Sono in Uganda per seguire i miei
progetti, anche se ormai si possono definire progetti della “Fondazione Bridget
Evalyn” quelli per le scuole, i bambini, l’assistenza allo studio, e per quelli
fatti per “Informatici Senza Frontiere” con il mio “Progetto Informafrica”.
Nicole, di ISF, vuole tornare in Uganda
per ritrovare la sua assistita Jemma e la scuola di Kalongo dove abbiamo
lavorato insieme lo scorso anno. Prima della partenza il Presidente di ISF mi
chiede di “accompagnare” la figlia diciannovenne di suoi amici che vuole
“conoscere l’Africa”. Accetto l’invito e l’impegno direi solo perché ci sarà
anche Nicole. Da solo non posso
permettermi di fare da tutore di una ragazzina per tre settimane in Africa; età
e un poco di saggezza me lo sconsiglierebbero drasticamente. Alla fine con
Nicole decidiamo che venga a fare il lungo viaggio tra i progetti anche Jemma,
tanto per farle passare una “vacanza scolastica” diversa e perché lei conosce
ancora poco del suo Paese, anche se parla diverse lingue locali e un ottimo
inglese, per cui può aiutarci in qualsiasi situazione. Solo con la collega e le
due “ragazzine”… Bella responsabilità! Spero proprio che vada tutto bene…
Prima di partire da Kampala per la prima
tappa, riunione per spiegare il programma, i posti che vedremo e le varie
difficoltà, soprattutto nei trasporti, che potremo incontrare, anche se è tutto
programmato da almeno un mese. Impegno per le ragazze di fare una “cronaca” del
viaggio per la pagina ufficiale “Facebook” di ISF. Ottimo. Dopo la prima
settimana si fa insieme un breve post con foto. Fine delle “cronache”: dopo
ogni viaggio, le ragazze sono sempre più stanche! Quando si dice che i/le
giovani di oggi... “non hanno il fisico dei quasi ottuagenari!”
La prima tappa ci vede andare con un
piccolo bus (“coaster”) direttamente a Bukunda, dove ho cominciato, tre anni
orsono, ad occuparmi delle scuole primarie e materne, dopo anni di indigestione
informatica. Le ragazze trovano posto nell’ultima fila, non certo confortevole,
visti i sobbalzi per i “rallentatori” che qui sono infiniti e quasi
invalicabili, io in un posto al centro, senza schienale, peggio del loro… ma
loro sono “signore” e come ripeteva la mia mamma “hanno sempre la precedenza”:
femminista di altri tempi!
Dopo circa un’ora e mezzo si attraversa
l’Equatore… Nessuna paura, qui non ci sono i “terrapiattisti” e nessuno cade
nel vuoto o sul versante di sotto del pianeta, quindi non occorrono le scie
chimiche per trattenere chi cade, né si rimane appesi per i piedi al soffitto
del “lato B”.
Dopo due ore e mezzo, per 150 chilometri
quasi un record di velocità, arriviamo al “centro” di Bukunda, che si sviluppa
lungo 2/300 metri della strada che da Masaka porta al confine tanzaniano di
Mutukula. Qui si affollano immediatamente una decina di “boda-boda” che
vogliono accaparrarsi la clientela “mzungu”. Niente da fare, se non per uno, a
cui affidiamo tutti i bagagli. Noi andiamo a piedi per fare un po’ di
stretching e sgranchirci le gambe dopo il lungo tempo che hanno passato piegate
nel poco spazio a disposizione della gentile clientela.
Come sempre, Margret e Mathias ci offrono
la loro stragentile ospitalità, un buon thè, qualche banana locale e poi si
riparte, a piedi, per andare a visitare la scuola primaria, funzionante un po’
a rilento per qualche mancanza di fondi, ma pronta ad essere completamente
efficiente con qualche piccolo aiuto della Fondazione.
La grande novità è la bellissima scuola
materna, costruita a tempo di record da un giovane americano con i soldi
dell’eredità della nonna… Si parla di finirla in pochi mesi di tutto punto… Sì,
ma questi “so’ ‘mmerikani”, mica per niente! Data la mia assoluta mancanza di
spirito critico verso questo popolo di trumpini, vedo subito la lapide affissa
ad una parete molto prima della fine dei lavori e penso che probabilmente hanno
messo prima la lapide e poi le hanno costruito la scuola intorno… un po’ come
le “charms”: il buco con la caramella intorno!
Rimaniamo a Bukunda, grazie ancora
all’ospitalità di Margret e Mathias, che ci offrono mangiare e dormire per due
giorni, in modo da fare due viaggi corti ed avere un posto in campagna che è
quasi all’equatore, ma sembra il centro del paradiso!
Si mangia benissimo, si dorme meglio! Gli
spaghetti di Margret, a parte l’essere tagliati in pezzetti lunghi sotto i
cinque centimetri, sono cotti alla perfezione e conditi con un bel sugo di
pomodoro ed altre verdure della loro campagna.
L’indomani si deve andare a Mbarara e
Ruti. Sveglia presto, cosa che non si confà tanto alle abitudini di Jackie, che
ci accompagna come responsabile del progetto da me impostato alla fine dello
scorso anno e che ha dato vita alla Fondazione, come la morte di Bridget, la
bimba di sette anni persa dalla stessa Jackie, per una malattia rara.
