Carissimi Amici,
torno a tutti voi, vecchi e nuovi, e comunque sempre di più, con le
mie nuove “cronache africane”: le “note di viaggio” con cui
mi e vi tengo, forse, compagnia, raccontando le mie brevi e
lunghe esperienze di viaggio in questo che qualcuno chiama, molto a
ragion veduta, il “continente VERO”.
Effettivamente ho pensato più volte a questa definizione data dai
“Padri Bianchi”, nella loro rivista “Africa” (molto
bella, come “Nigrizia” dei Padri Comboniani, e “Missione
Oggi” dei Padri Saveriani).
Soprattutto guardando l’Africa al sud della fascia sahariana, fino
al tropico del Sud, questo è proprio un “continente” speciale:
le sue caratteristiche, naturali, geografiche, umane sono molto
simili ovunque ed un paesaggio è quasi sempre confondibile con gli
altri simili di posti anche molto diversi. Ciò che accomuna sempre i
popoli africani, pur nelle loro specificità, nelle loro fisionomie
anche molto diverse tra loro, nelle loro lingue che però si
assomigliano dovunque, è quella che si potrebbe, per semplicità,
chiamare l’”africanità”.
Non si può spiegare. Bisogna esserci, viverci, stare nei villaggi,
partecipare alla vita ed alla morte, andare al mercato e intorno alle
scuole, oppure avere a che fare con gli uffici statali… In ognuno
di questi posti in cui si sviluppa la vita quotidiana, si trova
sempre e comunque l’”africanità”.
I primi giorni di questo nuovo periodo africano sono stati quasi
improvvisati… All’arrivo a Kampala ho avuto giusto il tempo di
riposare un giorno ed una notte dopo il lungo viaggio da Roma, via
Cairo.
Sabato ho deciso di approfittare di qualche giorno di preparazione
per fare una “gita” al nord, al confine con il Sud Sudan, dove
avrei potuto incontrare un paio di fratelli comboniani con cui avevo
lavorato anni fa, proprio in Sud Sudan, al di là del confine.
Moyo è la capitale del distretto del nord Uganda, in cui vivono gli
ugandesi di etnia Madi e rimane ad ovest del Nilo. Il suo confine a
nord è con il Sud Sudan (Kajo Keji) e ad ovest con il distretto di
Arua. Ad est del Nilo si trova la zona di Gulu, abitata dagli Acholi
che arriva a nord fino al Sud Sudan.
Come scriverò in un articolo fra qualche giorno, tutta questa terra,
che già risente di una vegetazione subsahariana, è terra di
“salvezza” per i civili del Sud Sudan in fuga dalla guerra civile
che dura ormai da quasi cinque anni.
Nella provincia di Moyo si trovano “campi” per oltre duecentomila
sfollati, attrezzati dall’ONU (con l’UNHCR e l’Unicef). In
tutta l’area a nord di Gulu e fino ai confini del Sud Sudan questi
sfollati salgono ad oltre 1.200.000…
Tanto per dare un’idea numerica, gli abitanti di questa zona sono
meno di 10 milioni: come se ci fossero 1.200.000 profughi nelle
provincie della Lombardia del nord… Non riesco ad immaginare le
idiozie che riuscirebbero ad uscire dalla bocca del neocandidato alla
presidenza della lombardia… (quella minuscola, leghista,
ignorante e razzista)…
Bene, per fortuna di tutti, qui le teste, nonostante il caldo,
funzionano molto meglio e l’accoglienza è salvaguardata ma anche
accettata come rispetto per i fratelli che soffrono la guerra. Come
successe negli anni ‘80 e ‘90 qui…
Africanità è anche questo saper essere “vicini” di tutti. Ma è
anche ritrovarsi ad un funerale di una persona cara ad un amico, in
un villaggio sperso nella campagna, con quasi cinquecento
persone che partecipano, e sentirsi chiamare per nome… “Paul! Non
ti ricordi di me? Ero uno dei professori della scuola di Kajo Keji,
quando ci hai tenuto il corso di informatica!”…
Troppo difficile commentare senza retorica, cinque anni dopo…
Africanità è anche un altro episodio, decisamente “strano”, se
non si sono letti i libri di Tiziano Terzani e Riszard Kapuscinsky.
Notte, nemmeno tardi, ma già addormentato sul bus notturno che parte
alle 22 da Kampala e arriva a Moyo alle 8 del mattino dopo. Ad un
certo momento mi sveglio con un occhio e vedo alcune luci… Siamo a
Luweero-Kasaala, dove sono stato per diversi mesi ed ho preparato due
scuole… “Sento” aria di casa… Normale…
Dopo forse un paio di ore, una nuova sveglia interiore, forte,
incredibile: apro un occhio… sto per passare il Nilo, sul ponte di
Karuma, dove ci sono le rapide… dove ci sono le famiglie di
scimpanzé lungo la strada… dove il Nilo, culla del nostro
esistere di Uomini, razza umana, “human beeing”, ti ricorda,
anche svegliandoti all’improvviso, che qui è la nostra, la
mia, la vostra culla, l’origine della vita di “homo
erectus”… Forse le stesse sensazioni, ma in forma assai diversa,
si provano alle sorgenti del Nilo, a Jinjia, sul lago Vittoria…
Questo risveglio mi ha fatto pensare a lungo, nel dormiveglia, al
lungo percorso di questo fiume, alle sorgenti, appunto, al museo
Egizio, alla maschera di Ramsete, al ponte di Karuma ed al
“ferry-boat” che avrei preso poco più tardi, a Laropi, per
tornare ad ovest del suo corso…
Brividi veri, come quelli che mi sono venuti quando, prima ancora
dell’aurora, fermi ad attendere il battello per l’attraversamento
del Nilo, ho visto in un cielo a 360° miliardi di stelle
luminosissime, dall’Orsa Maggiore, quasi all’orizzonte a nord, ad
Orione, nel bel mezzo della Via Lattea, alle stelle del Sud, quelle
che noi non vediamo quasi mai… e circa un’ora dopo sorgere, prima
del sole, un filo di luna…
Buona giornata! Arriva il primo battello (che è poi l’unico che fa
avanti e indietro come “Caron dimonio dagli occhi di bragia”…)
ma qui il Nilo è stanco e quasi fermo ed al di là non c’è
l’Inferno, ma una terra pacifica, brulla, arida, ma tanto tanto
cordiale ed umana…