedia e qualche tavolo: ci sono una mamma, che cucina, una figlia, giovane, con due figli, che gira fra i tavoli sorridendo ai clienti e chiacchierando con loro ed ragazzo che, camminando lentamente, serve ai tavoli le bevande e incassa. Abbiamo prenotato per le 17 per una cena per una quindicina di persone… Alle 18 chiediamo se si ricordano della prenotazione… allora portano i tavoli e le sedie e fanno il conto finale per una decina di persone. Verso le 19 si mangia, non solo la capra, cotta alla brace e servita con le cipolle (molto buona), ma anche la manioca lessa, un'insalata di verdure varie preparata da Jost perché
lui e Andrea sono vegetariani o vegani, e una “tortilla” spagnola preparata da Ismael, galiziano, simpaticissimo ed attore nato… Se Jost non avesse portato qualche piatto di carta e qualche forchetta… si mangerebbe tutto con le mani… ma c'è un catino d'acqua per lavarsele! Una serata diversa, per salutare un amico che se ne va ma anche le nuove arrivate: Maria Teresa, fiorentina, Celin, belga fiamminga e Evelyn, cilena…

venerdì 6 maggio 2016

2 – Ancora sul Congo



Dopo circa due settimane di permanenza a Kimbondo, gli eventi si succedono come ovunque, anche se qui hanno altro quasi sempre un sapore diverso…

La scorsa settimana è morto, in Costa d'Avorio, Papa Wemba, un cantante con­golese che, a giudicare dai servizi giornalistici, doveva essere veramente im­portante… Tra lunedì e mercoledì si sono svolti i suoi funerali: Kinshasa è rima­sta paralizzata per tre giorni e i funerali si sono svolti con il cerimoniale di Sta­to… Non mi stupisco più di tanto: un paese alla vigilia delle elezioni, con il pre­sidente, figlio del presidente precedente, che riforma la Costituzione per poter essere rieletto ancora una volta, o forse più; un paese in cui si stanno riaccen­dendo focolai di guerra sopiti; un paese in mano ai capitali occidentali e cinesi e alle loro armi (quelle fornite dagli ex-colonizzatori, che hanno portato via i soldati e lasciato ed aumentato le armi e i finanziamenti ai governanti)…
Un paese in queste condizioni, con un'economia a rischio quotidiano di collas­so, non può permettersi governi ed elezioni democratiche. Pensiamoci bene.

La vita nell'ospedale pediatrico va avanti, quasi sempre, tra mille difficoltà e problemi, oppure si ferma: domenica pomeriggio è morta una bimba di undici anni, ammalata dalla nascita, con disturbi psichici e fisici… ma era una bambi­na, aveva undici anni… Lunedì mattina, alla messa delle 7, si è celebrata la ce­rimonia funebre… I bambini del suo reparto sono venuti ed hanno benedetto, come si usa qui, la piccola bara bianca: solo un saluto semplice, senza sceno­grafie, senza canti e danze come succede fuori di qui… quattro ragazzi hanno portato poi la piccola bara bianca al cimitero dell'ospedale. Una serietà, una se­renità ed una compostezza veramente esemplari da parte di tutti… si sa, forse sarà l'abitudine…

No, qui si lavora giorno e notte per salvare i bambini da ogni malattia o sopru­so o situazione negativa che, nella maggior parte dei casi, se non è provocata dalle armi, è frutto di altri tipi di vessazioni: la mancata fornitura di medicinali utili alle varie patologie, magari solo perché troppo cari, tanto cari che servono a guarire solo i ricchi occidentali… le industrie chimico-farmaceutiche non han­no a che fare con persone o con cuori… solo con banche, banchieri e capitali e capitalisti… No, queste aziende non possono spendere i soldi per la ricerca e poi anche mandare i medicinali gratis ai poveri… No, le fabbriche di armi non possono essere convertite in altro genere di industrie… dobbiamo sempre gua­dagnare, sempre di più… Quando non uccidiamo, lasciamo morire…

Gli amici che leggeranno queste note mi capiscono, sanno come la penso, an­che se non condividono le stesse idee… speriamo che non si stanchino di me e dei miei sfoghi! Mi mancherebbero...

I corsi di informatica vanno bene: il personale che è stato mandato a parteci­pare al corso di base è veramente interessatissimo… peccato che a fine corso ci saranno otto persone che sapranno usare il pc che in ufficio non hanno e che, se non si provvede, arriverà anche fra un anno…
I partecipanti al corso sull'uso del foglio elettronico il pc lo hanno: sei pc per sei partecipanti, sei tastiere diverse (italiane. francesi, americane), quattro si­stemi operativi e due pacchetti di “office”: abbiamo montato a tutti LibreOffice, pacchetto “open”, in francese, ma con qualche comando in italiano o inglese, a seconda dell'installazione del sistema operativo…
Questo corso sembra particolarmente positivo: le persone conoscono già bene il foglio di calcolo, anche se “repetita iuvant” e molte cose le facevano senza saperlo… Una riscoperta di capacità note, ma sopite…

Domenica ho fatto visita alle “case” in cui vivono gli orfani e i “recuperati”: una per i piccoli fino a 14 anni, una per le ragazze e una per i maschi di età supe­riore, che studiano o sono in attesa di lavoro. Spazi enormi, case belle, came­rate un po' piccole per il numero di presenti… e l'assistenza delle suore che è sempre fondamentale.

Lunedì è venuto a trovarci il Provinciale dei Comboniani del Congo, p. Joseph Mumbere e ci ha portati a vedere la casa delle suore comboniane qui vicino. Il giorno dopo è tornato per concedermi una intervista per Radio Incontri, quella con cui collaboro da qualche anno (www.radioincontri.org), sulla situazione del Congo: quanto ho scritto all'inizio del capitolo ne è una sintesi efficace.


Domenica alla Messa