Questa volta siamo abbastanza fortunati:
troviamo un taxi che ci porta a Masaka e, di qui, un bus che arriva a Mbarara,
anzi, mi corregge un passeggero: “Se dovete andare a Ruti, questo bus procede
dopo Mbarara Town e vi lascia dove vi serve!”. Una “una tantum” in positivo, ci
capiterà solo questa volta!
Incontri informali a Ruti con i direttori
delle scuole.
Incontro molto emotivo, invece, quello con
Sandra ed i “suoi bimbi”. Si parla con Sandra del suo futuro, di quello dei
bimbi e le proposte che abbiamo preparato per aiutarla con i bambini e per la
sua vita. Problema fondamentale è la casa,
che non è a norma nemmeno con le leggi ugandesi, sia di sicurezza
generale, sia di accoglienza specifica. Le offriamo di tornare a studiare a
spese della Fondazione, per farne una “manager” di casa-famiglia, o di iniziare
una nuova attività commerciale con cui aiutare i bambini economicamente. Sandra
è troppo affezionata al tipo di vita che sta facendo e rifiuta entrambe le
soluzioni, che prevedono comunque, l’affidamento dei bambini alle scuole, sotto
la responsabilità dei parenti in vita.
A questo punto lasciamo una valigia di
vestitini per i bimbi e lasciamo Sandra, con mille rimpianti per una mancata collaborazione, tra
rabbia e lacrime.
Risultato finale, 8 dei bimbi di Sandra
sono giù sistemati nelle scuole a tempo pieno, gli altri dodici li gestirà lei,
con l’aiuto di altri amici e con un progetto diverso.
Noi si riparte, non certo a cuor leggero,
ma con l’idea di aver fatto il possibile e forse qualche passo in più per darle
una mano…
Rientro a Bukunda, cena, notte e
colazione, e poi saluti e impegni per finire ciò di cui ancora c’è bisogno. Si
parte per Rushere: la festa dell’Assunta, la scuola per le ragazze in montagna
e l’ultima tappa della settimana, a Kabosa, altro villaggio sperduto nelle alte
e verdi colline a nord di Masaka, praticamente sull’Equatore.
Della Festa dell’Assunta c’è solo da
ricordare che qui non c’entra nulla “ferragosto”, nel senso delle “ferie di
Augusto”, ma è “solo” la grande Festa della Madonna. La Messa, con annessi e
connessi, dura oltre tre ore… perché per la gente è una grande occasione di
incontro e festeggiamenti e canti.
Di Rushere e della scuola delle ragazze,
situata in montagna, per salvaguardarle dai tentativi di molti genitori di
farle sposare anzitempo per ragioni economiche, ne ho parlato diverse volte.
Questa volta abbiamo allargato l’orizzonte della visita ad una piccola scuola
primaria, affiancata alla secondaria, ed in cui ci hanno chiesto almeno i
libri: mancano anche i banchi e le sedie... Costo totale intorno ai 4/500 euro…
C’è qualcuno che ce li offrirebbe? Grazie!
Ultimo incontro della settimana a Kabosa,
a circa trenta chilometri da Masaka, anche qui quasi in montagna, in una zona
verdissima quanto quasi disabitata.
Sharon, la ex “head teacher” di Bukunda,
con la donazione che il padre vuole fare alla comunità di un vasto terreno, ha
pensato di fare una scuola per l’intera area che ne è completamente scoperta!
L’incontro con gli “anziani” del villaggio
ci fa capire in pochi minuti il “gap” culturale che ci divide da queste
persone: qui le cose si mettono a posto in una camera 3x4, ospiti e maschi
seduti nelle sedie e poltrone, le donne sedute o ginocchioni sugli stuoini, il
“capo” del villaggio ed io, ospite e anziano, siamo sulla poltrona singola…
Dopo pochi minuti di resoconto di altri
incontri passati, capiamo che si può fare un passo avanti solo andando a vedere
il terreno. Andiamo. Le idee non sono molto chiare almeno al momento, ma
bisogna mettere nero su bianco alcune cose… confini, uso e proprietà, per
esempio…
Tutto rimandato ad un prossimo incontro,
quando sapremo anche chi sarà il proprietario del tutto, in modo da non
interferire con le leggi nazionali che hanno superato molti anni di differenza
dai paesi occidentali.
La sera si arriva a Kampala stanchi
distrutti, ma contenti di una settimana passata a pensare a quegli “altri” che,
detto bonariamente, non conosciamo e, almeno nel nostro amato Paese, cerchiamo
anche di respingere perché troppo diversi da noi!
R I C O R D
A T E !!!
Il 20
settembre, uscirà nelle librerie “La Grotta della Pace”, un romanzo
per ragazzi (9-16 anni) a firma di
Roberto Morgese e mia, ambientato durante la guerra civile in Sud Sudan,
conclusasi almeno nominalmente, un paio di mesi fa. Editore “Ediz. Messaggero
Padova”.
IL RICAVATO SARA’ COMPLETAMENTE DEVOLUTO ALLA
“FONDAZIONE BRIDGET EVALYN”
Attraverso i soliti canali
IBAN:
Paolo MERLO IT47N 06175 14110 000009
206470
BOZEN SOLIDALE IT77N 08081 11610 000306 006043